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Delitto di vertova

Ndiogou in tribunale, il fratello: per noi ?? innocente

Al?? Ndiogou ha partecipato all'udienza per la causa di lavoro che ha intentato contro il suo ex datore Giuseppe Bernini, marito di Maria Grazia Pezzoli, uccisa il 24 luglio. Lui stesso ?? accusato di essere l'esecutore del delitto e il movente starebbe proprio nei rapporti di lavoro burrascosi. Il fratello Mass?? l'ha atteso fuori dall'aula: "E' innocente, il suo nome ?? saltato fuori troppo tardi, ci sono troppi dubbi".

Alì Ndiogou ha voluto partecipare all’udienza per la causa che lui stesso ha intentato contro il suo ex datore di lavoro Giuseppe Bernini, marito di Maria Grazia Pezzoli, uccisa a Vertova il 24 luglio. Un omicidio del quale lui, Alì Ndiogou, è accusato di essere l’esecutore, sulla base di tracce di dna raccolte dai carabinieri di Bergamo e analizzate dal Ris di Parma.
Il movente di quel delitto potrebbe essere secondo gli inquirenti il rapporto di lavoro burrascoso, durato fino a marzo del 2006, tra Ndiogou e Bernini, e di riflesso sua moglie Maria Grazia Pezzoli, che era contabile dell’azienda. Per circa un’ora il senegalese 40enne domiciliato a Gandino, arrestato per l’omicidio il 29 agosto, è stato nell’aula del tribunale di via Borfuro di fronte al giudice Monica Bertoncini. Ndiogou ha portato in udienza due testimoni della sua situazione lavorativa e ha ribadito che lui era dipendente dell’Orobica Coperture di Bernini. La difesa dell’imprenditore, invece, sostiene che il senegalese era dipendente dell’Orobica Lattoneria, un’azienda fallita nei primi mesi del 2006. (Nelle foto l’uscita dal tribunale di Ndiogou, celato sul retro del furgone della polizia penitenziaria)
Quello di oggi non è stato comunque un passaggio decisivo della causa. Fuori dall’aula c’era anche Massè Ndiogou, 49 anni, fratello di Alì, operaio in un’azienda tessile di Casnigo. Ha affermato: “Noi senegalesi non facciamo certe cose, nessuno di noi ha il diritto di impossessarsi della vita degli altri. Non posso credere che mio fratello abbia ucciso. Mi ricordo che nei giorni seguenti l’omicidio continuava a venire a casa mia, come aveva sempre fatto. Non ha cambiato le sue abitudini. Vedevamo il giornale insieme, guardavamo la televisione che parlava dell’omicidio, lui diceva la sua tranquillamente, non era per niente nervoso”. Il ha continuato a sollevare dubbi: “Tutti i senegalesi della zona di Vertova sapevano che Alì aveva avuto problemi sul lavoro con Bernini. Lo stesso Bernini poteva fare il nome di mio fratello ai carabinieri fin dal giorno dell’omicidio, e non l’ha mai fatto. Ci chiediamo ancora perché, il nome di Alì è venuto fuori troppo tardi e poi nessuno considera che i suoi problemi sul lavoro, lui, ha voluto risolverli in tribunale. Mio fratello è innocente”.

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