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Omicidio di vertova

L’operaio senegalese incastrato da tracce di sangue e sudore

Sangue e sudore, sulla scena del delitto e su un pezzo di pantaloni abbandonato. Ma anche diverse impronte digitali: ecco cosa ha incastrato in modo oggettivo Al?? Ndiogou, il senegalese di 40 anni sottoposto a fermo e finito in carcere in via Gleno, accusato di essere l???omicida di Maria Grazia Pezzoli.

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Sangue e sudore, sulla scena del delitto e su un pezzo di pantaloni abbandonati in un giardinetto ad Albino, vicino alla stazione. Ma anche diverse impronte digitali: ecco cosa ha incastrato “in modo oggettivo” (come ha dichiarato oggi il procuratore aggiunto di Bergamo  Tommaso Buonanno) Alì Ndiogou (nella foto), il senegalese di 40 anni sottoposto a fermo e finito in carcere in via Gleno, accusato di essere l’omicida di Maria Grazia Pezzoli.
Il sostituto procuratore Carmen Pugliese contesterà l’omicidio pluriaggravato: l’imprenditrice, titolare con il marito Giuseppe Bernini della ValCop sas (società di rivestimenti metallici) e in passato di altre aziende, era stata uccisa con 30 coltellate il 24 luglio scorso. Il cadavere era stato ritrovato dal marito stesso attorno alle 15,30 nel retro dello studio dell’azienda, attiguo all’ingresso dell’abitazione.
Ieri sera, 29 agosto, a 36 giorni dal delitto, i carabinieri e il sostituto procuratore hanno fatto scattare le manette a carico di Ndiogou: la convalida del fermo non arriverà prima di lunedì. Il senegalese vive in Italia da 10 anni. Fino al 2004 aveva lavorato per Bernini e proprio quell’anno, durante una giornata in cantiere, si era infortunato. Da lì dissidi non indifferenti con i due titolari, che non avevano riconosciuto la malattia al lavoratore, e la conseguente vertenza sindacale aperta dallo stesso Ndiogou, che avrebbe portato in tribunale le parti ad ottobre.
L’assassino è lui, secondo il pm e i carabinieri: “I profili di dna che ci hanno portato a questa persona hanno rilevanza obiettiva incontestabile”, ha dichiarato Bonanno. Non è ancora chiaro quanto Bernini e la moglie dovessero indennizzare alla persona fermata. Gli inquirenti sono “scientificamente” certi, però, che tra le 13,30 e le 14 del 24 luglio Alì Ndiogou sia stato nella casa e nello studio aziendale (nella foto a fianco tracce di sangue repertate fuori dallo studio) di via Cinque Martiri 65, a Vertova, dove ha perso sangue. Sangue trovato fuori dallo studio, su alcuni scatoloni all’interno, sulla scala a chiocciola che porta al primo piano della casa.
Due giorni dopo l’omicidio, il 26 luglio, e il particolare è emerso solo oggi, i carabinieri hanno anche ritrovato in un giardino pubblico di Albino (luogo di ritrovo di molti immigrati) alcuni reperti fondamentali: una foto tessera di Giuseppe Bernini tagliuzzata, con sopra impronte digitali, e un pezzo di pantaloni jeans tagliato con una forbice, intriso di sangue. I Ris, inoltre, sono riusciti ad estrarre da quel lembo di pantaloni, anche accumuli di sudore utili a ricostruire una mappa genetica: il sudore corrispondeva al sangue non appartenente alla vittima ritrovato in via Cinque Martiri. Mentre il sangue sui pantaloni corrispondeva proprio alla vittima. E un ulteriore incrocio è stato possibile grazie alle impronte digitali che i carabinieri avevano preso a Ndiogou al momento dell’interrogatorio e grazie al tampone di saliva dello stesso, in linea con il sangue sulla scena del crimine e al sudore sui pantaloni. Un doppio incrocio che risulterebbe schiacciante.
Sembra la soluzione del caso: ci si è arrivati grazie ai reperti mai trascurati dai carabinieri del reparto operativo provinciale, in particolare del nucleo investigativo, guidati dal capitano Giovanni Mura, della sezione Scientifica dei carabinieri di Bergamo e dei Ris, che hanno approfondito e studiato ogni possibile traccia. Ma l’interrogatorio ad Alì Ndiogou, o meglio il prelievo del tampone di saliva in concomitanza dell’interrogatorio, è stato anch’esso determinante. “Si sono unite indagini tradizionali fatte di interrogatori e ricostruzioni di vicende nelle quali la vittima era stata coinvolta, ad indagini scientifiche, con il massimo coordinamento tra i Ris e i carabinieri che operano sul territorio”, ha dichiarato il pm Pugliese.

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