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Sindacato

Piccinini (Cisl): non c’è comparto che si salvi

A ottobre sarà nominato segretario della Confederazione: "Il nostro problema è la bassa qualificazione. Per questo la Provincia ha sbagliato a esternalizzare i dipendenti del Centro di formazione professionale"

Molte aziende stanno chiudendo i battenti per le vacanze estive e per la manutenzione dei macchinari. Molte invece non si fermano proprio e proseguono a produrre, vuoi per soddisfare il mercato estero che ad agosto non va in ferie, vuoi per ottimizzare l’utilizzo degli impianti. Per tutte un’incognita sul rientro: che autunno le attende? Le prospettive non sono delle migliori. Sull’estate orobica sta calando la scure della messa in liquidazione: è di queste settimane la notizia che coinvolge da una parte la storica Legler e la Fillattice di Capriate. Si annunciano tempi di superlavoro solo per i sindacalisti che saranno impegnati a cercare modi per tutelare i lavoratori a rischio. Tra questi Ferdinando Piccinini della Cisl che sostituirà, dopo il Consiglio generale convocato per i primi d’ottobre, Gigi Petteni il quale il 16 settembre salirà alla guida della Confederazione regionale. Piccinini è espressione unitaria della segreteria orobica e dell’esecutivo Cisl.
E’ esagerato parlare di crisi, di dura crisi della produzione bergamasca?
No, non è esagerato. Ci stiamo rendendo conto giorno dopo giorno delle tante difficoltà che stanno emergendo nei vari comparti. C’è una richiesta sempre più elevata di ammortizzatori sociali, di cassa integrazione straordinaria. E vediamo che perfino da parte anche delle imprese che funzionano giungono segnali negativi, per esempio il blocco degli straordinari.
C’è qualche settore che vi preoccupa di più?
Potrei dire il meccanico e il meccanotessile, ma collegato a questi c’è tanto di quel’indotto che andrà incontro a prospettive difficilissime. Difficilissime anche per il tessile-abbigliamento, per aziende che avevano da poco superato periodi bui, per esempio il gruppo Zambaiti o la stessa Albini che pure rappresenta la punta più avanzata dell’innovazione tecnologica di settore.
Il resto va?
A dirla tutta ci aspettiamo un autunno complicato per tutto il manifatturiero. Prendiamo il settore delle costruzioni. Anche qui registriamo un rallentamento. Che pure era prevedibile dopo dieci anni di crescita, ma che proprio adesso non ci voleva. Poi in Bergamasca qualche punto di forza per fortuna permane.
L’analisi è pessimistica. Come si affronta una situazione di questo tipo?
E’ chiaro che bisogna fare un salto di qualità, consentendo, accompagnando, spingendo il passaggio da un lavoro non più richiesto a un altro con maggiori opportunità.
Ma poco fa non diceva che la crisi è generalizzata?
Ricordiamoci che le opportunità di occupazione in Bergamasca restano alte. Il tasso di disoccupazione è del 3,1 per cento: per quanto destinato a incrementare, di chance lavorative ce n’è. I servizi stanno crescendo e cresce anche l’occupazione in questo ambito.
Quindi la sua parola d’ordine è riqualificazione. Come si fa?
Beh, non bastano le imprese e non basta il sindacato. Questa è un’operazione complessa che coinvolge il territorio intero, con le istituzioni chiamate a supportare il momento. Per esempio la Provincia (che pure recentemente si è mossa in questa direzione) ha perso l’occasione di fare un progetto complessivo che costruisse i profili di nuovi lavoratori, quelli richiesti dal mercato e che li formasse in modo adeguato.
Che colpe imputa alla Provincia?
Di aver dimostrato una scarsa progettualità esternalizzando i dipendenti del Centro di formazione professionale. Al contrario uno stretto rapporto tra la formazione e i centri per l’impiego sarebbe parte di un disegno strategico molto utile visto anche che uno dei grossi problemi de Bergamo è la bassa professionalità. Ricordo che Milano l’ha fatto. Mentre qui, data anche la scadenza elettorale prossima, ci vorrà ancora molto tempo.
E con la controparte aziendale, i rapporti come sono su questo versante?
Il problema è che manca un progetto forte da parte di Confindustria per lo sviluppo del territorio. Ci chiamano solo sulle emergenze, mai per disegnare scenari. A due anni dalla chiusura della Donora, per dirne una, siamo ancora al punto zero. Oppure qualcuno mi dica che prospettive ci sono per l’ex Cantoni o la Legler.
Eppure spuntano tavoli di confronto un po’ dappertutto…
Ma non portano a soluzioni. Quello della Valbrembana è fermo. Anche col mega progetto di Percassi a San Pellegrino… non possiamo certo lasciare che resti una cattedrale nel deserto. Quindi, sì ai tavoli, ma che siano operativi. Che si intervenga davvero insieme con progetti per il rilancio del territorio. 
 

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