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Studenti, ricerca universitaria e istituzioni civiche a confronto sull’Europa

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Gli studenti dei licei, la ricerca universitaria e le istituzioni civiche si uniscono per dibattere di utopia e di Europa. Il confronto si terrà in occasione di un incontro organizzato nell’ambito di un progetto ideato dall’Università Ca’ Foscari intitolato “Classici contro” che, dopo essersi diffuso in diverse città italiane, giunge a Bergamo.

L’ appuntamento è venerdì 26 maggio alle 20.30 alla Sala Piatti. L’evento, aperto a tutti i cittadini, nasce da un’idea di Giorgio Mangini e Mauro Minervini, ed è stato organizzato da Elena Mazzacchera, in collaborazione tra il Liceo Paolo Sarpi, l’Università Ca’ Foscari Venezia, l’Università di Bergamo, e le istituzioni cittadine.

In discussione, con la presentazione di Giorgio Mangini e Mauro Minervini (Liceo Sarpi), sono i problemi più attuali dell’Europa, e, ragionando sulle prospettive future, sull’utopia di un’Europa unita tutta ancora da costruire come si vede da ciò che accade di giorno in giorno. L’iniziativa offre un’opportunità per pensare il futuro a cominciare dalla scuola, dai giovani, e naturalmente dai classici e dal grande laboratorio della democrazia dell’Atene del V secolo a.C. Sono queste le nostre più antiche risorse di pensiero e il progetto ne vuole fare uno strumento per la modernità.

Aprono l’azione gli studenti del Liceo Sarpi di Bergamo, che, alternandosi nella lettura, danno voce alla storia dei due principali protagonisti italiani del movimento federalistico europeo, Ernesto Rossi e Altiero Spinelli. Con i brani tratti dalla corrispondenza di Rossi e dal Diario di Spinelli, intrecciati con le voci e le figure di numerosi altri loro interlocutori (a partire dalle rispettive mogli, Ada Rossi e Ursula Hirschmann), tra i quali Luigi Einaudi, Giovanni Gentile, Irene Riboni, Albert Camus, emergerà la progressiva formazione della prospettiva europeistica nella coscienza dei due protagonisti. Dalla dolorosa consapevolezza della catastrofe della prima guerra mondiale e dall’inevitabilità della guerra connessa alla pretesa dei singoli Stati nazionali di avere sui rispettivi popoli la sovranità assoluta, si delinea il superamento del modello politico dello Stato nazionale verso una prospettiva federalistica sovranazionale e, allo stesso tempo, il parallelo rifiuto del deperimento della fisionomia storico-culturale dei popoli europei nella prospettiva apparentemente internazionalistica del filo-sovietismo. Su questo sfondo, si intrecciano alcuni significativi riferimenti alla cultura dei classici, in particolare in Spinelli, e all’esperienza culturale e politica di alcuni allievi del liceo ‘Sarpi’ che, grazie allo studio degli autori classici da un lato e al rapporto con significative figure dell’antifascismo dall’altra, come la stessa Ada Rossi, hanno partecipato in modo assai significativo alla Resistenza.

Approfondisce, allora, il ritratto di Ernesto Rossi lo storico bergamasco Rodolfo Vittori. Strenuo oppositore antifascista, condannato nel 1931 a vent’anni di carcere, Rossi è tra i fondatori di Giustizia e Libertà, autore assieme a Spinelli e Colorni del Manifesto per un’Europa libera e Unita (1941). Nel dopoguerra oltre a gestire in maniera encomiabile l’Azienda per il Rilievo e l’Alienazione dei residuati bellici (ARAR), divenne paladino di un’Italia laica e democratica, sostenendo numerose battaglie contro il potere monopolistico della grande industria, la commistione tra economia e politica, la corruzione, le ingerenze clericali nello Stato. In questo intervento si esaminerà la formazione intellettuale di Rossi avvenuta soprattutto tra il primo dopoguerra nell’ambiente culturale fiorentino e in particolare sotto l’influenza di Gaetano Salvemini e il lungo periodo carcerario (1930-1943) per individuare le radici del suo impegno politico in una sorta di umanesimo declinato in senso libertario che si propone la libera autodeterminazione dell’uomo e l’emancipazione sociale dell’umanità. Alla base di questa concezione troviamo l’etica della libertà intesa come dovere verso la propria coscienza, la concezione volontaristica della storia, il fallibilismo gnoseologico e il relativismo etico e l’uso critico della ragione come strumento di conoscenza e di guida dell’azione politica.

Rodolfo Vittori

 

Infine apre un quadro più ampio sulla storia e sulla cultura dell’Europa il filologo classico Filippomaria Pontani (Università Ca’ Foscari), ideatore con Alberto Camerotto del progetto Classici Contro. La riflessione è tutta incentrata su che cosa può essere un’utopia dell’Europa unita di oggi ma a partire dalla coscienza della civiltà e del pensiero. Sin dagli scritti di Erasmo e di Tommaso Moro, nati cinquecento anni fa non lontano da Bruxelles, il pensiero utopico dell’Europa e sull’Europa ha avuto un rapporto diretto con i classici (da Platone a Luciano), che hanno svolto via via un ruolo di modello, di stimolo, o di alterità. Oggi che, scottati da disastri e disillusioni, preferiamo i “non-luoghi” alle utopie (con la sola eccezione, forse, di quella neocapitalista globale di cui parla Mattelart), più che costruire isole fantastiche (variamente beate, del Sole, o soffocanti) proiettiamo i nostri malfermi ideali in un futuro dal respiro sempre più corto, ripercorrendo inconsapevolmente il cammino di molti intellettuali che hanno sognato un’Europa diversa.

Filippomaria Pontani

Il pensiero di un’Europa unita è allora un’idea straordinaria da ritrovare. Forse è anche un’idea necessaria. Ma dobbiamo ricordare anche un’altra cosa, non c’è Europa se non ci sono i cittadini. E non ci sono cittadini se non ci sono idee, speranze, consapevolezze da condividere. Ecco, oggi, con le tensioni, i traumi, le fratture della polis e della civiltà, abbiamo bisogno di capire cosa significa essere europei.
Perché un’Europa dell’economia non basta, un’Europa del privilegio non ha senso. Ci vuole un’Europa dei pensieri, un’Europa dei cittadini che vivono insieme e che si confrontano, una coscienza plurale e collettiva, il contributo delle molte lingue e delle diverse culture che si intrecciano e che sanno riconoscere qualche fondamento importante in comune. Con lo spirito e la testa aperti sul mondo. E progettare a partire dai classici greci e romani, dai quali abbiamo imparato a ragionare sulla polis e a costruire la democrazia, può essere una buona via. Sono i nostri archetipi, diversi da noi, che hanno la libertà e il distacco giusto anche per criticarci. E i classici condivisi, un Omero o un Virgilio, sono anche la nostra prima Europa senza confini, non un impero, ma uno spazio comune di idee e di vite. Con tremila anni di pensieri non ci si accontentare, non ci si può arrendere, si può dire “io non ho paura” e si possono affrontare tutte le difficoltà. Per il futuro ci sarà bisogno di un pensiero “altro”, un po’ più utopico. I classici sono una voce critica, controcorrente, e non privilegio e vuoto vanto. È dalla fiducia in questi fondamenti che dipende, in larga misura, la formazione di quelli che saranno un giorno dei veri cittadini europei. “Nella parola ‘utopia’ – come dicono Camerotto e Pontani – vogliamo intravedere una prospettiva aperta, molteplice, problematica: contiene un desiderio, ma c’è in essa anche il dubbio socratico dell’incertezza e la consapevolezza dei limiti. Guardare al futuro è indispensabile, e lo facciamo a partire dai pensieri più antichi, dai nostri classici”. Sarà un contributo, un dono per tutti, certo impegnativo. Ma è forse la via migliore verso l’Europa.

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