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Alla Sala Piatti concerto di Giovanni Sollima e Andrea Bergamelli

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Domenica 19 novembre alle 16.15 alla sala Piatti di Bergamo si terrà un concerto di Giovanni Sollima e Andrea Bergamelli. L’esibizione è promossa nell’ambito della 12ª edizione del festival violoncellistico internazionale.

Giovanni Sollima, violoncellista e compositore nasce a Palermo in una famiglia di musicisti. Studia a Palermo, Salisburgo e Stoccarda, e, ancora adolescente, intraprende una brillante carriera internazionale. Parallelamente, all’attività di solista, la sua curiosità creativa lo spinge ad esplorare nuove ed anticonvenzionali frontiere nel campo della composizione, attraverso contaminazioni fra generi diversi: rock, jazz, electric, minimalismo anglosassone e musica etnica della Sicilia e di tutta l’area mediterranea, sulla base di una preparazione classica, sono la formula del suo inconfondibile stile. Nelle sue creazioni si avvale dell’utilizzo di strumenti acustici occidentali ed orientali, di strumenti elettrici ed elettronici, altri di sua invenzione, come l’Aquilarco, e altri ancora costruiti appositamente per lui, come il violino tenore presente nei quadri di Caravaggio. In veste di solista ha suonato in tutto il mondo: dalla Carnegie Hall di New York alla Scala di Milano, dalla Queen Elizabeth Hall di Londra alla Suntori Hall di Tokyo, ma anche in ambiti alternativi, vicini al pubblico più giovane e di confine, come la Knitting Factory di New York, vero tempio dell’underground (in quell’occasione Justin Davidson, Premio Pulitzer per la Critica musicale, lo defini “The Jimi Hendrix of the Cello”).

Andrea Bergamelli, violoncellista, ha studiato con Cicoria e Onczay, diplomandosi sotto la guida di Sollima. Si è perfezionato con Brunello, Meneses e con il Trio di Trieste. Svolge un’intensa attività cameristica collaborando, con il padre Attilio, Demus, Bordoni, Pay, Canino, Ashkenazy, Ashkenazy, Palermo e molti altri. Ha collaborato con prestigiose orchestre e, come solista, con gli Ensembles “Archi della Scala”, “Milhaud” di Como, “G. da Salò” e l’Orchestra del Festival “Benedetti Michelangeli”. È membro fondatore del Trio di Bergamo, dell’Opera ensemble e del Trio Apeiron. Ha inciso il cd “Alfredo Piatti il Paganini del Violoncello” per l’etichetta Phoenix, in prima registrazione mondiale e per Brillant Classics le Sonate a tre di Muzio Clementi. È direttore artistico dell’Associazione “Alfredo Piatti” e dell’omonimo Festival Violoncellistico Internazionale fin dal loro esordio. Dal 1997 è violoncellista dell’orchestra del Teatro dell’Opera di Roma.

Fu soprattutto intorno al 1860 che Piatti si dedicò alla valorizzazione delle composizioni degli autori italiani del ‘700: Luigi Boccherini, Francesco Maria Veracini, Giorgio Antoniotti, Giuseppe Valentini, Tommaso Albinoni, Niccolò Porpora, Pietro Antonio Locatelli, Benedetto Marcello, Attilio Ariosti. Egli ne cercò pazientemente gli spartiti, li trascrisse, e in alcuni casi ne curò le edizioni. Nella maggior parte dei casi egli lavorò alla realizzazione del basso continuo che, di prassi, nelle edizioni del ‘700 era indicato solo con la linea melodica del basso o con scarne indicazioni armoniche fornite all’interprete attraverso numeri scritti sulla linea del basso. Particolare attenzione egli dedicò in particolare a Geminiani e Boccherini. Fra le carte del Fondo Piatti Lochis, si trovano gli autografi del basso continuo che Piatti realizzò per quattro delle Sei Cello Sonate, op. 5 di Geminiani e la trascrizione per violoncello e pianoforte della celebre Follia mentre all’inizio degli anni ’70, ricevette dall’Editore Ricordi l’incarico di curare l’edizione per violoncello e pianoforte delle 6 Sonate di Boccherini. Nel dicembre 1875 l’edizione era pronta e Piatti, a Torino, propose in concerto, una delle Sonate, accompagnato al pianoforte dal giovanissimo Giuseppe Martucci.  Il critico presente apprezzò in modo particolare la capacità di Piatti di adattarsi alle peculiarità di composizioni di epoche e stili differenti. Egli scrisse infatti: “Nel concerto dato allo Scribe, il celebre violoncellista ha destato un entusiasmo indescrivibile: tutto grazia ed eleganza con Boccherini, tutta foga e gagliardia collo scherzo di sua composizione, egli ha dimostrato conoscenza perfetta dello stile e dell’epoca, abilità straordinaria d’interpretazione, possesso di cavata paradisiaca; ad un fraseggiare larghissimo, congiungendo squisitezza d’accento e facilità di meccanismo, il Piatti raggiunge il sublime dell’arte e lascia profonde, sentite, incancellabili impressioni”.

Altrettanto entusiasmo manifesta un critico fiorentino che, qualche giorno prima, apprezza il paziente lavoro sulle composizioni antiche a cui Piatti si sta dedicando: “Un altro merito del Piatti, del quale non abbiamo ancora fatto cenno, è quello della fedele interpretazione degli autori, e segnatamente degli antichi. Di questo suo merito abbiamo avuto un saggio colla sonata di Boccherini e con quella di Veracini. Il modo con cui il Piatti interpreta e rende le Sonate del Veracini e del Boccherini, non solo non lascia desideri, ma nemmeno lascia intravedere la possibilità di maggior perfezione. Colto ed eruditissimo com’è intorno alle cose dell’arte antica e degli antichi sistemi di scrittura, la sua esecuzione è, materialmente parlando, fedelissima; è semplice, e, a così dire, è schietta ed ingenua senza ombra di freddezza e languore: è ricca di effetti acustici ed estetici, ed è lontanissima, e addirittura agli antipodi, dagli effetti teatrali. – E per giungere a questo, le attitudini naturali e il genio non bastano – ma ci vogliono studi accurati e perseveranti, ci vuol dottrina. E studiando nelle opere del passato e rimettendole in luce avvalorate e fatte splendide dalla incantevole esecuzione, il Piatti rende all’arte musicale italiana un grandissimo servizio. Un servizio che potrebbe ricondurla ai giorni della prosperità e della gloria vera; se, come speriamo sempre, presi dalla sincera e feconda bellezza di quelle opere, i nostri giovani compositori se le mettessero innanzi e ne deducessero e vi attingessero argomenti di vita, di varietà, di ispirazione, di originalità”. Una lezione raccolta da tanti compositori contemporanei che sanno coniugare la ricerca di novità con lo studio dei grandi del passato.

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