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Al festival del folclore in scena “L’arlechì, servitore di due padroni”

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In occasione del 36esimo “Festival internazionale del folclore e delle tradizioni” organizzato dal Ducato di Piazza Pontida, il 22 agosto 2018 verrà inscenato “Bergamaschere” ispirato a uno spettacolo della “Fondazione Benedetto Ravasio” con la commedia dell’arte de “La Gilda delle Arti”, le maschere della “Franz Cancelli Company”, i burattini di Pietro Roncelli e con Enrico Nicoli.

Il Ducato di Piazza Pontida ha scelto l’Arlecchino de “La Gilda delle Arti” per rappresentare la maschera bergamasca per eccellenza nel corso del festival dedicato alle tradizioni popolari bergamasche: nell’evento la compagnia inscenerà una riduzione del suo “Arlechì, servitore di due padroni”.

Lo spettacolo
La storia riunisce in una Piazza ideale, che a tratti può sembrare Piazza San Marco o Piazza Vecchia, tutte le maschere bergamasche alle quali si aggiunge Don Gaetano, maschera inventata in onore di Gaetano Donizetti. Tra lazzi e pantomime Arlecchino e brigata coinvolgeranno nelle loro improvvisazioni Gioppino che, dalla baracca dei burattini di Pietro Roncelli, reciterà con loro.

La trama de “L’arlechì, servitore di due padroni”
La commedia si apre a Venezia in casa di Pantalone de’ Bisognosi, anziano mercante che sta assistendo alla promessa di matrimonio tra sua figlia, Clarice, e Silvio, figlio del Dottore Lombardi. I due sono innamorati ed è una fortuna che possano promettersi, dato che Federigo Rasponi, agiato torinese cui Clarice era destinata, è morto in una lite a causa della sorella di lui, Beatrice. Alla promessa assistono Smeraldina, giovane serva di Clarice a casa di Pantalone e Brighella, locandiere veneziano che fa da testimone. Inaspettatamente, nella scena irrompe Truffaldino, il giovane servo venuto per annunciare il suo padrone: si tratta proprio di Federigo Rasponi, venuto in Venezia per incontrare la sua futura sposa e per chiarire gli affari sulla dote della ragazza. In realtà, colui che si presenta in casa di Pantalone è Beatrice Rasponi, sorella del defunto in vesti da uomo, per poter andare in cerca di Florindo Aretusi, suo amante fuggito a Venezia in seguito al colpo mortale inferto di sua mano proprio a Federigo e che lei sta inseguendo. Brighella riconosce Beatrice ma non svela l’inganno dinanzi ai presenti e, anzi, sta al gioco facendosi da garante per assicurare tutti che lo sconosciuto che si trovavano di fronte fosse proprio Federigo Rasponi. Neanche Truffaldino, incontrato da Beatrice nel Bergamasco, sa nulla della vera identità del suo padrone. Il suo unico obiettivo è riempire la pancia, essendo perennemente tormentato dalla fame e dall’ingordigia. Non soddisfatto del trattamento di Beatrice, che trascura gli orari del pranzo e lo lascia spesso da solo, per uno scherzo del destino si trova a servire un altro padrone, che si rivela essere Florindo Aretusi sotto il falso nome di Orazio Ardenti. Beatrice e Florindo sono vittime delle bugie, dell’ingordigia e della scaltrezza dell’abile servitore e si ritrovano alloggiati nella locanda di Brighella in cerca l’uno dell’altro. Per svincolarsi da situazioni critiche, Truffaldino non fa altro che creare guai su guai. Per non farsi scoprire, addossa tutte le responsabilità sul fantomatico Pasquale, servo che in realtà non esiste. Anche quando Beatrice e Florindo si rincontreranno, Florindo crederà che il servitore di Beatrice sia Pasquale e viceversa. Truffaldino soffre la fame, mente, corteggia, ama, finge di saper leggere, serve acrobaticamente due padroni in stanze diverse, pasticcia la trama e la risolve, tutto ciò mentre lo pseudo-Federigo Rasponi complica la vita dei due amanti Silvio e Clarice e delle rispettive famiglie. La finzione di Truffaldino porta al culmine dell’imbarazzo nel momento in cui egli scambia il contenuto di due bauli, uno di Beatrice e l’altro di Florindo. Il servitore deve giustificare a Beatrice come mai sia entrato in possesso di lettere che appartengono a Florindo. A quest’ultimo, viceversa, Truffaldino viene invece obbligato a spiegare perché ha con sé un ritratto di proprietà di Beatrice. La scusa che Truffaldino racconta ad entrambi è quella di avere ereditato questi oggetti da un precedente padrone defunto. Quando la situazione sembra irrimediabile, e Beatrice e Florindo minacciano di suicidarsi convinti che i rispettivi amanti siano morti, avviene il colpo di scena. I due padroni innamorati si ritrovano per caso e sono condotti a nozze, Clarice e Silvio con le rispettive famiglie si riappacificano, non appena viene svelato l’inganno di Beatrice, Truffaldino e Smeraldina ottengono il permesso di sposarsi. Il servo svela ai suoi padroni di aver servito contemporaneamente entrambi solo per potersi garantire la mano di Smeraldina Lo spettacolo si conclude con questa battuta: “Ho fatto una gran fadiga, ho fatto anca dei mancamenti, ma spero che, per rason della stravaganza, tutti si siori me perdonerà”.

Cast: Nicolas Adobati, Sara Arnoldi, Giovanni Fiorinelli, Nicola Armanni, Ivan Fumagalli, Miriam Ghezzi, Marzia Corti e Giuseppe Modica.
Regia: Miriam Ghezzi.
Direzione artistica: Nicola Armanni.
Costumi: Miriam Ghezzi e Federica Sanseverino.
Scenografia: Nicolas Adobati.

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