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Il caso

Caos referendum Tutto da rifare? Acceso dibattito in rete

Da qualunque prospettiva la si affronti, la raccolta firme promossa dal movimento Unione Popolare che si propone di eliminare i compensi per la “diaria” e le spese di soggiorno a Roma dei parlamentari è destinata a far discutere.

Giornali e tv non ne parlano o lo fanno con il contagocce. E via con le polemiche. Al contrario il web si sente in dovere di rivendicare il suo ruolo sempre più di rilievo nel panorama della comunicazione e, calando l’asso dei social network, diffonde notizie in versione “spam”, riuscendo così a coinvolgere un pubblico vastissimo. Ma le polemiche, anche qui, non si placano.

Da qualunque prospettiva la si affronti, la raccolta firme promossa dal movimento Unione Popolare che si propone di eliminare i compensi per la “diaria” e le spese di soggiorno a Roma dei parlamentari è destinata a far discutere ma la sensazione è che alla base di tutto ci sia principalmente la poca chiarezza. L’obiettivo sembra essere condiviso da tutti ma sulle modalità di esecuzione il disaccordo è pressoché totale.

Il comitato promotore ha lanciato l’iniziativa il 14 maggio inviando ai Comuni i moduli da sottoscrivere e ha fissato per il 27 luglio la scadenza ultima per la consegna delle firme: per indire il referendum il numero necessario è a quota 500mila. Le prime problematiche sono venute a galla quando qualche cittadino, recatosi in Comune per apporre la propria firma sul modulo, si è sentito rispondere dagli impiegati che di un’iniziativa simile non ne avevano nemmeno sentito parlare oppure che i moduli erano terminati e da Unione Popolare non avevano più provveduto ad inviarne di nuovi.

La seconda tranche di polemiche si è invece scatenata, feroce, in rete. Sulla pagina facebook dedicata all’iniziativa (http://www.facebook.com/groups/408292995850636/) il dibattito è continuo. Codice alla mano i maggiori oppositori della raccolta firme fondano la loro tesi sull’art. 31 della legge n. 352/1970, ai sensi della quale “non può essere depositata richiesta di referendum nell’anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l’elezione di una delle Camere medesime”.

Nessuna richiesta di referendum può essere depositata nel 2012 e quindi il primo termine per la presentazione è il 1° gennaio 2013: a quel punto, però, le firme, che hanno una validità massima di tre mesi dal momento in cui sui moduli vengono apposti i timbri comunali, non avranno più alcun valore.

E quindi sarebbe a serio rischio validità la raccolta firme attuale per mancanza dei tempi tecnici necessari, ma da Unione Popolare non demordono: “Il referendum è valido – afferma in un video la coordinatrice nazionale Maria di Prato. La legge è lacunosa e negli anni è stata soggetta a numerose interpretazioni. Abbiamo deciso di continuare a raccogliere le firme proprio per la lacunosità della legge ma per non incappare in nessun errore le raccoglieremo nuovamente ad ottobre per poi consegnarle ai primi di gennaio”.

Da questa intricata diatriba non emerge una verità assoluta ma solo tanti, tantissimi dubbi che non fanno altro che complicare ancora di più la strada che porta all’uscita del labirinto. A che pro raccogliere firme che non avrebbero validità ed essere costretti a rifare tutto da capo a partire da ottobre? Qualcuno azzarda che questa sarebbe solo la prima parte dell’iniziativa, volta a fare informazione e a sensibilizzare l’opinione pubblica, preparando il terreno per la raccolta firme vera e propria. Dall’altro lato della barricata i detrattori accusano invece Unione Popolare di cavalcare l’onda per farsi un po’ di pubblicità.

Un ultimo dubbio che aprirebbe numerosi altri scenari lo lancia un utente: “A che serve abolire i compensi per le spese di soggiorno quando i parlamentari da un giorno all’altro possono approvare un aumento dei loro stipendi? Ricordate i finanziamenti pubblici ai partiti che si sono magicamente trasformati in rimborsi elettorali?”.

Dopo tanto caos sarebbe davvero una beffa: ai posteri le ardue sentenze.

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