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La lettera

“Caro vescovo Beschi: che disagio per noi l’unione delle parrocchie”

Un gruppo di parrocchiani di Selino, Berbenno e Blello scrivono una lettera aperta al Vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, per evidenziare le difficoltà e il fallimento dell'unità pastorale.

Un gruppo di parrocchiani di Selino, Berbenno e Blello scrivono una lettera aperta al Vescovo di Bergamo, monsignor Francesco Beschi, per evidenziare le difficoltà e il fallimento dell’unità pastorale.

 

Eccellentissimo Vescovo monisgnor Francesco Beschi,

sono una giovane e le scrivo a nome di un gruppo di parrocchiani della Comunità di San Giacomo in Selino Alto.

Ci rivolgiamo a Lei per esprimere tutto il nostro disagio in seguito alla decisione di accorpare la nostra parrocchia ad un’altra, come realizzazione della cosiddetta unità pastorale.

Nel 2010 siamo stati accorpati con Berbenno e Blello. Come riferimento e nostra guida pastorale abbiamo avuto don Roberto Belotti, poi nel 2011 è giunto un nuovo parroco don Giovanni Coffetti. È di pochi giorni fa la nomina di un nuovo sacerdote che guiderà le nostre comunità: don Luca Gattoni, attuale vicario parrocchiale di Zanica.

Questi sacerdoti si sono attenuti alle indicazioni della curia attuando le unità pastorali ma sono andati oltre lasciando nelle mani dei laici la conduzione delle parrocchie senza rispondere delle proprie decisioni al parroco, né ad altri. Tra queste decisioni – come la chiusura dell’oratorio, il delegato alla riscossione delle offerte per le Messe, eccetera… – una è gravissima: la rimozione del crocifisso dalla chiesa!

È doveroso farLe pervenire il nostro disappunto, la nostra critica, che vuole essere assolutamente costruttiva, ma comunque chiara per tale decisione. Probabilmente il tutto è stato fatto per migliorare la vita di fede, la spiritualità di noi fedeli, ma purtroppo non è così. La nostra Comunità è venuta a perdere il punto di riferimento, una figura guida, come si legge nel Vangelo: il Buon Pastore che potesse formare i bambini e i ragazzi e ammaestrare gli adulti alla Parola di Dio e alla vita comunitaria per affrontare le sfide di oggi.

Questa figura non c’è più! In tre anni non solo abbiamo perso il nostro parroco per averne uno in condivisione, ma ne abbiamo cambiato ben tre ritrovandoci ogni anno a settembre ad incamminarci nel nuovo anno pastorale con un nuovo sacerdote. Pregare per le vocazioni? Quali vocazioni?

Per essere dei distributori di servizi non c’ è bisogno di una vocazione particolare; lo dico da giovane che nonostante tanti scandali crede nel valore della vocazione del sacerdozio. Sacerdoti non come professione, ma come scelta di vita. Fino ad ora, dopo due anni, l’unità pastorale ha separato più che unito, ha allontanato più che avvicinato, creando tensione tra comunità, tra famiglie, ha creato divisioni all’interno delle stesse comunità parrocchiali. Ha impoverito la formazione, ha impoverito le liturgie trasformandole nel gioco preferito di oggi: si scommette sul chi verrà a celebrare la prossima Messa.

Le nostre tradizioni erano radicate forse in una fede un po’ antica, ma temperante poiché al centro della nostra vita c’era la parrocchia e le nostre giornate erano scandite dalle attività comunitarie. Se il senso delle unità pastorali è quello di creare una comunità solida si è avuto l’esatto contrario: i giovani si sono allontanati dalla parrocchia e non hanno più un riferimento di appartenenza, mentre gli anziani si sentono traditi e lasciati soli al loro destino.

Noi siamo una comunità periferica, diversamente dalla città abbiamo una identità ben definita che constatiamo ogni giorno disgregarsi e perdersi.

Forse non si è pensato bene a sacerdoti preparati per questa scelta pastorale, non si sono preparate le comunità. Tutto ciò non vuole essere una critica, ma un invito alla riflessione da parte Sua su quanto accade ed eventualmente considerare di porvi rimedio.

Nel ringraziarLa per la pazienza rispettosamente La salutiamo.

I parrocchiani di Selino Alto

(lettera firmata) 

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