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Cinema

La recensione

“Arrivederci professore”: Johnny Depp torna con una commedia drammatica sul valore della vita

Un film piacevole che incoraggia qualche riflessione. Un film che lascia intravedere un possibile grande ritorno dell’unico e inimitabile Johnny Depp

Titolo: Arrivederci professore

Regia: Wayne Roberts

Attori: Johnny Depp, Zoey Deutch, Danny Huston, Rosemarie DeWitt, Farrah Aviva, Odessa Young

Durata: 90 minuti

Giudizio: ***

Programmazione: UCI Cinemas Orio

Dopo anni, probabilmente miserabili, passati a combattere cause su cause intentate da quella strega della sua ex moglie, Amber Heard, che lo accusava di essere un marito violento nel tentativo di estorcergli soldi e rovinare la sua immagine, Johnny Depp, dandy maledetto, spaccacuori per eccellenza di Hollywood, finalmente esce dall’ombra e torna sul grande schermo. Un ritorno timido piuttosto tiepido, ma pur sempre un ritorno.

Richard Brown è un rispettabile professore di letteratura inglese in un prestigioso college del Connecticut. La sua vita è apparentemente perfetta: bella casa, ottimo lavoro, moglie invidiabile, figlia responsabile. Finché un giorno una terribile notizia sconvolge tutte le carte in tavola: pur non avendo mai fumato, ha un cancro ai polmoni allo stadio avanzato, che lo lascia con 6 mesi o poco più da vivere. “Cazzo” è la risposta immediata, e lo ripete due, tre, dieci volte, nella speranza di riuscire ogni volta a metabolizzare la notizia un po’ di più; ad accettare la crudeltà di un destino che non aveva previsto. Si sa, le brutte notizie non vengono mai da sole. Lo stesso giorno, scopre che la moglie lo tradisce con il rettore dell’università. Ma a questo punto, di fronte alla minaccia della morte, ha davvero importanza?

Da questo momento in avanti, cambia prospettiva e decide che farà le cose in maniera decisamente diversa. Capisce che è ora di smetterla di fluttuare senza meta per quella cosa che si chiama vita e che è giunto il momento di viverla appieno, per davvero, perché ogni respiro va festeggiato. Motivo per cui decide di non raccontare della sua malattia a nessuno, se non al migliore amico Peter. Non vuole la pietà delle persone che lo circondano e sdrammatizza con ironia anche le parole di dolore e i gesti affettuosi di Peter, distrutto all’idea di perderlo. Così, si lascia andare in gesti liberatori e impulsivi: beve fino a perdere i sensi, si avventura in nuove esperienze sessuali, inizia a fumare marijuana, vive ogni giorno come se fosse l’ultimo, senza precludersi nessun tipo di esperienza.

Tuttavia, piano piano, la malattia inizia a farsi sentire. Richard è sempre più debole e ormai manca poco tempo. Così, in un ultimo atto di liberazione, dopo aver confessato a moglie e figlia la terribile verità, sale in macchina e guida verso una meta sconosciuta, tracciando il suo percorso alla ricerca di risposte a domande che ancora rimangono in sospeso.

A prima vista potrebbe sembrare una versione umile de “L’attimo fuggente” con Robin Williams. In realtà, ha forse più i tratti di “American Beauty” con Kevin Spacey, o quantomeno un mix tra i due. Preso da una crisi di mezza età, un uomo decide di liberarsi delle convenzioni sociali imposte da una realtà fasulla e di iniziare a vivere davvero, cogliendo ogni attimo. Tuttavia, la forza espressiva del film in quanto ultimo grido di liberazione ribelle si ammoscia un po’ verso la fine, quando Richard professa il suo amore alla moglie traditrice, che lo lascia andare così, con un “addio”. Sicuramente non farà la storia, ma si tratta comunque di un film piacevole, che incoraggia qualche riflessione, ma più di tutto lascia intravedere un possibile grande ritorno dell’unico e inimitabile Johnny Depp.

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