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Punti di vista

Misiani, Pd: “In Europa i sovranisti avanzano, ma restano marginali”

Antonio Misiani, deputato di Bergamo per il Partito Democratico, analizza a caldo i risultati delle elezioni europee e li commenta. Cosa ci dicono?

Antonio  Misiani, deputato di Bergamo per il Partito Democratico, analizza a caldo i risultati delle elezioni europee e li commenta. Cosa ci dicono?

Primo: l’affluenza. In Europa è aumentata dal 42,6% del 2014 al 51% del 2019. E’ il dato più alto da vent’anni. E’ il segno che una fetta importante dell’opinione pubblica ha colto l’importanza di queste elezioni, la posta in gioco (il futuro di un progetto europeista messo radicalmente in discussione dalla Brexit e dall’avanzata dei partiti sovranisti) e si è comportata di conseguenza, andando a votare. E’ un importante segno di vitalità dell’Europa. Guai a disperderlo nei prossimi anni.

Secondo: i risultati complessivi ci dicono che in Europa sono cambiate molte cose, ma non c’è stato lo sfondamento delle forze nazionaliste e di estrema destra che veniva pronosticato da molti. I popolari (PPE) e i socialisti (S&D) perdono molti voti e seggi: i primi passano da 217 a 179, i secondi da 187 a 150 seggi. Per la prima volta la “grande coalizione” PPE-PSE non ha più la maggioranza nel Parlamento europeo.

I 75 seggi persi da PPE e S&D sono però in gran parte compensati dai seggi guadagnati dai liberali dell’ALDE (+39 seggi, che hanno beneficiato dell’arrivo dei francesi di En Marche) e dai Verdi (+18 seggi). I quattro gruppi europeisti insieme ottengono 506 seggi, perdendone 18 rispetto a cinque anni fa ma mantenendo oltre due terzi dei 751 seggi complessivi del Parlamento.

I sovranisti di EFDD (il gruppo dei 5 Stelle) e di ENF (il gruppo della Lega) ottengono complessivamente 114 seggi, 37 in più rispetto a cinque anni prima. L’avanzata è significativa, ma il peso dei nazional-populisti in Europa rimarrà minoritario e marginale. Lega e 5 Stelle sono maggioranza in Italia ma a Bruxelles rimarranno all’opposizione. Nella passata legislatura europea erano italiani il presidente del Parlamento (Tajani), l’Alto commissario per la politica estera (Mogherini) e il presidente della BCE (Draghi). Nella nuova, il “peso” politico dell’Italia governata da Lega e 5 Stelle è destinato purtroppo per noi a ridursi drasticamente.

Terzo. L’Italia. Il voto rivoluziona il quadro che era emerso dalle elezioni politiche di un anno fa. Il successo della Lega, che in un anno è passata dal 17,4% al 34,3%, è netto e indiscutibile. Se consideriamo il buon risultato di Fratelli d’Italia (6,5%), lo spostamento a destra del baricentro politico è drastico e senza precedenti. I 5 Stelle sono i grandi perdenti di queste elezioni, crollando dal 32,7% al 17%. I rapporti di forza tra i due partner di governo ne escono ribaltati. E’ il fallimento totale della strategia di Di Maio, subalterno per undici mesi nei confronti della Lega salvo risvegliarsi in modo tardivo e strumentale alla vigilia delle elezioni europee. Nessuno ha la sfera di cristallo in mano, ma sarà molto, molto complicato ritrovare equilibrio e coesione in una coalizione logorata da settimane di scontri su quasi tutti i dossier aperti e in un governo sostanzialmente paralizzato.

E il PD? Il 22,7% guadagnato alle europee vale 4 punti in più rispetto alle politiche e un netto sorpasso nei confronti dei 5 Stelle. Quasi un miracolo, se pensiamo che dopo le politiche molti osservatori preconizzavano un nuovo bipolarismo Lega-5 Stelle e la marginalizzazione del PD. Sommando +Europa e Verdi, emerge un’area di centrosinistra vicina al 30 per cento. La strategia di Nicola Zingaretti ne esce oggettivamente premiata. La traversata nel deserto è ancora lunga, ma la base per ripartire c’è e la direzione imboccata è sicuramente giusta.

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