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L'interrogatorio

Curno, Arjoun: “Ero drogato, non ricordo di aver ucciso mia moglie Marisa”

"Sua sorella mi ha detto di andarmene perchè Marisa stava già frequentando un altro uomo: da lì non ci ho più visto"

“Sabato sera avevo bevuto e assunto cocaina, non ricordo di aver ucciso mia moglie Marisa”. Di fronte al giudice per le indagini preliminari ha provato a giustificarsi così Ezzeddine Arjoun, il 35enne tunisino in carcere per l’omicidio di Marisa Sartori, uccisa a soli 25 anni la sera di sabato 3 febbraio a Curno. I due erano vicini alla separazione dopo 7 anni di matrimonio, ma il presunto omicida non era d’accordo.

Mercoledì 6 febbraio è stato sottoposto all’interrogatorio di convalida da parte del Gip Lucia Graziosi. L’uomo, ancora visibilmente scosso, ha modificato  la versione dei fatti fornita ai carabinieri e al pubblico ministero Fabrizio Gaverini.

“Sabato sono andato sotto casa dei genitori di mia moglie perchè volevo parlare con lei, per convincerla a tornare con me – le parole del 35enne, difeso dall’avvocato Rocco di Sogra – . Sono sceso nei garage perchè sapevo che lei sarebbe arrivata in auto dopo la giornata di lavoro al negozio di parrucchiera di Mozzo. Lì nell’autorimessa, all’interno del box dei rifiuti, sopra un cassonetto ho trovato il coltello”. Un coltello da cucina, di quelli che si utilizzano per affettare il salame, con una lama lunga circa venti centimetri, che il tunisino avrebbe poi gettato in un cespuglio e ritrovato dai militari.

Marisa si era trasferita da poco a Curno. Era tornata da mamma Giusy e papà Roberto e dopo il fallimento del matrimonio con Ezzeddine, l’uomo a cui aveva detto sì appena maggiorenne. Innamorata, tanto che lo aveva seguito anche in Tunisia per tre anni. Un sogno, finito in tragedia.

“Quando è arrivata in auto – il 35enne prosegue la sua ricostruzione, durata circa mezzora – ho visto che a bordo c’era anche sua sorella Deborha. Lei e Sonia (la datrice di lavoro della vittima, Ndr) ostacolavano la nostra relazione. Avevano convinto Marisa che non ero l’uomo adatto per lei e le avevano suggerito, come poi ha fatto, di denunciarli perché la importunavo. Quando mi ha visto lì, mia cognata mi ha detto in malo modo di andarmene perchè mia moglie mi aveva dimenticato e stava già frequentando un altro uomo”.

È a questo punto che nell’uomo, sempre secondo la sua versione, scatta la follia omicida: “Dopo aver sentito quelle parole non ci ho capito più nulla e ho colpito Sonia con l’arma. Non ricordo assolutamente di aver accoltellato a morte Marisa. Ho un lungo vuoto. Da lì mi sono ritrovato in caserma dei carabinieri”. Dove, in realtà, sabato sera aveva detto: “Ho ucciso mia moglie”.

Una versione che stride con quella degli inquirenti, secondo i quali Arjoun sarebbe arrivato nella palazzina di via IV Novembre e avrebbe inferto i due colpi mortali, di cui uno proprio al cuore, alla consorte. Deborha, che era alla guida della Daewoo Matiz, dopo quell’aggressione mortale è scesa per cercare di soccorrere la sorella ma è stata a sua volta colpita all’addome. È fuori pericolo dopo un delicato intervento all’ospedale Papa Giovanni.

Il gip Graziosi ha convalidato l’arresto e confermato la detenzione in carcere, anche perchè c’è il pericolo di reiterazione del reato: potrebbe uccidere anche la sorella, visto l’astio nei suoi confronti. Nel frattempo Arjoun ha nominato un secondo avvocato, Mauro Moretti.

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