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L'intervista

“Cacciatore che maltratta il cane infanga la categoria: tra i nostri soci nessun caso”

Il presidente di Federcaccia Bergamo, Lorenzo Bertacchi, replica ancora alle accuse animaliste e fa un po' di chiarezza sul ruolo e l'attività dei cacciatori: "C'è troppa disinformazione, in molti ancora pensano che non dobbiamo sottostare ad alcuna limitazione o regola"

“I cacciatori pentiti per i maltrattamenti ai cani nel video di Lav e Lac? Non abbiamo bisogno di persone del genere e non li vogliamo nelle nostre schiere. Sono soggetti che infangano il nome di un’intera categoria e noi siamo i primi a combattere questi comportamenti”: Lorenzo Bertacchi, presidente di Federcaccia Bergamo (nella foto con il fedele Ares durante una battuta di caccia), sgombera subito il campo da qualsiasi dubbio, ribadendo con fermezza l’importanza e l’affetto che lega ogni cacciatore al suo cane.

Un fenomeno, quello illustrato dalle due associazioni animaliste nella loro inchiesta, che pare non toccare, o almeno non nei numeri e nei termini descritti, la provincia di Bergamo: “Ad oggi non abbiamo notizie di cacciatori denunciati o condannati tra i soci della nostra associazione. Quando Ats riceve una segnalazione esce per un controllo e i cacciatori si rivolgono subito a noi: negli ultimi cinque anni contiamo al massimo una trentina di casi e gli unici sfociati poi in provvedimenti non riguardavano assolutamente le condizioni di detenzione del cane ma solo un numero di animali superiore al consentito rispetto ai regolamenti comunali”.

Avvocato Bertacchi, dopo la denuncia Lav-Lac avete lanciato sulla vostra pagina Facebook un’iniziativa finalizzata a mostrare le condizioni in cui vivono i vostri cani.

E ci ha felicemente sorpreso, considerando l’età anagrafica medio-alta della categoria, la risposta dei cacciatori che hanno commentato e postato centinaia di fotografie. È significativo di quanto sia cresciuta la sensibilità nei confronti dei cani, un’evoluzione a cui abbiamo assistito a livello generale in tutta la popolazione. Credo che oggi sia stupido parlare di cacciatori cattivi che vogliono il male dei propri animali.

Un’altra accusa che vi è stata rivolta è l’abbandono di cani non più idonei nei canili.

I cani da caccia, come bracchi, segugi e setter, sono razze molto apprezzate anche da chi cacciatore non è. Sono molto equilibrati, poco aggressivi e selezionati da sempre per vivere con il padrone, col quale stringono un legame incredibile. Per questo li vediamo spesso anche in città, così come i beagle la cui vocazione è sempre stata venatoria. Questo per dire che sono cani diffusissimi, come si fa a dire che quelli ospitati nei canili erano di proprietà di cacciatori? Oltretutto, molti sono solo meticci riconducibili alla famiglia dei braccoidi e dei segugi mentre il cacciatore tende a prediligere la razza pura.

E in cosa consistono le pratiche di addestramento?

In Italia, ancora oggi, il testo più autorevole in materia è quello di Felice Delfino del 1931, il primo a teorizzare l’addestramento senza alcuna forma di coercizione ma solo con l’impulso positivo del premio. Certo è che il miglior modo per abituarli è portarli tanto fuori: lo si fa durante la stagione venatoria, per il resto della stagione ci si reca in zone dedicate in cui l’esercizio è possibile tutto l’anno. In provincia di Bergamo ce ne sono poco meno di una ventina.

Secondo lei perchè la figura del cacciatore è vista con così tanto sospetto?

Perchè purtroppo c’è tantissima disinformazione e sicuramente fa più notizia l’incidente che, intendiamoci, non dovrebbe capitare, rispetto all’attività che durante tutto il periodo venatorio viene svolta senza alcun problema. C’è una percezione sbagliata, forse la paura deriva dal fatto che il cacciatore è armato. Ma se tutti gli “anti-caccia” fossero vegani potrei capire il senso delle contestazioni. Invece non è così, si è perso completamente il rapporto con la morte di un animale. Il cacciatore sa cosa vuol dire uccidere un animale e cosa significa la morte: c’è un grande rispetto per l’animale ucciso e c’è tutto un rituale che segue l’uccisione, in primis l’importanza di consumare la carne e non sprecare nulla. Molto non conoscono le norme che regolano la nostra attività.

Quali in particolare?

Ci sono molte persone ancora convinte che il cacciatore possa uscire quando vuole e sparare a tutto ciò che vuole, senza limiti, senza regole, tutto l’anno. Non proviamo alcun gusto nell’uccidere, non è un’attività sportiva. Se dovessimo andare a caccia per il gusto di sparare faremmo tiro al piattello. Il senso fondamentale è sempre quello di procacciarsi il cibo. Chiaro che oggi non è necessario perchè si può trovare tutto in un altro modo ma rimane un’attività arcaica e ancestrale che in qualcuno ancora emerge e che consente di avere un rapporto con la natura, con la vita e con la morte più vero e profondo. Lo sparo è la parte meno significativa della nostra attività, ne decreta solo la conclusione.

Di pecore nere, ovviamente, ce ne sono anche tra i cacciatori: qual è la politica della Federazione in caso di comprovate violazioni?

Da statuto abbiamo la facoltà di espellere i soci che si macchiano di gravi infrazioni e di reati contro la fauna, contro l’ambiente e contro gli animali. In gran parte di questi casi, quando c’è la sentenza di condanna, si arriva anche alla revoca della licenza. I nostri iscritti beneficiano di un’assicurazione che li tutela anche dal punto di vista legale ma copre le spese solo ed esclusivamente in caso di piena assoluzione.

A proposito di tutele: i cacciatori sono anche molto più preparati rispetto al passato.

Chi si avvicina oggi al mondo venatorio riceve una preparazione completa che gli permette di affrontare gli esami per l’abilitazione. Come associazione organizziamo corsi approvati dall’ISPRA per la caccia in generale e poi per ogni specializzazione. Ci stiamo impegnando per far crescere le loro conoscenze in materia faunistico-ambientale o di sicurezza per il maneggio delle armi.

Come diceva prima, il cacciatore bergamasco appartiene a una fascia di età medio-alta: non c’è ricambio generazionale?

L’ultimo dato riferito al 2018 parla di 10.800 tesserini in provincia e il ricambio è davvero molto limitato, con 150/200 nuove licenze all’anno. I motivi sono molteplici, a partire dalla diversa percezione della caccia da parte della società fino al cambiamento di abitudini e possibilità. Quale ragazzo di 18 anni il weekend torna a casa presto per uscire a caccia alle 4 del mattino seguente? I giovani che si avvicinano all’attività sono attorno ai 30 anni ma regole, restrizioni e lamentele non incentivano di certo a intraprendere quella strada.

A livello normativo il governo sta affrontando il tema caccia: quali sono le ultime novità?

La più fresca è che martedì mattina i 4 emendamenti sul tema legati alla legge di semplificazione sono stati ritirati. È un peccato perchè tra le altre cose avrebbero consentito ai cacciatori, dove necessario e dopo aver conseguito una particolare abilitazione, di coadiuvare gratuitamente la polizia provinciale, molto limitata a livello numerico, nel controllo del cinghiale. Non si è voluto andare avanti su quella strada e il servizio, se si vorrà fare, sarà a pagamento: il problema è destinato a esplodere e riguarderà anche altre specie.

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