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“Ragazzi, non confondete il web per un compagno”: il papà di Igor Maj parla agli studenti

Una testimonianza a sorpresa a chiusura della conferenza: Ramon Maj, papà di Igor Maj, il ragazzo di 14 anni morto per soffocamento nella sua cameretta a Milano per via di una sfida web

Una ragazza su due e due ragazzi su dieci subiscono molestie sessuali, un adolescente su due subisce atti di bullismo, due ragazzi su tre sono vittime di cyberbullismo e una vittima di cyberbullismo su dieci tenta il suicidio: sono dei numeri, numeri che riflettono quanto i fenomeni di molestie, bullismo e cyberbullismo siano (purtroppo) radicati nel nostro tessuto sociale, soprattutto fra i giovani.

Proprio del rapporto fra i giovani e le tematiche sopra citate si è parlato nel convengo “Bullismo, cyberbullismo e molestie” tenutosi nella mattinata di mercoledì 10 ottobre nell’ambito del ricco calendario di eventi della sedicesima edizione di BergamoScienza. L’incontro è stato curato da cinque giornalisti appartenenti alla redazione-cronaca del “Corriere della Sera”: Mario Porqueddu, Elvira Serra, Elena Tebano, Leonard Berberi e Giusi Fasano.

“Il caso Weinstein – racconta Elvira Serra in merito al tema delle molestie – è stato molto utile poiché ora siamo qui a parlare di ciò che è successo. Ci sono molte parole che assumono un significato differente in base alle situazioni in cui le si usa, come per esempio potere, complimento, complicità e proposta, e dobbiamo stare attenti a non abusare delle parole”.

Sempre nell’ambito delle molestie sessuali, Mario Porqueddu ha poi aggiunto: “Nell’ultimo anno e mezzo la voce delle donne in merito a questo tema si è alzata: scopriamo che a Hollywood, il mondo perfetto, quello delle star cui tutti noi vorremmo assomigliare, gli attori e le attrici subiscono e compiono degli abusi. E lo stesso accade nel mondo del calcio, dove giocatori che guadagnano milioni e milioni di euro abusano di ragazze. Arrivano perfino storie dalle più prestigiose università americane, con ragazze che raccontano di subire abusi durante le feste”.

E proprio un fatto successo in un’università, precisamente la Columbia University, fu alla base di un movimento di lotta contro le molestie sessuali: Emma Sulkowicz, all’epoca dei fatti 21enne, raccontò alla polizia e alla direzione universitaria di essere stata stuprata, ma siccome nessuno le credette lei decise di proseguire la propria carriera universitaria portando con sé ogni giorno il materasso su cui era stata violentata. “Il materasso – racconta Elena Tebano – rappresenta il peso che quotidianamente chiunque abbia subito uno stupro deve portarsi dietro”.

La stessa Elena chiarisce poi la tematica del consenso, alla base di numerosi processi per molestie sessuali: “Presunte vittime e presunti stupratori raccontano la stessa storia, ciò che cambia è l’interpretazione: le prime dicono che non c’è stato consenso mentre le seconde raccontano di un rapporto sessuale consenziente. A tal proposito nel 2014 negli Usa è stata approvata la legge ‘Yes Means Yes’, che stabilisce che un rapporto non è considerato stupro solo se c’è un consenso volontario espresso in maniera consenziente; una legge simile è stata introdotta nel 2016 anche in Germania e si chiama “nein heisst nein”, ovvero che il rapporto è considerato stupro se viene portato avanti nonostante una delle due parti dica di non volerlo fare. Queste leggi rappresentano sì una tutela, ma sono ancora deficitarie”.

Ma come si comporta la legge italiana in questi casi? Essa prevede che l’atto sessuale sia considerato consenziente solo se il consenso è espresso lungo tutta la durata del rapporto, ma entrambe le parti lo possono revocare in qualsiasi momento. Inoltre, se una persona è sotto effetto di alcool o di droghe, il suo consenso non è valido.

Il rapporto dei giovani con tecnologia, telefonini e rete è stato invece introdotto da Leonard Berberi, che ha raccontato: “Quando mandate delle foto, sia su whatsapp che sui social, ne perdete il controllo: voi pensate che quelle immagini rimangano fra voi e la persona a cui l’avete inviata ma non è detto che sia così poiché quelle foto possono finire altrove, anche erroneamente. Le vostre foto potrebbero finire all’interno di profili fake, dove ci sono persone che si fingono altre persone pur non essendole. A tal proposito Instagram, il social più utilizzato dai giovani, può diventare un’arma pericolosa se non lo si controlla”.

Giusi Fasano ha poi continuato raccontando la storia di Carolina Picchio, ragazza suicidatasi dopo che alcuni ragazzi avevano fatto un video, poi messo in rete, di loro che abusavano sessualmente di lei mentre era a terra incosciente: “Il caso di Carolina ha portato al primo processo in Italia legato al cyberbullismo. Carolina, infatti, prima di suicidarsi ha lasciato un fogliettino con scritti i nomi dei cinque ragazzi che avevano abusato di lei. Da lì ne è nata una legge che serve a definire cosa sia il cyberbullismo e quali provvedimenti bisogna prendere per fronteggiarlo, ma i reati che derivano da quella legge sono reati legati alle azioni compiute: diffamazione, pornografia minorile, minacce, furto di dati personali,… È poi importante che si sappia che chi ha più di 14 anni può chiedere autonomamente, senza la presenza dei genitori, la rimozione di contenuti foto, audio e video caricati impropriamente sul web”.

La conferenza è stata chiusa da una testimonianza a sorpresa: quella di Ramon Maj, papà di Igor Maj, il ragazzo di 14 anni morto per soffocamento nella sua cameretta a Milano per via di una sfida web. Ramon ha parlato agli studenti presenti in sala dicendo: “Nella ricerca della vostra crescita, venite tratti in inganno dal web: esso non è uno strumento bilaterale poiché ne traiamo informazioni e concetti che passano “a senso unico”, senza che avvenga un confronto con qualcuno e senza che, in questo confronto, possano emergere i rischi. In questo periodo adolescenziale la voglia di sfidare il pericolo è più grande di tutto, anche del pericolo stesso, e seguendo un percorso non dialettico non si considerano gli imprevisti. Ciò che dico a tutti è di non restare da soli, di non confondere il web per un compagno perché così facendo sarà lui a confondere noi”.

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