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Musica

Il concerto

Emozione e grande musica per il saluto di Paul Simon ad Hyde Park

A Londra, Hyde Park, il 15 luglio scorso si è tenuto un meraviglioso concerto di Paul Simon. Due ore e mezza, 26 pezzi di cui solo 5 del duo Simon & Garfunkel, il resto e che resto, dalla carriera solista del nostro eroe. Il nostro Filippo Sella c'era.

A quasi 77 anni Paul Simon decide di terminare l’attività live con un concerto in uno dei parchi più belli del mondo: Hyde Park a Londra. Hyde Park è un parco immenso, con tanto di lago, camminamenti vari, piste ciclabili; uno dei tanti parchi reali in Londra. Il palco principale è stato  costruito tra gli alberi secolari; tanto che alcuni di essi fanno parte del palco stesso. Nel 1536 Enrico VIII ne fece una riserva di caccia a suo uso esclusivo. Nel 1637 Carlo I concesse l’accesso al pubblico. È stato sede di memorabili concerti dal finire degli anni ’60 ad oggi ; tra i tanti Jethro Tull, Rolling Stones, King Crimson, Pink Floyd, Bruce Springsteen, Paul McCartney.

Il concerto di Paul Simon è stato un evento incredibile. Il programma, nell’ambito del British Summer Time prevedeva, distribuito in diverse parti del parco, le esibizioni di 8 gruppi, dalle 13 circa alle 17. Poi sul palco principale si sono succeduti niente po-po di meno che Bonnie Raitt e James Taylor. E già questo basterebbe per definire una serata epocale.

Come da programma alle 19.45 si presenta infine il vero protagonista. Mega palco, con megaschermi un po’ ovunque, con tanto di simpaticissimi e danzanti “traduttori” per non udenti.

Si parte con “America”, dal repertorio con Art Garfunkel. Bellissima versione, con i fiati in grande evidenza a sottolinearne i vari passaggi. La band che accompagna Simon è molto corposa; si fatica a contarli tutti. Quattordici, se non mi è scappato qualcuno. Oltre alla sezione ritmica (basso, batteria e percussioni), archi, fiati, fisarmonica, piano, tastiere e vari back singers, che all’occorrenza suonano flauti, chitarrine ed altro ancora. Tutti molto bravi, presi nella parte, sorridenti e orgogliosi di partecipare al grande evento.

Si passa poi a “50 ways to leave your lovers” dal ritornello così trascinante. Risale alla fine del ’75; molto cool con armonie brasileire e una batteria fantastica. A seguire “The boy in the bubble” del 1987; brano composto durante la permanenza di Simon in Sudafrica, accompagnato da musicisti africani. Pura world music che coinvolge il pubblico, al battito di mani.

Poi è la volta di “Duzzling blue” del 2011; una sognante ballad. Ritmo afro evidenziato dal connubio tra chitarre e percussioni. Altro pezzo molto afro è “That was your mother” del 1986; fisarmonica, sax e graffianti percussioni; stare fermi non è possibile.

Rewrite” del 2011 è un pezzo folk comunque dal sapore etnico, con tanto di fischio ad accompagnarne il finale. Molto simpatico. Introdotta da una bella chitarra parte poi “Mother and child reunion” del ’72. Ritmo reggae che allora ben pochi conoscevano. Bellissima melodia. Sempre del ’72 il pezzo seguente: “Me and Julio down by the scoolyard”. Fantastica canzone, ritmo e armonie caraibiche, unite ad una dolcissima linea melodica.

Dal taglio operistico, senza averne il manierismo, è invece “Rene and Georgette Magritt with their dog after the war” risalente al 1983. Archi e fiati ne avvolgono il canto; commovente e stralunata, sin dal titolo. È uno dei momenti più toccanti del concerto.

Non da meno a seguire è “Can’t run but” del 1990. Per l’occasione si radunano al centro del palcoscenico fiati ed archi. Gran bell’arrangiamento; armonie e ritmo per fiati ed archi che accompagnano la voce leggera e commossa di Paul Simon. Altra versione meravigliosamente stravolta è quella di “Bridge over troubled water”, brano storico di Simon & Garfunkel del 1970.
Molto jazzy; tutti a cantare. Sempre stupenda, in un salire da togliere il fiato.

Dall’ultimo album del 2016 è poi “Wristband”. Contrabbasso e percussioni sono al centro in questo pezzo dal sapore soul e un po’ jazz. Very very cool. Molto New Orleans. Poi Simon introduce “Spirit voices” del 1990. Altro pezzo di world music; chitarra in grande evidenza; fiati e archi a dipingerne i contorni. Come del resto “The obvious child” dello stesso periodo. Incedere scandito da batteria e percussioni; africa nera. Col solo Simon alla chitarra parte a seguire “Questions for the angels” del 2011. Arpeggi ed armonici a tratteggiare un percorso poetico da assaporare nota per nota, parola per parola in religioso silenzio.

Con “Cool cool river” torniamo alle atmosfere africane da un album del 1990. Del lontano 1986 è invece “Diamons on the soles of her shoes”; uno dei grandi successi di Simon. Sempre bella, trascinante; con quelle chitarre così liquide. Dopo un bell’assolo di percussioni parte il riconoscibilissimo incipit di “You can call me Al”, anch’essa dell’86, che fece la fortuna del nostro, grazie anche al video con protagonisti l’attore Chevy Chase e Simon stesso. E tutti a ballare e cantare il ritornello: “If you’ll be my bodyguard I can be your lost pal…I can call you Betty and Betty when you can call me Al”. Al termine I musicisti si prendono la prima pausa.

paul simon hyde park

Dopo pochi minuti rientrano per “Late in the evening” del 1980. Già alle prime note veniamo trasportati su una spiaggia messicana. Grande groove sottolineato da un fantastico accompagnamento di fiati e cori. “Still crazy after all these years” risalente al ’75 fa seguito con quel suo piano elettrico così jazzy. Stupendo e inusuale il bridge. Grande assolo di sax a esaltarne il finale. A chiudere il primo giro di bis arriva “Graceland” del 1986. Grande successo di Simon negli ’80.

Dopo un’altra piccola pausa, la band si ripresenta per una commovente versione di “Homeward bound” risalente al 1964, in coppia con Garfunkel. Arpeggi del geniaccio, accompagnamento di archi e fiati e soprattutto di tutto il pubblico che canta a memoria. Scatta qualche lacrima.

Con ”Kodachrome” del ’73 si torna ad una musica più spensierata e ballabile. Bello il ponte strumentale tra le strofe e il ritornello. Altro pezzo da cantare tutto d’un fiato; finale molto divertente e
velocissimo. “Mama don’t take my kodachrome away…”.

È ormai notte a Londra quando Paul Simon intona “The boxer”, del 1968. Un pezzo meraviglioso del duo S. & G., con quella batteria spazzolata che fa venire i brividi. Assolo di tromba e coro finale resteranno per sempre nei ricordi degli spettatori. Poi resta solo Simon sul palco a cantare “American tune” del ’75; una delle ballate più belle di sempre. Arpeggi ed armonie complessi a contornare una meravigliosa melodia.

E siamo al gran finale: “The sound of silence” del ’64. Al tempo la cantarono in duo Paul e Art; a Hyde Park c’è solo l’autore, Simon. Partono i primi fraseggi di chitarra e quel canto sommesso “Hello darkness my old friend…”. Tutti a cantare l’ultimo pezzo della serata; e forse l’ultimo pezzo dal vivo di Paul Simon.

Alla fine di oltre 2 ore e mezza di concerto, tanti e meritati gli applausi. Un concerto ed una festa in un luogo meraviglioso; una band ed un autore, cantante e musicista meraviglioso.

Ricordo quando, al primo anno di ginnasio, comprai il vinile della famosissima raccolta di Simon & Garfunkel (quella con loro in copertina, appoggiati ad un ingresso, uno baffuto, l’altro biondo riccio) e lo portai come un trofeo a casa di uno dei compagni di liceo per una festicciola. Misi il disco sul piatto e in coro mi sentii dire: “Ma cos’è questa cagata?”. Purtroppo i miei compagnucci di scuola non avevano un grande orecchio. Io però quel disco l’ho sentito altre mille volte, trovandolo sempre molto bello. Come tutta l’opera di Paul Simon.

Probabilmente il concerto di Hyde Park del 15 luglio 2018 resterà per me uno dei più belli di sempre. Grazie Paul.

Scaletta del concerto
– America
– 50 ways to leave your lovers
– The boy in the bubble
– Duzzling blue
– That was your mother
– Rewrite
– Mother and child reunion
– Me and Julio down by the scoolyard
– Rene and Georgette Magritt with their dog after the war
– Can’t run but
– Bridge over troubled water
– Wristband
– Spirit voices
– The obvious child
– Questions for the angels
– Cool cool river
– Diamons on the soles of her shoes
– You can call me Al

ENCORES
– Late in the evening
– Still crazy after all these years

ENCORES 2
– Graceland
– Homeward bound
– Kodachrome
– The boxer
– American tune
– The sound of silence

CHI È PAUL SIMON

Paul Simon nasce il 13 ottobre del 1941 a Newark, nel New Jersey. Inizia a cantare giovanissimo, sin dagli anni ’50, in coppia con l’amico Art Garfunkel, nelle high schools di New York. Si fanno chiamare Tom & Gerry. Dopo varie peregrinazioni, il duo nel 1964 incide il primo Lp come “Simon & Garfunkel”. Un album di musica folk, che non ottiene un gran successo. Ma dietro l’angolo c’è un genio, chiamato Tom Wilson, il loro produttore che, sulla scia della novella dylaniana, ripubblica “The sound of silence” in version folk rock. Prima posizione in classifica e successo clamoroso.

Per il duo sarà l’inizio di una carriera straordinaria, terminata nel 1970 per dissidi vari. Da ricordare tra le tante, la citata “The sound of silence”, “The boxer”, “Mrs. Robinson”, “Bridge over troubled water”, “Kathy’s song”, “America”, “I am a rock”, “Howerbound” etc etc.

Dai primi ‘70 Simon prosegue in solitaria con album molto belli, virando verso una world music allora sconosciuta. Prima vicino ai suoni andini, già sperimentati con Garfunkel, poi gli interessi
di Simon sono per il Brasile e l’Africa. Dischi freschi, uno diverso dall’altro, testi impegnati, ma non di maniera. Tanti i successi, per un totale di 20 album, tra studio e live.

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