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L'intervista

Lenny Zakatek riporta in vita The Alan Parsons Project. E si commuove

Giovedì 21 giugno al Lazzaretto di Bergamo verranno riproposti i grandi successi di The Alan Parsons Project.

Il mestiere del musicista è diverso da tutti gli altri. I concerti, i viaggi, le ore di prove, le tensioni e le emozioni dei live. Chi è musicista lo è a 360 gradi, lo è sempre. Non c’è distinzione tra la famiglia e i propri compagni di viaggio, soprattutto se si fa parte di una band. Forse è per questo che Lenny Zakatek, voce storica dei tempi d’oro di The Alan Parsons Project, non riesce a non commuoversi pensando a Eric Woolfsons, membro dei Project, scomparso nel 2009 a causa di un brutto male. È lui l’autore e interprete di una canzone straordinaria, “Old and wise”, di cui Lenny Zakatek ne ha fatto una propria versione, in omaggio al collega e amico di vita. “Quando canto questo pezzo – spiega Zakatek con la voce rotta in redazione a Bergamonews – mi vengono in mente i ricordi in cui eravamo una famiglia. Penso a quando ci divertivamo insieme, Eric al piano e io alla voce”.

Il come Lenny Zakatek, rock star internazionale, sia arrivato a Bergamo è una storia che ha dell’incredibile. Il merito è soprattutto del chitarrista e compositore Massimo Numa. Instancabile sognatore che porta sempre a termine ogni suo desiderio. È così che è nato il progetto Skeye: giovedì 21 giugno, ore 21, al Lazzaretto di Bergamo, (promosso dal Druso di Ranica con l’associazione Bergamo racconta e Music Station) verranno riproposti i grandi successi di The Alan Parsons Project. Sul palco, oltre a Lenny Zakatek, Massimo Numa e gli altri musicisti della band, ci saranno l’orchestra Gianandrea Gavazzeni, diretta dal Maestro Antonio Brena e un coro di dodici voci liriche.

Giovedì 21 giugno, giornata europea della musica, il Lazzaretto risuonerà dei successi di The Alan Parsons Project. Un evento unico: come si è arrivati fin qui?

Lenny Zakatek: Mi trovavo a Bologna in occasione di una convention dedicata a The Alan Parsons Project. È in questa occasione che ho avuto il piacere di incontrare Massimo Numa per la prima volta. Mi disse: “Ho un progetto”. Allora non immaginavo che sarebbe nata veramente una collaborazione. Ma Massimo non ha demorso. Un anno dopo ci siamo incontrati all’Hilton Hotel a Londra, mi ha fatto ascoltare le prime registrazioni. Sono rimasto impressionato dalla qualità del suono e dell’esecuzione. Massimo mi ha subito chiarito che non c’era un capitale di investimento da cui partire, ma non mi importava. Ero stato rapito da quella musica. In quel momento ho deciso che avrei partecipato al progetto. Così eccoci qua, a pochi giorni dal debutto del nostro live.

Quando Massimo Numa decide di dar vita ad un progetto ci riesce sempre, dico bene?

Massimo Numa: Sono un rompiscatole, lo ammetto. Il merito è anche degli alleati che ho trovato lungo la strada. Parlo dei miei compagni di avventura, come Paolo Filippi, chitarrista, e Dario Toma, bassista. Parlo del maestro Antonio Brera, direttore dell’orchestra Gianandrea Gavazzeni che ha preso in mano le partiture.

Una band di otto musicisti, un’orchestra di trentasette elementi, un coro lirico di dodici voci. I numeri sono da urlo. Cosa potrà mai accadere sul palco giovedì sera?

Massimo Numa: Non lo sappiamo! Pensate che per la realizzazione dell’album abbiamo utilizzato il doppio degli elementi. Sono numeri da orchestra sinfonica. Logicamente numeri del genere, per motivi di spazio, non possono stare al Lazzaretto. Sul palco verranno eseguite le musiche di The Alan Parsons Project che sono stati in attività dal 1975 al 1990. Quindici anni di carriera, dieci album strepitosi. Con il potenziamento della tecnologica arriveremo ad una riproduzione fedele dei brani che vi proporremo, sia cantanti che strumentali. Ci saranno i successi dei Project: “Eye in the sky”, “I wouldn’t want to be like you”, “Mammagamma”, “Old and Wise”, “The Gold Bug”, e molti altri.

Lenny, in una precedente intervista a Bergamonews, ha parlato dell’importanza della pratica costante per ogni musicista. Senza l’impegno quotidiano non si possono ottenere risultati. Un impegno che sicuramente è servito nella preparazione di questo concerto. Come è stato lavorare con l’orchestra?

Lenny Zakatek: La voce è un muscolo. E invecchiando, come sai, perde vigore. So che me ne devo prendere cura. Io studio ancora adesso per mantenere attiva la mia voce. Nel salotto di casa mia, a Londra, ho installato un impianto di 2000 watt. Mia moglie vorrebbe utilizzare quella stanza, ma io la occupo per tenermi allenato sui miei dischi o su altro. So bene che il mio nome non è legato alle dinamiche del mondo discografico, ma è ancorato a quello dei Gonzalez, la mia prima band, e dei Project. Ho cantato a Londra con la London Symphony Orchestra per il cinquantesimo anniversario dei Beatles. L’esecuzione di “Come together” con l’orchestra è stata un’emozione indescrivibile.

Un progetto del genere, con l’orchestra, ha dei costi non indifferenti. Come siete riusciti ad arrivare alla realizzazione?
Massimo Numa: Questo concerto sarà motivo di orgoglio per la nostra città. Considerando gli elementi e l’organizzazione, il biglietto dovrebbe costare all’incirca sui sessanta euro. Viene proposto a venti in prevendita e venticinque la sera stessa. Questo perché c’è stata una grandissima disponibilità da parte di Lenny. Per me è punto di orgoglio avere sul palco anche l’orchestra Gavazzeni, che porta il nome di un grande direttore di orchestra, vanto della nostra città. La concezione del concerto, inoltre è quella di un evento di bergamaschi per bergamaschi. Devo ringraziare Druso, l’associazione “Bergamo racconta” e il Comune di Bergamo che mi hanno appoggiato fin da subito.

Maestro Brena, il Prog ci insegna che musica classica e rock possono incontrarsi. In particolare, nelle partiture che eseguirete giovedì sera lei ha riscontrato dei richiami alle strutture armoniche tipiche dello stile di J. S. Bach. Come è possibile?

Antonio Brena: Bach è stato il più grande dei musicisti. Tutti siamo figli di Bach. Un tale incontro è reso tale dalla natura stessa della musica: non c’è nessun confine o livello di separazione. La musica rock si incontra con la classica perché è strutturalmente concepita così. L’architettura compositiva di Woolfsons – Parsons in alcuni brani è simile a quella di Johann Sebastian. In particolare, in “Silence and I” dove si ritrova un’orchestrazione tipica barocca dei fiati, vi è un richiamo esplicito al primo dei concerti brandeburghesi, pur se inserito nella ritmicità rock.

Lenny, perché soprattutto i più giovani non possono perdersi il concerto di giovedì sera?

Beh, ovviamente perché ci sarò io, ci sarà Massimo e ci sarà l’orchestra. Sono dispiaciuto che le giovani generazioni non abbiano la chance di mettersi alla prova sul palco. quando iniziai il mio percorso con the Alan Parsons Project avevo già alle spalle duemila concerti circa con i Gonzalez. Oggi invece è tutto veloce, chi ha in mano le redini del mercato musicale ha tolto la possibilità di fare palestra. Si parla solo di denaro. Quando salgo sul palco cerco di dare il massimo di me stesso, cerco di dare alla gente quello che sono veramente. Se non verrete vi perderete tutto questo, quindi dovete assolutamente esserci.

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