“Parlo da cittadino, non da politico o da avvocato”. È con queste premesse che Sergio Gandi, vicesindaco di Bergamo, è voluto intervenire sulla questione legata alla conduzione del programma Real Criminal Minds affidata dalla Rai al giornalista e scrittore Massimo Carlotto, condannato per l’omicidio della 24enne Margherita Magello avvenuto nel 1976 e poi graziato dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro nel 1993 dopo una vicenda processuale lunga e ancora oggi non del tutto chiara.
Cosa che sottolinea Gandi: “In 17 anni sono stati fatti 7 processi e 11 sentenze, con 87 giudici – togati e non – impegnati e divisi sul caso. Questo – spiega il vicesindaco – chi ha criticato la scelta di mettere Carlotto alla conduzione di un programma Rai non l’ha detto. Anzi, è stata fatta una ricostruzione della storia troppo approssimativa, assolutamente incompleta e semplicistica. Quella di Carlotto è invece una storia complessa, difficile da capire. E ridurre il tutto a ‘quell’uomo è un assassino’ non è giusto”.
“Con questo non voglio discutere sulle sentenze, non voglio dire che Carlotto è innocente e nemmeno che è colpevole. Solo – continua Gandi – mi sento in dovere di intervenire su una vicenda che è diventata un attacco politico che mi ha irritato. Si è montata una questione senza arte né parte, e anche con una bella dose di incoerenza: qualcuno ha attaccato Carlotto in quanto pregiudicato assunto in Rai e poi, pochi giorni dopo, si è detto entusiasta del ritorno di un altro pregiudicato sulla scena politica, sostenendo che potesse guidare un partito e, addirittura, una Nazione. In altre parole: la riabilitazione post-sentenza va bene solo per qualcuno”.
Chiaro il riferimento a Silvio Berlusconi e all’attacco al giornalista fatto dalla senatrice di Forza Italia Alessandra Gallone (leggi QUI): “Questo garantismo a fasi alterne non mi sta bene – attacca ancora il vicesindaco di Bergamo -. Carlotto è un pregiudicato e non può lavorare in Rai mentre Berlusconi, nonostante la condanna, potrebbe guidare il Paese. Non è giusto questo. Stiamo parlando di due reati diversi, d’accordo, ma questo è un garantismo di parte: per alcuni sì, per altri no”.
Infine una considerazione, doverosa, per i familiari di Margherita Magello, la 24enne uccisa con 59 coltellate il 20 gennaio 1976, delitto per il quale Massimo Carlotto fu condannato in via definitiva a 18 anni di reclusione (dei quali ne scontò 6, prima della grazia arrivata nel 1993): “Purtroppo questa vicenda è diventata politica – spiega Gandi -, ma non ci si deve dimenticare del dolore della famiglia di Margherita, per la quale nutro un grandissimo rispetto”.
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