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L'intervista

“La mia Foppa mancherà ai bergamaschi come una moglie che se ne va di casa”

Il patron del club rossoblù ospite di Bergamonews: "Nessuno si è fatto avanti, oggi come oggi il Volley Bergamo è destinato a scomparire. In questi anni Gori è stato l'unico sindaco che mi ha aiutato veramente"

Quando Luciano Bonetti parla del Volley Bergamo i suoi occhi s’illuminano.

Potresti restare ore ad ascoltarlo: di aneddoti sugli allenatori passati e sulle giocatrici che hanno fatto la storia del club rossoblù ne ha a bizzeffe, da Marco Fenoglio (“Era matto, ma quando vinse lo scudetto nel 2005 lo portai, come gli avevo promesso, ai Caraibi con me”) a Francesca Piccinini (“Era l’unica che poteva dare del tu a mio suocero Ezio”).

Il suo entusiasmo è contagioso, ma alla fine – ed è inevitabile – racconti, ricordi e storie di trionfi prendono una piega triste e malinconica: quel sogno chiamato Volley Bergamo, ad oggi, sembra proprio destinato a finire. “Questo perché nessuno si è fatto avanti in tutti questi mesi – attacca Bonetti -, da quando ho dichiarato apertamente che la stagione 2017-’18 sarebbe stata l’ultima con la famiglia Foppa Pedretti al comando non ho ricevuto chiamate di imprenditori interessati al club”.

Perché, secondo lei, nessuno è disposto a rilevare la società?
“Non lo so, faccio fatica a spiegarmelo. A chi si farà avanti non chiederò soldi, solo la responsabilità di portare avanti quello che noi abbiamo fatto in 25 anni”.

Potrebbe essere che l’eredità della sua famiglia, che in 25 anni ha vinto tanto, stia spaventando dei possibili compratori?
“Forse, ma non mi sembra una scusa accettabile per far cadere così il lavoro che abbiamo fatto in questo quarto di secolo”.

Magari vuole approfittare di questa intervista per fare un appello.
“No, non è nel mio stile. Io le cose le ho dette, sono stato chiaro mesi fa. Ora non voglio andare a chiedere la carità agli imprenditori bergamaschi che potrebbero prendere il mio posto”.

Teme che la gloriosa storia del Volley Bergamo possa scomparire?
“Adesso sì. In estate, dopo l’annuncio della mia uscita di scena, un pizzico di ottimismo sull’arrivo di qualcuno che potesse portare avanti questo lavoro ce l’avevo anche. Ora, invece, ho più di un dubbio”.

Sarebbe un peccato, però, non solo per la storia, ma anche per il fatto che Bergamo sta finalmente per avere un palazzetto dello sport nuovo…
“Ormai è troppo tardi. Ed è un peccato, sì”.

Lei il nuovo palazzetto lo voleva costruire anni fa.
“Ma nessuno mi ha mai preso veramente in considerazione. I progetti che ho portato in Comune sono sempre stati rimbalzati, la destinazione di quel palazzetto che io volevo costruire ha fatto il giro dell’intera città. Evidentemente interessava solo al sottoscritto, ai tempi. Ho un rimpianto, però”.

Quale?
“Giorgio Gori. È arrivato troppo tardi: lui è stato l’unico sindaco che ha collaborato col Volley Bergamo. Con lui il palazzetto l’avrei costruito”.

Luciano Bonetti

Nessun altro sindaco l’ha veramente aiutata nel suo progetto?
“Bruni è stato forse quello con cui sono andato più vicino alla costruzione del palazzetto a Bergamo, ma purtroppo abbiamo aperto concretamente i discorsi quando il suo mandato stava per finire. E non se n’è fatto niente”.

Perché ha deciso di mollare proprio ora?
“Vi dirò: il progetto iniziale mio e della famiglia Foppa Pedretti prevedeva gli investimenti nel Volley Bergamo per un numero di anni di gran lunga minori di quelli che poi sono stati. Avremmo preso una squadra di A2, che di pretese non ne aveva, e l’avremmo portata in alto in cambio non di ritorni economici ma di grande visibilità per l’azienda. Solo per qualche anno, però”.

E invece?
“Invece il giocattolo a me e alla famiglia Foppa Pedretti è piaciuto sempre di più, il progetto in pochi anni ha portato risultati clamorosi e, soprattutto, un seguito strepitoso: prima del nostro arrivo i bergamaschi andavano ‘solo all’Atalanta’ la domenica, noi invece abbiamo compiuto l’impresa di inventare anche il ‘vado alla Foppa’. Mi sembra quasi incredibile”.

Com’è cambiato il progetto-Foppa negli anni?
“Quando ci siamo accorti di cosa stavamo facendo, ovviamente, abbiamo capito che saremmo andati avanti ancora, non potevamo abbandonare un giocattolo così bello e così vincente. Abbiamo però abbassato il tiro, e negli ultimi anni abbiamo chiesto un appoggio ad altri imprenditori per mantenere il Volley Bergamo in alto, dove merita di stare”.

Ma di aiuti ne sono arrivati sempre pochi, non è vero?
“Sì, sempre troppo pochi. E oggi il mondo è cambiato, non è più come 25 anni fa quando ci siamo tuffati in questa bellissima avventura”.

Luciano Bonetti

Bergamo rischia di perdere un gioiello.
“E i bergamaschi si accorgeranno di non avere più la Foppa quando sarà troppo tardi, come quando trascuri la moglie e ad un certo punto ti accorgi che se n’è andata di casa. E ti manca”.

Cosa farà poi Bonetti del suo tempo libero?
“Farò il nonno, ho tante nipotine che mi aspettano. Ma spero anche di poter fare il tifoso del Volley Bergamo: se arriverà qualcuno a portare avanti il club io la domenica sarò il sostenitore numero uno”.

Quanti ricordi ha di questi 25 anni?
“A migliaia. Potremmo restare a parlarne per ore”.

Luciano Bonetti

L’allenatore al quale è rimasto più legato?
“Marco Bonitta è stato quello che mi è piaciuto di più, qua a Bergamo ha fatto un grandissimo lavoro. Ma dico un altro Marco, Fenoglio: era un pazzo, dovevi sempre stare attento a quello che s’inventava. Ma era anche un vincente: nel 2005 gli promisi che se avesse vinto lo scudetto l’avrei portato con me alle Maldive; lui vinse e si presentò a casa mia con le valigie fatte”.

Domanda da un miliardo di euro: la miglior giocatrice che ha avuto in questi 25 anni?
“Di fortissime ne ho avute così tante che non potrei sceglierne solo una. Maurizia Cacciatori è stata un’icona del volley italiano, Leo Lo Bianco aveva due cristalli al posto delle mani, Angelina Gruen è stata una professionista esemplare: la prima ad arrivare agli allenamenti e l’ultima a uscire dal campo. E Francesca Piccinini è stata semplicemente la Picci”.

È impossibile non avere un debole per la Picci, sportivamente parlando.
“Ha scritto la storia del Volley Bergamo, non potrebbe essere altrimenti. Pensate che lei era l’unica che poteva dare del tu a mio suocero Ezio. Questa ragazza ha anche rinunciato a dei soldi pur di continuare a indossare la nostra maglia”.

Perché l’addio nell’estate del 2012?
“Perché era arrivato il momento di separarsi, per il bene di tutti. Ma sono convinto che lei, se avesse potuto, sarebbe rimasta ancora”.

Quest’anno la Foppa si salva, non è vero?
“Non avrei mai creduto di chiudere con un’annata così difficile. Ma non voglio nemmeno pensare a una retrocessione: vedrete che col recupero di tutte le nostre big ci risolleveremo in fretta, come sta accadendo”.

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