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Vita tra i banchi

Cosa è il revenge porn? E quali sono le sue conseguenze?

L'articolo di Chiara Secchi, studentessa anno 2000 dell'Isis Mamoli, pubblicato su "Voci di corridoio", il giornalino della scuola

Ogni mese (o quasi) i giornalini scolastici pubblicano interessanti e bellissimi articoli, ma che, purtroppo, rimangono tra le mura dell’Istituto che lo ospita. Noi vogliamo dare voce a questo mondo inascoltato.

Il revenge porn è l’espressione con cui si indica la pubblicazione sul web di foto o video molto intimi ed espliciti, a scopo di vendetta. Spesso accade che la diffusione di un certo tipo di immagini o video pornografici venga utilizzata come strumento di vendetta o ricatto nei confronti di vittime. La vendetta pornografica è l’esempio più estremo di come, a volte, le nuove tecnologie vengano utilizzate con l’unico scopo di esercitare potere e controllo.

Sempre più numerose sono le vicende di cronaca che vedono protagoniste giovani donne che, senza aver espresso alcun consenso, scoprono online proprie immagini intime divenute virali. Si tratta di episodi gravissimi, che hanno ripercussioni a livello psicologico inimmaginabili, spingendo in alcuni casi le vittime a gesti estremi. Il caso più recente è quello di Michela ,una ragazza di soli 22 anni. La sua vita si è fermata nella notte tra il 4 e il 5 novembre. Da lì si ricomincia per ricostruire una storia terribile, con tante ipotesi e mille dubbi. Ma una certezza: Michela aveva paura, si sentiva in pericolo. Venne ricattata e minacciata per qualcosa che a un certo punto è diventata un peso insopportabile. Le ipotesi circolano e si incrociano, così pure il numero delle persone coinvolte (tre o quattro). E poi gli strumenti: i video (due) che appartengono alla sua sfera privata. L’inchiesta aperta per istigazione al suicidio presto potrebbe avere i primi iscritti nel registro degli indagati. La fase è delicatissima. Michela è solo l’ultima di una serie di ragazze che sono arrivate a questo gesto.

In Italia, alla camera c’è una proposta di legge ferma da settembre 2016. Va precisato che il reato NON è filmare o fotografare, è la sua diffusione a creare il danno. Nella proposta si prevede una reclusione fino a 3 anni per la pubblicazione di elementi privati. La politica sembra prendere coscienza sul grave problema che si sta diffondendo rapidamente ma, per arrivare alla sua conclusione bisognerà aspettare il 2018. Effettuando un sondaggio nella nostra scuola sono emersi dei dati abbastanza preoccupanti: il 50.5% dei votanti non ha mai sentito parlare di revenge porn. La maggioranza delle persone che lo conoscono hanno avuto l’occasione di conoscerlo tramite i social network e solo il 28.7% attraverso i quotidiani/telegiornali. Riguardo le ipotesi su come poter interrompere questo fenomeno ce ne sono state varie, tra cui due di pensieri opposti: “usare di più il cervello, non è solo colpa di chi filma” oppure “ educando al rispetto e non emarginando le vittime come spesso accade, ma al contrario offrendole sostegno sia morale che concreto da parte di specialisti…”.

Qual è, per la nostra società, il modo più opportuno di continuare?

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