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Arte

La mostra

Il sacro e la “mostruosa meraviglia”: il coccodrillo di Ponte Nossa incontra il Cavagna fotogallery

Al via il prossimo 9 febbraio l'esposizione "Visioni, apparizioni, miracoli" con undici grandi tele di fresco restauro e la "mostruosa meraviglia".

Il coccodrillo di Ponte Nossa, conservato nel santuario di Santa Maria Annunciata, rischia di essere l’elemento di maggior sorpresa dell’imminente mostra dedicata a Giovan Paolo Cavagna, al via il prossimo 9 febbraio al Museo Bernareggi. La “lucertola marina”, com’era anticamente chiamata, ha già conquistato le prime pagine dei giornali per il suo passaggio ai raggi x nella clinica S. Francesco di Bergamo. Ed è destinata ad alimentare la curiosità per la mostra “Visioni, apparizioni, miracoli”, incentrata sulla pittura del Cavagna e il senso del sacro e del mistero in età controriformistica.

Da sempre quello che crea sconcerto e meraviglia, attrae e seduce. Il “monstrum” in questione – inteso come portento sbalorditivo e “orrendo” al tempo stesso – va a incrociare il senso teatrale della visione e l’afflato mistico e miracolistico del sentire religioso dell’epoca del Cavagna, tra secondo Cinquecento e Seicento. Un’epoca di drammatiche contraddizioni, tensioni spirituali e di irriducibili dibattiti teologici che si riflettono nell’iconografia religiosa e, più largamente, in un clima culturale estremamente attento alla sensibilità e alla dottrina dell’autorità ecclesiale.

È questo il trait-d’union tra i dipinti del pittore bergamasco selezionati per la mostra e “la mostruosa meraviglia”, ovvero il rettile imbalsamato, voluta dal curatore Simone Facchinetti a integrazione del progetto espositivo.

In mostra, fino al 6 maggio, undici grandi tele di fresco restauro di Giovan Paolo Cavagna e, appunto, il coccodrillo del Nilo proveniente da Ponte Nossa.

“Si tratta della terza edizione del progetto di restauri avviato nel 2015 con l’evento ‘Dall’oro al cielo’, proseguito nel 2016 con il percorso su Giovan Battista Moroni e il dettato tridentino – precisa Fabrizio Rigamonti, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della diocesi di Bergamo. Il compito di questa mostra è tentare di rappresentare il linguaggio attraverso cui una precisa epoca storico-artistica ha tradotto le forme della fede di quella stagione. È un vero e proprio affondo sull’evoluzione eccezionale di quel momento storico, ma per evitare il rischio di una proposta di sapore retrospettivo o archeologico, sarà interessante considerare in quali termini queste opere, qui riproposte e ristudiate, sono capaci oggi di suscitare nutrimento spirituale per l’uomo contemporaneo”.

“L’iniziativa presenta importanti valori aggiunti – sottolinea Giuseppe Giovanelli, presidente della Fondazione Adriano Bernareggi – che la rendono un evento di ampio respiro: alla salvaguardia si accompagna l’aggiornamento degli studi sul pittore di cui si rende conto nel catalogo dell’esposizione. Cavagna è uno straordinario interprete del suo tempo: la mostra sarà l’occasione per interrogarci sul messaggio che ha voluto darci”.

Grande soddisfazione da parte di Angelo Piazzoli, segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco che ha reso possibile i restauri delle opere esposte. “Il progetto ‘Grandi restauri’ della fondazione ha consentito in dieci anni presso la nostra sede il recupero e la valorizzazione ad oggi di 75 quadri, di cui il 95% sono opere della Diocesi di Bergamo. Nel catalogo il mio intervento porta un titolo provocatorio, Non solo Lotto, a significare che non ci piace solo ‘vincere facile’ come qualcuno ha affermato, ma teniamo a riscoprire anche figure dimenticate o meno conosciute. Se per qualcuno Cavagna è ‘un minore’, le opere qui proposte sono invece di grandissimo rilievo. Tra gli artisti negletti in terra natale, nel 2017 siamo intervenuti su dipinti di altri validi bergamaschi, Andrea Previtali ed ora Francesco Capella”.

“Cavagna riserva grandi sorprese – promette Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione Bernareggi – Le sue opere si pongono alla congiunzione tra cultura artistica e tradizione spirituale e teologica. La nostra terra offre un’epopea gloriosa di incontro tra arte e fede, ma sono ricchezze spesso in ombra: compito del Museo diocesano è metterle in luce, riscoprire, segnalare e studiare questi tesori. Il coccodrillo che fa la sua comparsa in modo eccentrico in mostra ci fa riflettere sulla complessità del senso del meraviglioso, allora ed oggi”.

“Il titolo della mostra, che riprende l’Effemeride di Donato Calvi, vuole mettere a fuoco alcuni temi centrali della controriforma – chiarisce il curatore Simone Facchinetti – Il decreto tridentino rilancia il culto delle reliquie e dei santi: nelle opere selezionate ricorre il tema della visione e del miracolo, attraverso le figure di San Diego d’Alcala, San Rocco, Sant’Alessandro, i Santi Fermo, Rustico e Procolo”.

“Lo stesso Cavagna è un testimone coinvolto in prima persona, in quanto risulta nella lista dei miracolati scritta a quel tempo da Calestino Colleoni secondo cui il pittore sopravvive a una febbre quartana grazie ai suoi dipinti devozionali. Nel ‘Miracolo dell’acqua dell’arta dei Santi Fermo, Rustico e Procolo’ è forse da individuarsi la figura dello stesso Cavagna nell’anziano in basso a sinistra. La mostra ci racconta di un Cavagna pittore molto sicuro di sè – prosegue Facchinetti -, capace di imitare la maniera di altri grandi il cui stile al tempo era particolarmente apprezzato, come il Moroni o Paolo Veronese. Tanto che di una sua tela gli eruditi, nonostante la firma, disputarono a lungo la possibile attribuzione al Moroni. E in effetti di quest’ultimo il Cavagna fu degno erede, se è vero che il vuoto che lascia alla sua morte il Moroni nel 1580 viene coperto dal Cavagna, che era talmente sveglio e capace da entrare perfettamente nella sua scia e produrre opere che per gli eruditi del Sette-Ottocento diventano un rebus irresolubile”.

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