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Arte

Grandi maestri

Epifania, i Magi nelle opere d’arte: gli stranieri, altri tra noi

La nostra critica d'arte, Stefania Burnelli, ci accompagna alla scoperta dell'adorazione dei Magi nelle tele dei grandi maestri.

“Noi siam i tre Re venuti dall’Oriente ad adorar Gesù […] Or noi riandiam ai nostri paesi da cui venuti siam. Ma qui ci resta il cuore in braccio al Signore, in braccio a Maria e al Bambin Gesù”.

Il “Canto della Stella” di Premana, in provincia di Lecco, racchiude in poche battute tutta la ricchezza di tradizioni e storie millenarie della cristianità, fatte di desiderio di conoscenza e di rivelazione, di rispetto e di mistero.

Oggi più che in altre epoche l’interpretazione dei magi nelle celebrazioni dell’Epifania è l’occasione per ragionare anche sulla presenza dello “straniero” tra noi. Non solo i magi – sacerdoti? dignitari? astrologi? re? – ma anche i figuranti del corteggio nella rappresentazione della santa festa, spesso truccati in foggia e incarnato “mediorientale”, sono figure “altre”, emissari da e per l’altrove di un messaggio di pace e fratellanza, di riscatto e di salvezza.

La tradizione dei magi – che una fonte altomedievale vuole originari di tre diversi continenti (Europa, Asia, Africa) perché regnanti su Persiani, Indiani e Arabi – con il suo straordinario carico simbolico di incontro tra popoli nel riconoscimento del vero Dio, ha goduto nei secoli di una eccezionale fortuna artistica, in particolare nella rappresentazione della natività e del presepe.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Borlone

In Bergamasca sono molte le occorrenze del tema, con punte di particolare interesse a Clusone, nell’Adorazione dei Magi di Jacopo de Buschis detto il Borlone (1470) sulla pareti interne dell’Oratorio dei Disciplini, di raffinata e arcana compostezza, a Gorlago l’olio su tela del Moroni nella Parrocchiale di S. Pancrazio, dove l’adorazione si raccoglie in un’architettonica scenografia alla presenza di Santa Lucia, ad Alzano Lombardo (Museo d’arte sacra della Parrocchia di San Martino) dove la sontuosa tela di fine ‘500 di Gian Paolo Cavagna restituisce nella studiata simbologia la forza e la seduzione del Mistero.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Moroni
Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Cavagna

Oltre che per la pregnanza simbolica, il tema dell’Adorazione dei Magi ha avuto lunghissimo corso nella storia dell’arte per l’opportunità che offriva agli artisti di inserire nella Santa Natività episodi secondari e personaggi aggiuntivi, dando così spazio anche alla committenza.

Nell’impossibile sintesi di autori e capolavori, una menzione indiscutibile merita Giotto, il genio della nostra modernità figurativa: nella Cappella degli Scrovegni di Padova è lui il primo a darci una rappresentazione realistica dell’astro di Betlemme, nella forma della Cometa di Halley direttamente osservata al passaggio nel 1301; così come è lui il primo a cogliere, al di fuori di ogni fissità di matrice bizantina, il realismo dei personaggi e dei dettagli architettonici, nonché il gustoso naturalismo dei cammelli, della postura degli angeli, degli sguardi intrecciati dei protagonisti della sacra scena. I tre magi di Giotto portano l’aureola di santità, forse per il loro nobile atto di riconoscimento e omaggio al bimbo divino.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Giotto

Dopo il maestro fiorentino, l’iconografia dell’adorazione si standardizza privilegiando la disposizione frontale degli alti dignitari e la composizione orizzontale della scena. Fino alla svolta compiuta da Sandro Botticelli, la cui Adorazione del 1475, d’intonazione quasi fiabesca tra le rovine di un tempio classico, ha una struttura piramidale, con la sacra famiglia frontale ed i magi inginocchiati di spalle.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Botticelli 

Considerato dalla critica il suo primo capolavoro, è a tutti gli effetti un quadro “politico”, che unisce la cronaca rinascimentale alla storia religiosa: Botticelli vi traccia una sorta di albero genealogico della famiglia dei Medici, con i Magi ritratti nelle fattezze di Cosimo il Vecchio e dei suoi figli Piero il Gottoso e Giovanni, e gli astanti nei panni dei figli di Piero, Giuliano e Lorenzo il Magnifico. In primo piano, in assoluta evidenza nella ressa dei convenuti, vestito d’un mantello ocra e giallo è lo stesso Botticelli trentenne: un’autorappresentazione di tutto prestigio, che gli certificava la fama in Italia aprendogli la strada per Roma.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Il “secolo d’oro” della nostra arte registra, qualche anno dopo, la vera rivoluzione di Leonardo da Vinci: il tema dell’Adorazione, nella tela incompiuta del 1481 oggi conservata agli Uffizi, non è più la narrazione di un evento accaduto, è piuttosto una rivelazione che sconvolge le coscienze, una epifania della natura divina del bambino che tocca l’anima degli astanti e insieme turba e interroga chi guarda. Il Bambin Gesù è colto nell’atto di benedire, che ne svela il destino, mentre ogni figura ruota attorno a Maria, vertice di una piramide alla cui base stanno i Magi. Un’opera enigmatica e moderna, che cerca oltre l’evidenza della storia il profondo senso del religioso e l’intimo sconcerto del sacro.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Masaccio
Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Gentile da Fabriano

Capolavori questi indiscutibili e di chiara fama, cui si possono affiancare altri illustri lavori, da Gentile da Fabriano a Tiepolo, da Masaccio al Perugino a Tintoretto...

Ma esistono anche opere meno note, magari oscure, a volte portatrici di suggestioni toccanti.

Adorazione dei magi nelle opere d'arte dei grandi maestri

Lorenzo Lotto

Chi a Bergamo lo scorso autunno ha visitato la mostra su Lorenzo Lotto e le opere della Santa Casa di Loreto allestita a Palazzo Creberg non può avere dimenticato l’incompiuta Adorazione dei Magi dipinta da Lotto e da un suo discepolo nel 1555, negli ultimi mesi di vita dell’anziano artista. Ritenuta l’opera più modesta del gruppo lauretano per le diffuse incertezze di esecuzione, l’olio su tela (170 x 135) restaurato per l’occasione nei laboratori dei Musei Vaticani unisce il fascino dell’irrisolto e dell’indecifrabile, negli interni privi d’illuminazione degli edifici alle spalle della Sacra Famiglia, alla schietta freschezza dei gesti, quasi sgraziati, delle figure del corteo adorante. Scrive in proposito Vito Punzi, curatore delle mostre promosse dalla Delegazione Pontificia di Loreto e autore delle schede nel catalogo del Creberg: “Tutti personaggi, Gesù in testa, che come in altre opere lottesche, paiono assumere forme e colori in virtù di una luce che è interiore, più che proveniente da fonte esterna. Tutt’altro che umili, i casolari, oltre a ricordare modelli nordici, delimitano uno spazio cospicuo della scena. Uno spazio che è partecipe in qualche modo, a suo modo, dei gesti che i re e le figure fantasmatiche al loro seguito compiono o stanno per compiere al cospetto del Bambino: la prostrazione del primo, con il suo bacio al piede minuscolo di Gesù, che pare suggerire un’autorappresentazione del pittore veneziano, fresco oblato della Santa Casa; l’impeto un po’ impacciato del secondo (colto forse nella forma del depositario e amico bergamasco di Lotto, Agostino Filago) pronto a gettarsi anch’egli ai piedi del Bambino; la disattenzione del terzo, il re mago nero che, ancora lontano dal poter gettare lo sguardo verso Gesù, s’intrattiene con gli uomini del suo seguito. Lasciati i contorni e i colori per lo più deboli, smorzati dei personaggi di questa scena, se si torna con gli occhi sui casolari, si è come tirati dentro, invitati a respirare con lo sguardo quell’interiorità non violata dalla luce. Il cuore di Lotto in forma di oscuro spazio architettonico appena un attimo prima della donazione totale di sé al Bambino, al vero Re”.

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