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Arte

La presentazione

Raffaello a Bergamo: capolavori e ricerca per capire un artista geniale

Presentata in Triennale la mostra "Raffaello e l'eco del mito", che aprirà a Bergamo il 27 gennaio.

“Non è una mostra su Raffaello, nonostante ci siano sue opere”. E’ qualcosa di più articolato. “E’ una mostra che è un viaggio, il cui ago di direzione è il San Sebastiano della Carrara.” Parola di Emanuela Daffra, co-curatrice dell’imminente mostra “Raffaello e l’eco del mito” (27 gennaio – 6 maggio 2018), presentata ufficialmente alla stampa il primo dicembre in Triennale.

Perché visitarla? “Perché ci sono opere bellissime e anche difficili da vedere in Italia. Perché è costruita con accostamenti parlanti che fanno capire un artista geniale che ha cambiato la cultura visiva europea. Perché è una mostra che si prende cura del visitatore con uno straordinario allestimento. Perché consente al visitatore di mettere sulla stessa linea di mira l’occhio, la mente, il cuore”. Così, un quadro come il “Ritratto di Elisabetta Gonzaga“, in prestito dagli Uffizi di Firenze, pone per la prima volta il San Sebastiano della Carrara sullo sfondo della straordinaria corte di Urbino. Dove la bottega del padre di Raffaello Giovanni Santi, pittore, intellettuale, poeta, fu un riferimento imprescindibile, “un tramando fondamentale”, tanto che Raffaello a Firenze si firmava “urbinate e figlio di Giovanni Santi”.

Tredici i capolavori di Raffaello in mostra, dalla “Madonna Diotiallevi” di Berlino alla “Croce astile dipinta” del museo Poldi Pezzoli, al “Ritratto di giovane” di Lille. Con Raffaello più di trenta artisti disegnano un inedito percorso dal rinascimento ai nostri giorni: da Pintoricchio a Luciano Fabro, da Perugino a Giorgio de Chirico, da Signorelli a Pablo Picasso, da Giovanni Santi a Christo. Sessanta opere raccontano la formazione del genio urbinate, la trama delle sue relazioni, la fortuna del suo mito nell’Ottocento e la sua eco nella contemporaneità.

“E’ una mostra che sposta capolavori assoluti” sottolinea l’altra curatrice Maria Cristina Rodeschini “e che ricostruisce cicli pittorici che in Europa non si sono mai visti: questa è un’occasione unica per rivederli insieme”. Infatti si ricompongono a Bergamo tre parti della “Pala Colonna” (dal Metropolitan di New York, dalla National Gallery di Londra, dall’Isabella Stewart Gardner di Boston) e tre componenti della “Pala del beato Nicola da Tolentino” (dal Detroit Institute of Arts e dal Museo di Palazzo Reale di Pisa).

Qual è la scommessa di questa mostra? Rodeschini non ha dubbi : “Coniugare ricerca e grande pubblico. Il progetto è ricco e godibile, colto e innovativo”. E, soprattutto, non è un format “di cassetta”. “Era nostra convinzione confezionare un progetto che fosse di peso culturale e fondato su presupposti non scontati. Ci siamo riusciti. Le regole per questa mostra? Promuovere una nuova ricerca, grazie a un comitato scientifico d’eccellenza; proporre accostamenti che consentano un’esperienza unica; rendere la mostra accessibile a tutti”.

Vanno in questa direzione anche le conferenze che stanno già preparando la città a Raffaello (ancora tre in calendario: il 4 e l’11 dicembre, il 15 gennaio). “La bontà del lavoro svolto – ribadisce Rodeschini – è provata anche dal sostegno ricevuto dalla istituzioni museali più importanti del mondo: chiedere ai musei opere di Raffaello è stato in alcuni casi difficilissimo. Ma visionando il progetto hanno risposto con grandissima generosità”.

Promette un’esperienza immersiva nel mito d’autore anche Giacinto di Pietrantonio, co-curatore dell’evento nello specifico per la sezione contemporanea. Tra l’altro la mostra che è dell’Accademia Carrara si farà in Gamec, l’istituzione da lui guidata per 18 anni.

Riapre l'Accademia Carrara con i suoi capolavori

Come affrontano Raffaello gli artisti del nostro tempo? “Raffaello è la punta massima del rifiuto per l’antico da parte della modernità. Il Novecento è il secolo dell’antigrazioso, del rifiuto del classico. Raffaello è l’artista della bellezza, i santini delle chiese sono la volgarizzazione delle sue madonne”.

E allora di lui che cosa recuperano i contemporanei? La risposta non è semplice, se è vero che Picasso, il padre della contemporaneità, dopo la sua visita alle meraviglie di Roma dirà che l’unico artista che gli interessa è Raffaello, il suo segno e il suo disegno. “Il ritratto è la cifra che l’arte contemporanea utilizza per riprendere Raffaello”, precisa Di Pietrantonio. “Per esempio Mariella Bettineschi gioca con lo sguardo della Fornarina, Francesco Vezzoli e Salvo si autoritraggono nella foggia dell’urbinate, Carlo Maria Mariani nella Costellazione del leone rappresenta se stesso al centro di una conversazione di figure come fa Raffaello nella Scuola di Atene col suo sguardo che “buca la tela” verso di noi.”

Non manca in mostra un’opera commissionata ad hoc, di Giulio Paolini: si tratta di uno studio ispirato al San Sebastiano che verrà esposto nella sala 4 della Carrara, a “colmare il buco” lasciato dall’opera di Raffaello accolta in Gamec.

Per il Sindaco Giorgio Gori la mostra, “il primo grande impegno produttivo di Accademia Carrara”, è figlia anche delle relazioni tessute dall’istituzione museale cittadina negli anni della chiusura: “Questa è una fase di raccolta di ciò che si è seminato, ci sono dieci prestatori internazionali e 21 italiani. La Carrara con questo evento fa uno scatto in avanti e dà un contributo scientifico su Raffaello importante e inedito”.

“Una mostra che dà valore al territorio e che darà riconoscibilità internazionale a Bergamo” assicura l’assessore alla cultura Nadia Ghisalberti. “Il cuore dell’esposizione è il periodo giovanile di Raffaello. Il San Sebastiano, che è il vero motore di questo forte progetto scientifico, offre anche preziosa testimonianza del gusto raffinato del collezionismo bergamasco”.

Una “grande idea”, insomma, un avvio di interesse alle celebrazioni del 2020 per i 500 anni dalla morte dell’artista.
Non ultimo, l’allestimento e grafica della mostra – a cura di De8 Architetti con Felix Humm e Gigi Barcella – si profilano originali: iuta, gesso, pigmenti saranno i materiali poveri che configureranno gli ambienti Gamec e segneranno il ritmo dell’esposizione.

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