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Il discorso

Papa Francesco: “Non fare nulla di male non basta. Bisogna fare il bene”

Lo dice nella Messa in San Pietro nella prima Giornata mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2017.

Molti cristiani pensano e dicono, anche in confessione: «Non faccio nulla di male». Sperano così di meritare il Paradiso. Papa Francesco, invece, ricorda: «Non fare nulla di male non basta. Bisogna fare il bene. Il male del servo malvagio del Vangelo di Matteo (25,14-30) è che non fa il bene». Lo dice nella Messa in San Pietro nella prima Giornata mondiale dei poveri di domenica 19 novembre 2017. Partecipano 4 mila diseredati: 1.500 sono ospitati nell’«aula Paolo VI» per il pranzo con Francesco e gli altri nelle parrocchie di Roma.

LOTTARE CONTRO TUTTE LE POVERTÀ
C’è il pericolo «di comportarci come il servo malvagio: Dio non è un controllore in cerca di biglietti non timbrati ma un Padre alla ricerca di figli cui affidare i suoi beni cioè i talenti». Bisogna vincere l’indifferenza «con mani operose e tese verso i poveri, verso la carne ferita del Signore: i poveri sono il nostro passaporto per il Paradiso. Nostro dovere è prenderci cura di loro, che sono la nostra vera ricchezza, non solo dando pane ma anche spezzando con loro il pane della Parola. Amare il povero significa lottare contro tutte le povertà, spirituali e materiali». Ai suoi ospiti Francesco rivolge un cordiale «Benvenuti a tutti, ognuno con il cuore pieno di buona volontà e di amicizia verso gli altri per condividere il pranzo e augurarci il meglio gli uni agli altri. Il Signore benedica questo pasto, benedica coloro che lo hanno preparato, benedica noi e le nostre famiglie, ci dia salute e forza».

NO ALL’ACCANIMENTO TERAPEUTICO NON SIGNIFICA EUTANASIA
«È moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde al criterio di “proporzionalità delle cure”». Francesco, nel messaggio al «World Medical Association», ribadisce la dichiarazione «De euthanasia» della Congregazione per la dottrina della fede del 5 maggio 1980. Il criterio «proporzionalità delle cure» prende in considerazione «il risultato che ci si aspetta, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali» e consente di giungere a «una decisione che si qualifica come rinuncia all’accanimento terapeutico». Ma il no all’accanimento terapeutico non significa eutanasia: «Più insidiosa è la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona».

NON C’È OBBLIGO DI IMPIEGARE TUTTI I MEZZI TERAPEUTICI
Bergoglio elogia i passi avanti della medicina e della scienza che «assumono forme nuove per l’evoluzione delle conoscenze e degli strumenti tecnici. La medicina ha sviluppato una sempre maggiore capacità terapeutica, che ha permesso di sconfiggere molte malattie, di migliorare la salute e prolungare la vita. Oggi è possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare». Gli interventi sono «sempre più efficaci ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche insufficienti ma questo non equivale a promuovere la salute». Pio XII al congresso di anestesiologia il 24 novembre 1957 disse: «Non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili: in casi ben determinati è lecito astenersene». E il Catechismo afferma: «Non si vuole procurare la morte: si accetta di non poterla impedire». L’accanimento terapeutico non è eutanasia «sempre illecita in quanto interrompe la vita e procura la morte».

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