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Maria grazia panigada

“Abbonamenti e rassegne a misura di giovani: input per avvicinare al teatro le nuove generazioni”

Maria Grazia Panigada, direttore artistico dela stagione teatrale al Donizetti, ci offre un’anteprima degli spettacoli, con particolare attenzione al pubblico giovanile

Il Teatro Donizetti è momentaneamente chiuso per lavori: il teatro, quello fatto, di storie, di emozioni, di costumi, di persone in carne ed ossa rimane attivo per la città di Bergamo. La rassegna di prosa e di “Altri Percorsi” 2017/2018 si dividerà tra il Teatro Sociali di città Alta ed il Palacreberg con numerose nuove proposte. Maria Grazia Panigada, direttore artistico della stagione teatrale del Donizetti, ci offre un’anteprima degli spettacoli, con particolare attenzione al pubblico giovanile.

La rassegna di prosa e altri percorsi sono aperti a tutti. Qualcuno è stato pensato per i giovani o che il messaggio giunga a loro?

“Dopo il successo della collaborazione dello scorso anno con il Liceo classico Paolo Sarpi, le rassegne di quest’anno sono state pensate per essere fruite dai più giovani (e non solo): l’idea dell’abbonamento per i ragazzi del liceo è sicuramente un grande input che permettere ai ragazzi di venire agli spettacoli da soli o in compagnia di amici. Per i giovani il teatro è lo sviluppo del senso critico ed assumersi un giudizio, con uno sguardo sviluppato con gli altri. Tra gli spettacoli della rassegna, fa sicuramente al caso nostro “Va pensiero”, spettacolo ideato da Marco Martinelli, il quale ha avuto la brillante idea di portare i ragazzi del coro gli “Harmonici” su un vero palcoscenico: il risultato è la nascita di un linguaggio che arriva subito e che è più curato e prezioso. “Va pensiero” offre agli spettatori una lettura alternativa e moderna del Risorgimento, come nascita dello stato italiano: un’opportunità di riflessione per i giovani che sono il futuro del nostro paese. Meritevoli di essere menzionati sono “Per te”, spettacolo scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca dedicato alla compagna recentemente scomparsa, con i costumi di Giovanna Buzzi, figlia di Gae Aulenti, e recentemente ha vinto gli Oscar della Moda a Los Angeles e “Le cirque invisible” con la poesia di Victoria Chaplin, entrambi spettacoli facenti parte della stagione di prosa. Per quanto riguarda “Altri percorsi”, ci tengo a menzionare “Accabadora”, una coproduzione del Teatro Donizetti, in cui emerge il tema del rapporto madre/figlia, talvolta conflittuale, e del ritorno alle origini”.

Dalle sue parole emerge il grande valore del teatro come anima attiva nella società. Oggi abbiamo un grande bisogno di teatro, ma è anche vero che le rassegne generalmente si chiudono sempre in perdita. È importante investire nell’arte?

“Investire nell’arte e nella cultura è importantissimo. Ovviamente quest’anno, in virtù della chiusura del Donizetti, sarà una fase di passaggio e di sperimentazione, che avrà bisogno di continui assestamenti in fase d’opera. È però anche vero lo scorso anno sono stati coperti tutti i costi della prosa: Bergamo è sicuramente un’isola felice nel panorama nazionale. Sguardi esterno vedono il Donizetti come un gioiello, come una macchina che funziona. L’investimento nel teatro, e nell’arte in generale, è chiaramente una scelta politica nel senso etimologico del termine, perché si tratta di realtà complesse. Per quanto riguarda il mio lavoro al Donizetti, non ho operato scelte in base al nome dei personaggi famosi conosciuti al grande pubblico, ma ho dato rilevanza a spettacoli di un certo livello e di grande qualità. È una scelta che ha portato sempre ad ottimi risultati”.

Qual è stato il suo percorso di studi e lavorativo prima di arrivare al ruolo di direttore artistico?

“Quando facevo orientamento nelle scuole superiori, raccontavo ai ragazzi la mia storia, e li spiegavo quanto lo studio e formazione servissero, ma come per scoprire alcune cose potessero esser scoperte solo attraverso l’esperienza personale. Ho frequentato il liceo scientifico “Filippo Lussana” dopo aver fatto un anno di scuole magistrali perché mi piaceva la matematica, ma all’università ho scelto la facoltà di lettere. Durante gli anni di università ho lavorato molto sul tema del disagio mentale minorile e lì ho scoperto come il teatro potesse esser d’aiuto per questi ragazzi. Ho preparato una tesi sul valore educativo del teatro, che mi ha permesso di guardare con un altro occhio questo mondo e dopo la laurea ho iniziato a lavorare con il professor Cominetti, con cui ha collaborato con attraverso l’università ed il teatro. Ho tenuto il mio primo laboratorio teatrale presso il Pandemonium Teatro di Bergamo e da lì ho imparato molto, anche se in quegli anni ho lavorato anche su altri fronti, come sul tema della rappresentanza studentesca sul quale ho scritto alcuni testi. Dal 2010 lavoro sul teatro legato all’istruzione e nei musei, luogo dove si può intrecciare il vissuto delle persone con il patrimonio pubblico. Nel 2000 ho iniziato a lavorare al Teatro Donizetti come curatrice del settore “Nuovi percorsi” al posto del professor Cominetti, mentre dal 2006 fino a 2010 ho seguito come direttore artistico del teatro e, dopo un intermezzo di cinque anni, sono tornata nel 2015”.

In che cosa consiste il ruolo di direttore artistico?

“Il ruolo del direttore artistico è quello di vedere spettacoli e decidere quali portare in scena. Non tutti i miei colleghi fanno perché è un lavoro impegnativo, in quanto comporta esser in un giro per l’Italia tutto l’anno. A mio parere l’unico criterio per scegliere uno spettacolo è vederli e da lì si instaura anche una conoscenza degli artisti, non solo gli attori, che permette di creare un certo rapporto di affinità e fiducia reciproca con loro sempre nuova, che in alcuni casi permette di visionare in anticipo gli spettacoli oppure di dare loro consigli. Ricevo spesso testi di spettacoli teatrali da analizzare, su cui dare un parere e ciò si può fare solo grazie alla stima che c’è fra noi. Gli artisti talvolta non possono visionare il proprio spettacolo se non attraverso i giudizi della critica oppure attraverso video talvolta mal fatti, a quel punto vengono da me per chiedere un parere. Io sono molto sincera e dico le cose come stanno, anche se non funzionano motivandole sempre. Credo che questa mia sincerità sia fondamentale per il rispetto nei confronti dell’artista che ha bisogno di conoscere cosa funziona o cosa meno, ma anche nei confronti del pubblico stesso”.

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