Massimo Bossetti è un uomo distrutto. Nella sua cella del carcere di via Gleno a Bergamo, dove è rinchiuso dal 16 giugno 2014, ha letto le motivazioni delle sentenza della Corte d’Assise di Brescia che ha confermato la condanna all’ergastolo per il brutale delitto di Yara Gambirasio (LEGGI QUI)
“Si deve ribadire quindi ancora una volta e con chiarezza che un’eventuale perizia, chiesta a gran voce dalla difesa e dall’imputato, consentirebbe un mero controllo tecnico sul materiale documentale e sull’operato del Ris”, ha scritto il giudice Enrico Fischetti. Nelle motivazioni si legge poi che “non vi sono più campioni di materiale genetico in misura idonea a consentire nuove amplificazioni e tipizzazioni” del Dna trovato sul corpo della tredicenne. Ed è per questo che una perizia sarebbe stata un controllo del lavoro dei consulenti dell’accusa e della parte civile.
Nel pomeriggio di martedì 17 ottobre uno dei suoi due avvocati difensori, Claudio Salvagni, è andato a fargli visita. “Sono andato a trovare Massimo per parlare delle motivazioni della sentenza di condanna – racconta il legale nel corso della trasmissione “Lombardia Nera”, in onda su Antenna 3. – Lui aveva seguito tutti i telegiornali e avuto notizie delle motivazioni solo dalla stampa. Era sconvolto da quanto aveva letto e sentito. La prima cosa che Massimo mi ha detto è: “questa è una sentenza malvagia, che non sta né in cielo né in terra”.
“Bossetti – prosegue Salvagni – è veramente distrutto e mi ha detto: “non sono io, non sono la persona descritta in quella sentenza, non mi riconosco nella descrizione che viene data di me”.
Ho trovato Massimo devastato, a mio parere è un uomo sull’orlo del baratro, ho percepito la sua grande fatica ad andare avanti giorno dopo giorno. E’ stata dura anche per me leggere queste motivazioni, dal punto di vista professionale sono deluso. In ogni caso sono certo che la Cassazione ribalterà questa sentenza incredibile”.
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