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“Le Mura di Bergamo patrimonio dell’Unesco”: la vera storia a Toolbox

A raccontare questa storia così affascinante quanto drammatica è stato il professor Osvaldo Roncelli che, nel corso dell’iniziativa della CGIL Bergamo “24h Toolbox”, ha presentato l’incontro “Le Mura di Bergamo patrimonio dell’Unesco”

Le Mura Venete sono senza dubbio uno dei simboli più rappresentativi di Bergamo e senza di esse la parte alta della città perderebbe parte di quel fascino che in gran parte del mondo ci invidia. Un’opera architettonica di magnifica bellezza, tant’è che recentemente sono state inserite nella lista dei patrimoni dell’umanità a cura di Unesco, ma tale bellezza nasconde dietro di sé storie al limite della tragedia. A raccontare questa storia così affascinante quanto drammatica è stato il professor Osvaldo Roncelli che, nel corso dell’iniziativa della CGIL Bergamo “24h Toolbox”, ha presentato l’incontro “Le Mura di Bergamo patrimonio dell’Unesco”.

Per comprendere la storia delle nostre mura, occorre partire dalla situazione che coinvolgeva la nostra città nel corso del Cinquecento. Bergamo faceva parte della Repubblica di Venezia, stato oligarchico esteso dall’Adda al mar Adriatico e circondato dal Sacro Romano Impero e dal Ducato di Milano in mano agli spagnoli e dallo Stato della Chiesa; e si trovava sul confine occidentale della Serenissima, luogo particolarmente delicato ed esposto a possibili attacchi stranieri.

All’inizio del Cinquecento, con l’espansione dei mercati iberici in Asia ed in America, Venezia si trovò in grave difficoltà e fu attaccata più volte dalle truppe della Lega di Cambrai, lega militare composta da Francia, Sacro Romano Impero, Spagna e papato per fermare l’espansione territoriale della repubblica lagunare. Fra il 1509 ed il 1515 Bergamo fu assediata e saccheggiata per dodici volte, con il Castello di San Vigilio, principale fortezza della città, conquistata e posseduta per un anno dalle truppe spagnoli. Grazie alla diplomazia la Repubblica di Venezia riconquistò i territori persi, ma la nostra città rimaneva particolarmente vulnerabile e necessitava di ulteriori fortezze.

Protetta a nord dalle Alpi Orobie, a sud dal Fosso Bergamasco, a est dal fiume Oglio e ad ovest dal corso dell’Adda, la perla della Serenissima era difesa dalle deboli mura medievali poste a contorno della parte più alta della città, dalle Muraine che, scendendo da Borgo Canale verso Borgo San Leonardo, riparavano gran parte del capoluogo lombardo; dalla Rocca e dal Castello di San Vigilio. Troppo poco per difendersi dai tentativi di conquista delle truppe straniere, così che la vicenda della protezione di Bergamo divenne uno dei temi più dibattuti al Senato veneziano.
Negli anni Trenta il capitano Della Rovere propose di costruire una cinta muraria che proteggesse tutto l’abitato bergamasco, ma l’istituzione di Palazzo Ducale la respinse, preferendo in seguito la proposta ristretta del marchese Sforza Pallavicino. Una proposta lanciata nel 1560, con un costo previsto di 100.000 ducati per circa due mesi di lavori e la demolizione di alcune case nella zona di Borgo Canale e Sant’Agostino, ma le cose andarono diversamente. Fra il luglio e l’agosto 1561 la proposta di Sforza Pallavicino venne accettata ed i lavori partirono, nonostante le proteste dei rettori bergamaschi e le manifestazioni portate avanti dalla popolazione. Ad andare distrutte furono la Cattedrale di Sant’Alessandro, che custodiva le reliquie del santo patrono, la chiesa di Santo Stefano con il suo convento, oltre a 200 abitazioni poste nella zona.

A differenza di quanto prospettato all’inizio, i lavori si conclusero solo nel 1588 e costarono 1.000.000 di ducati d’oro, dividendo Bergamo in due, fra la parte alta rinchiusa nelle mura ed i borghi storici nella parte bassa isolati. Città Alta, come venne definita da quel momento la parte di Bergamo costruita sui colli, divenne un centro militare inespugnabile staccato dal resto dell’abitato cittadino attraverso una zona inedificabile a ridosso delle mura, mentre la popolazione cercò rifugiarsi in quella zona, non crescendo più rispetto al passato per via dell’impossibilità di costruire nuove abitazioni.

Nel corso dei secoli le mura sono rimaste intatte e hanno raggiunto l’attuale fisionomia nel corso dell’Ottocento quando il governo austriaco decise di vendere parte delle fortificazioni bergamasche a privati affinché le distruggessero, per evitare che esse divenissero nascondigli per i patrioti . Gran parte di esse vennero acquistate da privati, mentre il perimetro superiore delle mura venne acquistata dal comune, che creò un viale alberato oggi conosciuto come Viale delle Mura, divenuto nel frattempo un ecosistema particolarmente sviluppato. Nel 1887 la cinta muraria venne forata per la creazione della galleria della funicolare e nel 1908 fu in parte distrutta per la creazione della via di collegamento con Castagneta, ma per il resto le mura venete sono le stesse.
Dopo secoli di difficoltà e tragedie, le mura di Bergamo, assieme alle fortezze di Palmanova, Peschiera del Garda, Zara, Sebenico e Cattaro, fanno parte dei patrimoni dell’Unesco. Oggi le mura sono un monumento di rara bellezza ed è compito delle istituzioni e dei cittadini preservarle e promuoverle.

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