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Lo studio

Scienziata italiana sul Times: suo l’algoritmo che rileva l’alzheimer con 10 anni di anticipo

Una diagnosi precoce significa che i pazienti possono essere seguiti con largo anticipo e hanno più tempo per prepararsi ai cambiamenti di vita necessari.

Lo studio di una scienziata italiana, Marianna La Rocca in prima pagina sul Times. E il motivo è davvero importante: la ricercatrice ha dimostrato come l’intelligenza artificiale sia in grado di riscontrare l’alzheimer dieci anni prima che si manifestino i sintomi. Come? Attraverso un algoritmo capace di individuare le caratteristiche della malattia su una risonanza magnetica meglio di quanto possano fare gli esseri umani.

Secondo il prestigioso quotidiano britannico che peraltro riporta, in quella che è la 24esima giornata mondiale alzheimer (si celebra il 21 settembre) un’intervista della dottoressa La Rocca al settimanale New Scientist in cui afferma che la nuova tecnica ha anche il vantaggio di essere più economica e meno invasiva di altre finora utilizzate, si tratta di una vera e propria svolta.

La squadra di ricercatori dell’università di Bari coordinata dalla ricercatrice La Rocca ha sperimentato l’algoritmo sulle risonanze di 38 pazienti malati di Alzheimer e 29 di individui sani. Successivamente l’esperimento è stato ripetuto su 148 persone, di cui 52 sane, 48 malate di Alzheimer e 48 di pazienti con minori problemi cognitivi che nel giro di dieci anni hanno poi sviluppato l’Alzheimer. L’intelligenza artificiale è riuscita a distinguere le risonanze delle persone sane da quelle malate nell’86% dei casi e nell’84%, dato ancora più significativo secondo gli scienziati, è riuscita a diagnosticare il futuro sviluppo della malattia in coloro che ancora non ne soffrivano.

Sebbene non esista ancora una cura per l’Alzheimer, osserva il Times, una diagnosi precoce significa che i pazienti possono essere seguiti con largo anticipo e hanno più tempo per prepararsi ai cambiamenti di vita necessari. La scienza medica sta investigando se un trattamento anticipato della malattia può ritardarne i sintomi: anche per questo la scoperta dei ricercatori baresi è di grande importanza.

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