• Abbonati
Estate 2017

Diecimila gradini, 4 aerei e 5 capitali: Seba e Claudio alla fine del loro viaggio fotogallery

"Ora si, è davvero finita." Il viaggio di Sebastiano Rota e Claudio Stroppa è giunto al termine e ora è il momento di tirare le somme...siete pronti?

Grande Muraglia Cinese

“本节的长城是不公开”
“This section of the Great Wall is not open to the public”
“Questa sezione della Grande Muraglia non è aperta al pubblico” Così si presenta a noi il tratto di Muraglia in cui John Chang ci ha portati. Insieme a noi sono presenti Corey Dobbins, americano del North Carolina, e Geir Olaffson, islandese residente a Londra. John ci lascia una cartina, ci spiega il percorso da prendere e ci spiega che non siamo illegali. È un percorso duro, chiuso al pubblico ma noi possiamo starci, come non si sa.
Dopo la prima salita il ginocchio si fa sentire: giunge subito il momento di prendere le due pastiglie di Tachipirina. Si, il tragitto è davvero duro, ed inconsapevolmente scegliamo addirittura un percorso che John non ci aveva illustrato. Davanti a noi ci sono pareti da scalare con l’aiuto di corde, non si parla più di orizzontale ma di verticale.

Seba e Claudio: muraglia cinese

Ci chiediamo più volte l’uno con l’altro: “Is this the correct way?”. No, chiaramente non lo era.
Ciò che ci aspetta però è qualcosa che in pochi hanno visto.
La parte della Muraglia non aperta al pubblico offre una visione d’insieme enorme, che fa capire davvero la grandezza dell’opera. Nel frattempo si era creato tra di noi un gruppo affiatato di amici. Ci si ferma, ci si aiuta, scattiamo foto, ridiamo ed esultiamo. Troviamo dopo svariati chilometri altri ragazzi, che avevano compiuto il percorso inverso: un austriaco, un tedesco ed un italiano, Alessandro Tomasi di Modena. Alessandro sta compiendo un qualcosa di epico: il suo obiettivo è fare il giro del mondo in due anni senza aerei. Vi consiglio di dare un’occhiata alla sua interessante pagina, Journey 24.net. Pranziamo tutti insieme al di sopra di una torretta, con la Grande Muraglia sotto di noi. Il tatuaggio che ho sul polso inizia a prudere dall’eccitazione: ho infatti tatuato il mondo, con un omino stilizzato ai sui piedi che va a rappresentare Rousseau ed il suo definirsi “Cittadino del Mondo”.
“Caro Jean Jacque”, pensavo, “forse sono sulla buona strada”.

Seba e Claudio: Muraglia Cinese

Continuiamo il nostro percorso attraverso vespe, altre salite verticali improponibili ed alberi fino ad arrivare alla parte turistica di Miutyano. Decidiamo di prenderci una birra fresca, ed un cartello rosso su di noi svetta con una scritta nera: “I climbed the peak of the Great Wall”. Al nostro rientro John ci guarda stupefatti ma fiero del percorso fatto, dicendoci che la Grande Muraglia bisognava viverla nella maniera in cui avevamo fatto noi e che lui, ormai 50enne, non avrebbe più potuto fare. Ribadisce: “Un passo sbagliato ed eravate giù nel burrone.” Ci fa poi un regalo, ovvero un meraviglioso libro di fotografie di Zhou Wanping. Ognuno di noi pone la firma su quello dell’altro, ci scriviamo una dedica, ci scambiamo i contatti Facebook, ci diamo appuntamento in America, in Islanda, in Italia. Probabilmente non ci rivedremo mai più. Certamente nessuno di noi dimenticherà il 28 agosto 2017, il giorno in cui due italiani, un islandese, un americano, guidati da un cinese originario di Singapore hanno scalato insieme, diventando amici, la vetta Proibita della Grande Muraglia Cinese.

Wulingyuan Park – Montagne Hallelujah

“Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo.”
Romeo e Giulietta, Atto II – Scena II.

Così William Shakespeare nel 1594 descriveva l’essenza delle cose, dissociando il mero nome dall’identificazione totale di un qualcosa. Anche per i treni cinesi vale lo stesso principio. Se prenoti un posto “Hard Sleeper” stai pure certo che sarà Hard fino in fondo, anche senza saperne il nome. E così siamo partiti alla volta di Zhanjiajie, città immersa nel Parco Nazionale più importante della Cina a circa 1600 km da Pechino. Ci siamo arrivati dopo 25 ore di treno in, appunto, Hard Sleeper. Scompartimenti da letti a tre piani per 66 passeggeri in un’unica carrozza, tutti distesi.
Ci ritroviamo a stretto contatto con le bizzarre abitudini dei cinesi: non esiste il parlare sottovoce, quando ti svegli devi fare un urlo per avvisare tutti il vicinato ed alle sei tutti in piedi ad ascoltare il personale di carrozza che illustra giocattoli mobili per bambini. Si, è stato un bel viaggio che se la gioca quasi alla pari con il pullman di qualche giorno fa.
Giunti in città arriviamo all’hotel, ma non siamo soli in camera: scarafaggi grossi quanto metà della mia mano placidi vagano sul pavimento in cerca di qualcosa da assaggiare.
Cambiamo hotel e ci prepariamo alla sveglia delle 05:15.

Glass Bridge

E subito, sbagliamo destinazione. Ci portano al Glass Bridge, il ponte in vetro più lungo del mondo. Per uno che ha come unica paura l’altezza su ponti e scale è stata un’esperienza terrificante. Il canyon tutto sommato non era niente male ma non era la nostra meta prefissata, dove ci arriviamo dopo un’ora di pulmini e pullman. La parte del parco di Wulingyuan è diventata nel 2009 famosa grazie al Kolossal “Avatar” di James Cameron. Fu in questo luogo che vennero presi i fotogrammi per la realizzazione delle montagne Hallelujah, il luogo in cui Jake Sully impara a cavalcare gli Ikran. Ed effettivamente l’ingresso con la funicolare è surreale: tra la nebbia si giunge a 3500 metri d’altezza in un luogo completamente fuori dal mondo. Le montagne scompaiono ed appaiono tra le nuvole in maniera inaspettata, colossi di migliaia di metri nascosti e poi svelati nel giro di alcuni passi. Peccato per la troppa nebbia, che ha dato si quel tocco mistico ma che ha ostacolato enormemente la vista. Non si è scorto neanche per sbaglio un abitante di Pandora, peccato. La stanchezza ora che siamo quasi al termine di quest’epopea però inizia a farsi sentire. Anche oggi abbiamo percorso 19,2 chilometri e siamo saliti di 100 piani esatti. Come si suol dire però, la vista da lassù è stata un qualcosa che ha ripagato qualsiasi sforzo. Questo viaggio ha preso i miei occhi e li ha riempiti di meraviglie.

Montagne Hallelluja

“Ti vedo, Jake Sully!”

“There’s a lady who’s shore, all the glitters is gold, and she’s buying a Stairway To Heaven”

In qualsiasi religione, che sia monoteista o politeista, esiste il concetto di Paradiso. Comune è anche la caratteristica principale di questo luogo di pace: non è assolutamente semplice da raggiungere. Sulla Terra esiste una porta che secondo la tradizione conduce al cielo e si trova in Cina, sulla cima del monte sacro Tianmen.

“And it makes me wonder”
La Porta del Paradiso è un’apertura alta 131 metri, larga 71 e profonda 60. La si raggiunge percorrendo una scala di 999 gradini, numero simbolo di eternità per i cinesi. Per arrivare al monte Sacro abbiamo deciso di utilizzare la funivia più lunga al mondo, con un percorso di 20 minuti circa attraverso le montagne per poi scomparire tra le nuvole.

“There’s a sign on the Wall, but she wants to be sure, ‘cause you know sometimes words have two meanings”
La giornata è nebbiosa e la porta si vede a malapena. Sarà un caso? Inizia pure a piovere, non copiosamente ma vista la pendenza dei gradini si sente eccome, le gocce invadono gli occhi e la testa si deve chinare per guardare la roccia. Nebbia, tanta nebbia, ginocchia che traballano. L’arrivo non si vede, il Paradiso nemmeno.

Montagne Hallelluja

“And as we wind on down the road [..]
To be a Rock and not to roll”
Eppure il giorno in cui partirò per sempre me lo immagino così. Stanco ma con ancora un percorso ripido da percorrere prima del meritato riposo. Fumando una sigaretta sotto la pioggia, con i sandali, uno zaino e la bandana. Ascoltando i Led Zeppelin e nell’avvicinarmi alla meta mimare spavaldo l’assolo di Jimmy Page, sorridendo al giapponese che mi dice “You’re very cool!”.
Ed una volta arrivato alla porta, guardando indietro, non vedere nulla se non nebbia con pochi scalini e nonostante tutto fregarmene. Non servono immagini quando hai tutto il percorso fatto nitido e chiaro in testa.

“And He’s buying a Stairway To Heaven”

Shanghai

La legge di Murphy è un insieme di paradossi pseudo-scientifici a carattere ironico e caricaturale. La legge enuncia: “Se qualcosa può andar male, andrà male” E se l’Hard Sleeper non vi è sembrato abbastanza signori dovreste provare l’Hard Sit. 120 persone in carrozza ammassati su un tavolino per cercare riposo in 21 ore di treno. Che scalpita, tentenna, stenta ad avanzare.
Sono tornato sulla terra, altro che Paradiso.
“Mille anni al Mondo, mille anni ancora
Che bell’inganno sei Anima mia
E che bello il mio tempo e che bella compagnia”

Ed ecco di nuovo uno sbalzo: dalle nuvole al terreno, dal sacro a Gucci. Shanghai. La perla d’Oriente, la città più popolosa al Mondo (la municipalità conta 56 milioni di persone) ci riserva qualche sorpresa: per esempio l’Hotel sulla via principale o il Bound a 150 metri. Decidiamo che sì, dopo nove giorni di treno, steppe, deserti, zuppe e karaoke, è ora di godercela. Allora tra una pagoda ed una banca, tra un triciclo a motore ed il secondo grattacielo più alto al mondo pranziamo bene. C’è l’acqua frizzante, ed è in ciò che capisci i piccoli piaceri che la vita può riservare.
Rispetto a Pechino è un altro mondo. È la metafora della fine di questo viaggio, è il riavvicinarsi all’Occidente, con i suoi pregi ed i suoi difetti. La serata prosegue prima a 565 metri d’altezza, utilizzando l’ascensore più veloce al mondo per raggiungere il punto d’osservazione più alto in assoluto su grattacielo per poi continuare grazie ad Irina, modella russa conosciuta al Flair Rooftop Bar dove si gode di una vista spaziale, al Barbarossa, locale con Narghilè dove incredibilmente dopo poco mi ritrovo a fare il bagno in uno stagno colmo di Ninfee, ovviamente non balneabile.

Ma lo sapevate che le ninfee spinano di brutto?
Ora lo sapete.
Anche le mie spalle ed miei piedi lo sanno, senza contare le mutande che ho dovuto buttare in un cespuglio.

Adoro la vita da Seba.

Seba e Claudio: Shangai

Shanghai – Seconda parte

Passata la nottata di ieri sera, dove non ci siamo assolutamente risparmiati dal dare spettacolo, giunge il tempo di uscire e visitare nuovamente Shanghai. Dopo l’inizio traumatico, con un mal di testa acuto fino al cervelletto ad accompagnare i nostri passi, giungiamo allo Yuyuan Garden. Un dedalo di piccoli vicoli che si snoda tra templi, edifici e pagode per poi riversarsi in giardini con stagni e bonsai. Un luogo di pace e tranquillità, immerso nella natura e in piena tradizione cinese. La situazione cambia poco più in là, nella Old City: schiamazzi, musica dance improponibile e mercanti animano le strade di questa zona caratteristica, dove tra una casa diroccata ed il Bund a vegliare sulle nostre teste ci ritroviamo in una tipica teeria cinese. Una gentile signora ci mostra tutti i procedimenti di preparazione e ci spiega le varie proprietà di tutte le tipologie di tè presenti. Io opto per il Tè del Dragone, una variante del Tè Verde che in teoria dovrebbe ringiovanire e rilassare la pelle.Ne bevo due brocche: se dovesse funzionare praticamente tornerei in forma come ai tempi in cui i cari Jonas Brothers ci deliziavano con “SOS”.

Ci dirigiamo verso il Bund, che non stanca mai nel farsi ammirare. Una folla giunge per il tramonto ed in silenzio aspetta che le luci dei grattacieli si accendano per andare a sostituire il sole appena calato. Di nuovo nella Old Town scopriamo che probabilmente “The Sound of Silence” di Simon & Garfunkel oltre che ad essere una canzone immensamente belle fa crescere meglio i granchi: c’è infatti un negozio di soli crostacei in vasca dove è sparata a tutto volume la canzone del duo americano in versione flautista. Mistico.

Seba e Claudio: Shangai

Domani partiremo per Pechino prendendo l’ultimo treno di questo lungo viaggio che ormai, come il sole dietro lo skyline, sta giungendo al suo termine.

“And the people bowed and prayed, to the neon god they made
And the sign flashed out its warning in the words that it was forming
And the sign said, “The words of the prophets
are written on the subway walls, and tenement halls”
And whisper the Sounds of Silence.”

Ora si, è davvero finita.
Da Shanghai treno veloce per Pechino (Mi è mancato un po’ l’Hard Sit.. No, non è vero), 11 ore di aereo fino a Kiev dove siamo stati 12 ore, talmente sballati dai fusi orari da fare tre pranzi.
È giunto il tempo di tirare qualche somma.
Siete pronti?

Abbiamo preso:
4 aerei
12 pullman
30 metro
6 taxi
6 treni (168 ore, esattamente una settimana)
6 macchine abusive
1 Sancho
1 cavallo
1 jeep
1 pullman notte
2 tricicli a motore
1 Van
6 pulmini
2 traghetti
2 funivie (tra cui la più lunga al mondo)
1 motocicletta
A piedi abbiamo fatto: 578 piani (circa 9248 gradini), percorso 246,5 km, compiuto 375.398 passi.

Per un totale di 13.919,32 km con mezzi di terra. Considerando anche i voli di andata e di ritorno sono 24.178,03 km.

Abbiamo dormito otto notti su dei treni, una in una tipica tenda mongola, una in aeroporto, una su una poltrona, una in pullman e dodici in hotel. Abbiamo toccato cinque stati, attraversati quasi completamente tre, tra sei fusi orari passati più volte. Cinque monete diverse, cinque lingue diverse, cinque capitali ed altre quattro città minori, considerando le fermate dei mezzi quasi un centinaio di centri abitati. Abbiamo scalato fino alle vetta tre montagne, visto tre laghi, tra cui il più grande al mondo, due mari, un deserto, la steppa, la tundra, tre parchi naturali, una meraviglia del mondo moderno, il ponte di vetro più lungo al mondo, il secondo grattacielo più alto al mondo, che al suo interno ha l’ascensore più veloce al mondo ed il punto d’osservazione da grattacielo più alto al mondo. Abbiamo mangiato Noodles, salmone, scorpioni, Yak, zuppa tipica di carne, anatra con funghi e prosciutto dalla dubbia provenienza. Personalmente torno con in meno tante calze, circa 7 kg , un paio di scarpe, un legamento collaterale ed i miei amati Moscot Torno con in più tre tatuaggi, barba, capelli, biglietti di ogni tipo, anticorpi, molte scritte nuove sullo zaino e tante, tantissime persone conosciute, con i loro relativi volti e sorrisi. Tante storie in più da raccontare.

Ora che è finita non sono triste. Negli anni ho imparato ad apprezzare l’effimero che in realtà è l’essenza stessa della vita. Quando finisce qualcosa, sii sempre pronto ad accogliere qualcosa d’altro che potrebbe meravigliarti nuovamente. E tutto ciò lo dedico a te. La dedico te, che ancora oggi dopo 25 giorni stai leggendo ciò che scrivo. Che hai sognato con me, che con un messaggio, un commento, una parola di conforto non ci hai mai lasciati soli. La dedico a te, che forse non ti conosco ma probabilmente hai imparato a conoscermi seppur a pillole. La dedico al mio mondo, a ciò in cui ritorno, a ciò a cui sono legato, a ciò che non sono ancora pronto, e forse mai lo sarò, ad abbandonare.

Con la consapevolezza di essere diventato più grande, ma con la speranza di non dover mai abbandonare gli occhi sorpresi di quel bambino che guardava la videocassetta di Super Quark e che, quando la riguarderà, saprà che non si tratterà solo di un sogno ma di un fantastico ricordo. Perché i sogni si realizzano. A volte serve lottare, a volte serve aggrapparsi al poco che si ha e tirarsi su con il briciolo di forza rimasto nelle spalle, a volte serve caricarsi le ali di responsabilità così grosse da credere di dover precipitare al suolo da un un momento all’altro. A volte serve zoppicare senza un legamento sotto il diluvio di Pechino, serve condividere il posto letto con cinque sconosciuti su un treno sporco all’inverosimile, serve perdere coincidenze, serve ritrovarsi in un bordello in Mongolia a cantare Miley Cyrus. Serve trovare un compagno di viaggio giusto, sia sulla strada che nella vita, perché “Life is a Song, but you’re scare to sing alone”.
Ma alla fine ce la si fa, i sogni si realizzano. Fidatevi di un normalissimo ragazzo di un paesino della provincia di Brescia, ma che in questo momento è il più felice al Mondo.

Alla prossima!
Baci stellari ed abbracci intergalattici

“A chi è come sarei diventato io se per un po’ di paura in meno avessi scelto di non rischiare mai”

viaggiare
Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
Più informazioni
leggi anche
Deserto del Goobi_ Seba e Claudio
Il viaggio
“Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria”: dopo 9000 km Seba e Claudio arrivano in Cina
Ulaan Baatar_ Seba e Claudio
Estate 2017
Da Genghis Khan all’infinita steppa: la Mongolia di Seba e Claudio
Seba e Claudio_ Mosca
Estate 2017
Da Mosca alla Transiberiana: il viaggio di Seba e Claudio nella cabina del leggendario treno
Il viaggio di Seba e Claudio_ San Pietroburgo
Estate 2017
#day2, il viaggio di Seba e Claudio: San Pietroburgo
Il viaggio di Seba e Claudio_ Riga
Estate 2017
Dalla Lettonia alla Cina, il viaggio di Seba e Claudio in 16.000 km
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI