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Il dibattito

Dopo la batosta elettorale, il Pd bergamasco riflette: il confronto Gandi-Carretta

L'ultima tornata elettorale delle amministrative ha visto il Partito Democratico sconfitto, inizia all'interno del partito un confronto. A Bergamo si confrontano due esponenti del Pd, uno renziano e uno no. Niccolò Carretta, capogruppo della lista Gori in consiglio comunale, e Sergio Gandi, vicesindaco di Bergamo.

L’ultima tornata elettorale delle amministrative ha visto il Partito Democratico sconfitto, inizia all’interno del partito un confronto. A Bergamo si confrontano due esponenti del Pd, uno renziano e uno no. Niccolò Carretta, capogruppo della lista Gori in consiglio comunale, e Sergio Gandi, vicesindaco di Bergamo.

LA POSIZIONE DI SERGIO GANDI
Ci siamo svegliati (lunedì) e abbiamo (ri)scoperto che:
– divisi si perde, e anche uniti, se l’unità è contingente e non ha una prospettiva stabile e nazionale;
– esiste una destra e, dunque, anche una sinistra: categorie che in molti davano per superate…;
– un segretario che perde le elezioni può essere criticato, anche se ha vinto un congresso, e invitato a porre rimedio ad una situazione difficile, cambiando linea politica o correggendola;
– se i candidati sono improvvisati o scelti in via residuale e le liste di centrosinistra se ne vanno ognuna per conto suo, non si vince;
– esiste una quantità di elettori delusi di centrosinistra che, non sentendosi rappresentati da nessuno (non solo dal Pd), se ne stanno a casa;
il Pd non gode di ottima salute, ma alla sua sinistra non si vede, al momento, nulla di organico, organizzato, credibile (speriamo di vederlo dopo l’1 luglio);
mancano due ingredienti fondamentali per costruire un centrosinistra unito: la generosità di andare oltre i livori personali, le rendite di posizione e l’amore per se stessi, autoreferenziale; una cultura di governo diffusa, coltivata nell’interesse dei cittadini, pragmatica e animata da sinceri propositi di miglioramento delle condizioni di vita di chi oggi vive i problemi reali sulla propria pelle;
– abbiamo bisogno di riferimenti valoriali saldi (quelli propri della sinistra riformista) e di abbandonare le ambizioni personali come unica ragione del far politica.
Non sono cose originali, per la verità, ma non mi paiono scontate come invece dovrebbero essere, in questo momento.

LA POSIZIONE DI NICCOLO’ CARRETTA
Si è chiusa la tornata delle elezioni amministrative di molti Comuni italiani, infuocata per il gran caldo estivo più che per il clima politico.
Va riconosciuto con onestà intellettuale che il risultato generale è chiaramente a favore del centro-destra, che conferma lo stato di buona salute sui territori, tutto da dimostrare nella sua tenuta sul piano nazionale in bilico tra i narcisismi dell’eterno Berlusconi e le derive leghiste di Salvini.

Il Movimento 5 Stelle invece, al di là delle retoriche considerazioni di facciata, paga tutta la difficoltà di costruire in tempi rapidi una classe dirigente diffusa riconosciuta e credibile e dimostra come non si debbano confondere le elezioni locali con quelle politiche nazionali, che percepite come più distanti dalla quotidianità spesso vengono caricate di sentimenti più accesi di protesta e speranza (o illusione?) di cambiamenti maggiormente radicali.

Ma il vero sconfitto di questi giorni è il Partito Democratico.
Inutile girarci intorno o nasconderci dietro i dati comunicati dai dirigenti nazionali (come sempre i numeri possono essere letti e interpretati a seconda degli schieramenti): il risultato è pessimo; pressoché ovunque si è perso consenso, sia se presenti in coalizione più sbilanciata a sinistra, sia in coalizione più sbilanciata al centro, sia senza alcuna coalizione e l’impressione evidente è di una (nuovamente) scarsa attrattività verso l’elettorato perimetrale allo zoccolo duro di quello democratico.
Gli anni di Governo iniziano a pesare in termini di logoramento e la mancanza di una chiara strategia sul piano nazionale sta confondendo (e demotivando) buona parte del potenziale elettorato.
Nella galassia della sinistra, divisa tra mille rivoli e personalismi come la storia impone, il PD non è considerato abbastanza di sinistra (per non parlare dell’acredine verso Renzi) e contemporaneamente nel centro/ centro-destra si pagano alcune scelte tanto coraggiose quanto impopolari come quelle sostenute riguardo l’immigrazione o i diritti civili, scelte profondamente riformiste nel solco di una visione sociale progressista.
Dal 4 dicembre ad oggi, nonostante l’ottimo risultato ottenuto al congresso di partito, Renzi pare un boxeur frastornato sul ring dell’agone politico.

È urgente recuperare il vecchio smalto, pur consapevoli della fine dell’effetto novità, e dare un segnale chiaro su quale sia la strategia da mettere in campo a partire dalla legge elettorale: torniamo a cercare una quadra attorno a un sistema maggioritario su collegi uninominali o dobbiamo metterci il cuore in pace con bel vecchio proporzionale di larghe intese, partitini e accordicchi perenni al ribasso?

Governare stanca, specialmente in un tempo dominato dalla frenesia consumatrice e dalla social post-verità, ma i mesi che ci separano dalle prossime elezioni vanno sfruttati con serietà e lungimiranza, sia che si voti in tardo autunno, come da me auspicato, sia in primavera a naturale scadenza.
Si affronti un piano di riforma del Partito che metta al centro l’iscritto-elettore dotandolo di strumenti innovativi di partecipazione ed elaborazione politica e si costruisca un piano strutturato di governo del Paese, che continui le tante buone riforme intraprese e dia risposte nuove e significative sul fronte della crescita economica da sostenere, dell’occupazione giovanile e del contrasto alle povertà all’interno di una cornice europea ora rinforzata dall’impresa di Macron.

Ora più che mai serve coesione all’interno di chi vuol continuare a far parte del Partito Democratico, perché le continue tensioni manifestate pubblicate hanno allontanato molti elettori e simpatizzanti.

Il PD continui ad essere un soggetto politico innovativo e plurale e sappia affrontare al meglio le prossime sfide e interpretare con coerenza e coraggio lo scenario politico futuro probabilmente caratterizzato da una polarizzazione tra le forze moderate europeiste e quelle estremiste anti europeiste.
Abbiamo di fronte mesi densi di importanti appuntamenti, a partire dalle elezioni regionali in cui abbiamo il dovere di presentarci con un programma ambizioso (gli argomenti non mancano: sanità, welfare, trasporti, ambiente… ) che punti a un elettorato ampio per portare aria fresca dentro Palazzo Lombardia, dopo decenni di false promesse e governi poco ambiziosi e coraggiosi, mantenendo alta, per quanto oggi mi riguarda più da vicino, la concentrazione sulle sfide amministrative che ogni giorno affrontiamo per migliorare con serietà e pragmatismo la nostra città.

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