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Il libro

Le 10 maestre che ottennero l’iscrizione alle liste elettorali quarant’anni prima del voto alle donne

Il giudice delle donne: in un libro la storia delle 10 maestre che ottennero l’iscrizione alle liste elettorali quarant’anni prima del voto alle donne. Mercoledì alle ore 18 alla Domus la presentazione del libro di Maria Rosa Cutrufelli

Il giudice delle donne: questo il titolo del volume che verrà presentato mercoledì 21 alle 18 alla Domus di piazza Dante su iniziativa del Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo. Saranno presenti all’incontro l’autrice Maria Rosa Cutrufelli, la giornalista e scrittrice Mimma Forlani; la Presidente del Consiglio Comunale Marzia Marchesi e la Presidente del Consiglio delle Donne Emilia Magni apriranno l’incontro, mentre Aide Bosio concluderà dando lettura di brani scelti.

Il giudice delle donne vuole riportare alla luce una vicenda dimenticata dai più, ma decisamente curiosa. Come noto, il 2 giugno 1946, in occasione del referendum sulla forma di governo da dare all’Italia dopo la seconda guerra mondiale, fu la prima volta che alle donne venne concesso il diritto di voto. Eppure prima di questo evento non esisteva alcuna legge che proibisse alle donne di votare: chi scrisse lo Statuto Albertino dava per scontato che le donne fossero escluse dalle votazioni politiche, lasciando così una falla giuridica che tecnicamente avrebbe permesso alle donne di esercitare il proprio diritto. E infatti molte donne agli inizi del XX secolo chiesero di iscriversi alle liste elettorali, ma le richieste vennero respinte.

Le donne non si diedero per vinte e presentarono ricorsi nei tribunali: anche qui tutte le richieste vennero rigettate, con la sola eccezione del tribunale di Ancona presieduto da Lodovico Mortara, che nel 1906 ammise di essere personalmente contrario ad estendere il diritto di voto alle donne, ma di essere moralmente costretto ad esprimere parere favorevole poiché sullo Statuto non esisteva nulla che impedisse il voto alle donne. La sentenza della Cassazione in seguito annullò la sentenza di Mortara, e le donne dovettero attendere fino al 1946 per poter esercitare il proprio diritto al voto.

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