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La recensione

“Io sono Malala”: una storia per trovare il coraggio nonostante la paura

La Fiera dei Librai di Bergamo è nel pieno della sua vivacità e Debora Bolis, classe '93, recensisce per BGY l'ultimo libro che ha letto e che l'ha più colpita: la storia di Malala Yousafzai

Malala Yousafzai è una ragazza di 15 anni che sta tornando torna a casa da scuola sull’autobus. All’improvviso il mezzo si ferma e un uomo sale. Sta cercando lei. Quando la trova, le spara al volto, nel tentativo di ucciderla.

La storia di Malala mi era sconosciuta prima di prendere in mano la sua biografia, “Io sono Malala”, scritta a quattro mani con la giornalista Christina Lamb. Mi ha affascinato dalle prime righe: la storia di questa giovane donna è un esempio di desiderio di libertà e coraggio.

Malala è pakistana, nata e cresciuta nella Valle dello Swat, in una famiglia povera ma amorevole. Suo padre, Ziauddin Yousafzai, combatte per i diritti civili e il diritto all’educazione, partecipando a conferenze e incontri nella sua comunità. Non ha paura di esprimere la sua opinione quando succede qualcosa di sbagliato, si mostra disponibile ad aiutare il prossimo come può e non teme di esporsi e di mostrarsi in televisione per opporsi ai poteri forti. In tutto questo, ha un solo grande sogno: aprire scuole per maschi e femmine, perché ritiene che solo con l’istruzione si può creare un futuro migliore per sé e per il proprio paese. Con fatica, riesce a costruire scuole per bambini e bambine. Da lui Malala prende esempio, ama andare a scuola, leggere e si interessa alla difficile realtà della sua comunità. Malala afferma che il padre l’ha sempre sostenuta, che non le ha mai “tappato le ali”.

Nel 2008 i talebani arrivano nella Valle dello Swat. Le loro idee iniziano a insinuarsi nella mentalità delle persone e vengono duramente imposte sia agli uomini, sia alle donne. I talebani proibiscono l’uso della televisione, la musica, qualsiasi cosa che possa essere vagamente associato alla cultura occidentale. Le donne non possono studiare, non possono uscire di casa senza un parente maschio che le accompagni, devono indossare il burqa. Le scuole vengono fatte saltare in aria.

Malala e suo padre non smettono di combattere. A 11 anni Malala scrive un blog sotto pseudonimo sul sito in urdu della BBC, in cui racconta la sua vita quotidiana sotto il regime talebano, il quale inasprisce sempre più le sue direttive per le scuole delle ragazze. Malala e le sue compagne vanno a scuola nascondendo i libri sotto gli abiti tradizionali che sono obbligate a indossare. La vita nello Swat continua ad essere difficile anche dopo che l’esercito pakistano libera la Valle dall’occupazione talebana. Gli equilibri tra i talebani, il governo e l’esercito sono fragili. In questi anni Malala continua a far sentire la sua voce, appassionandosi alla politica e partecipando a interviste e conferenze sull’importanza dell’istruzione e della pace.

Il 9 ottobre 2012, i talebani le sparano mentre sta tornando a casa da scuola. Le sparano perché è diventata scomoda, perché ciò che spaventa maggiormente i talebani, nelle parole stesse di Malala, è “una donna con un libro in mano”. Ma Malala ormai è diventata conosciuta anche all’estero per la sua lotta e nel 2014 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace per la sua lotta per il diritto all’istruzione a tutti i bambini.

La storia di Malala invita a non aver paura di far sentire la propria voce. O meglio: a trovar il coraggio nonostante la paura. Il suo libro è una lettura che consiglio a tutti: Malala ci racconta della sua vita nello Swat, della breve ma intensa storia del Pakistan, della cultura e delle tradizioni mussulmane e pashtun. Ci racconta come i fondamentalismi religiosi possano insinuarsi nella mentalità delle persone, specie se queste sono provate da situazioni di vita difficili. Ci racconta della sua famiglia piena d’amore, di suo padre che si confida e chiede consigli alla moglie e che è orgoglioso di sua figlia, entrambe cose inusuali nella cultura pashtun in cui sono privilegiati i maschi; di sua madre, forte e coraggiosa che sostiene il marito anche quando la situazione diventa difficile per la loro sopravvivenza; dei suoi fratelli e delle sue amiche. Ci racconta di una rete di persone pakistane che credono in un futuro migliore per il proprio paese e di come le parole del Corano possano essere travisate per compiere azioni malvagie.

Dalle parole di Malala emerge il desiderio e l’umiltà di una ragazzina che vuole solo avere una vita normale, stare con le amiche, professare la sua religione, passare il tempo con la sua famiglia, andare a scuola.
Molti sono gli spunti di riflessione che nascono leggendo il libro: dal ruolo della donna nella società e della violenza che nel 2017 ancora subisce, tanto nei paesi arabi quanto in quelli occidentali; all’inefficienza delle strutture governative; alla nascita di fondamentalismi religiosi che danno un’immagine distorta della religione stessa. Ma una riflessione mi sta particolarmente a cuore: l’importanza della cultura e dell’istruzione.

Studiare è spesso faticoso e pesante: lo capisco, sono andata a scuola anche io. Ma la cultura e la conoscenza ci formano, ci danno gli strumenti per comprendere e analizzare il mondo attorno, ci aiutano a sviluppare uno spirito critico. Le conoscenze apprese dall’istruzione si sedimentano dentro l’animo e, anche se magari non danno un riscontro effettivo sul piano pratico, contribuiscono a formare il nostro bagaglio personale, a renderci la persona che siamo. Perciò ritengo che sia importante studiare, non tanto per ricordarsi a memoria tutte le innumerevoli nozioni o per avere un pezzo di carta da sfruttare in campo lavorativo – queste cose non fanno certo male – quanto per avere gli strumenti per essere cittadini attivi nel proprio paese e per arricchirsi dal punto di vista umano.
Spesso noi occidentali diamo per scontato il diritto all’istruzione, non consideriamo la fortuna che abbiamo a poterci istruire, a poter conoscere cose nuove, a poterci costruire un futuro grazie alle istituzioni scolastiche. A chilometri di distanza da noi c’è chi lotta per imparare almeno a leggere e far di conto, chi convive con la paura che la scuola possa saltare in aria, chi a scuola non ci va proprio. E chi come Malala combatte perché tutti i bambini e le bambine possano beneficiare di questo diritto fondamentale.

«Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.»
Da “Io sono Malala”, Malala Yousafzai

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