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Il concorso

Scribo Ergo Sum 2017: Cercatemi

Scribo Ergo Sum è il concorso di scrittura creativa aperto agli studenti iscritti agli istituti secondari superiori della Provincia di Bergamo che hanno aderito al progetto: ciascun autore ha deciso il titolo e il genere letterario del proprio racconto che per l’edizione 2017 doveva essere svolto seguendo la traccia “Liberi tutti – Liberi di scrivere, amare, sognare, viaggiare; di muoversi, di esprimersi, di scegliere. Liberi di partecipare, di combattere per un’idea, di opporre resistenza, di rompere dei confini e spezzare delle catene. Ma anche liberi di ascoltare, tacere, imparare, riflettere, osservare il mondo e cercare di capirlo. Liberi di raccontare cos’è la libertà”.

CERCATEMI (racconto 17)

Sono stata perlopiù raffigurata come una donna trionfante. Tutti voi dite di cercarmi. Credo che in realtà, però, mi temiate. Ora vi racconterò di una di voi.
Eccola. Ancora una volta era il bersaglio favorito dalla classe. Le lacrime le rigavano le guance scarlatte per l’ira soppressa. I compagni avevano scoperto un inedito svago: disperdere il contenuto del suo zaino in cortile.

Le medie per lei erano un inferno. Era stata ricoperta d’insulti fin dall’infanzia. Sentirsi chiamare “Strega!” per i suoi ricci rosso tiziano, era un’abitudine. Ginevra si era sempre distinta. Per lei non esisteva attività più dilettevole della lettura e amava declamare le poesie; la scrittura era il suo più grande sfogo e sognava di farne un mestiere, ma i coetaneinon avevano mai apprezzato la sua unicità. In lacrime, raccolse i libri e si accinse a tornare a casa. Vagabondò lungamente per “la città dei sassi”, gli arcaici edifici le conferivano un senso di pace e serenità.S’imbatté in un ignoto vicolo. Oltrepassò un arco marmoreo. Si ritrovò in catene. Scrutò l’ambiente circostante. Si trovava nel bel mezzo di un labirinto, delimitato da arbusti avviluppati tra loro. Non riusciva a scorgerne l’uscita. Tra alcuni rami filtrava un fascio di luce.

Era scorata e sconcertata. Il suo sguardo fu catturato da ciò che l’avvinghiava. Quelle catene erano davvero singolari. Non riusciva a cogliere cosa fossero. Udì: “Strega!” e il fracasso delle risate. Capì. Ciò che costituiva le catene, non era metallo. Erano parole. Anzi, insulti, continuamente ripetuti. I medesimi che la perseguitavano a scuola ogni giorno. Lei restò inerte. Era incapace di reagire. Le catene si attanagliarono. Quasi la soffocavano. Dai suoi occhi di lapislazzulo sgorgavano lacrime, inspiegabilmente argentee. Riflettevano i rari fasci di luce. Le diedero la speranza di potersi liberare. Ginevra raccolse tutte le sue forze. Questa volta avrebbe reagito. Si dimenò tentando di slegarsi. Acquistò una strana sicurezza. Improvvisamente fu libera. Si alzò attonita. Le catene, un momento prima serrate attorno al suo corpo,l’avevano affrancata. Tentò di trovare l’uscita, si sentiva minuscola in confronto alla vastità del dedalo. Vi erano diversi sentieri. Ne imboccò uno. Vagò lungamente. La speranza e il coraggio si dileguarono, lasciando il posto allo sconforto e all’insicurezza.

I sentieri erano tanto intricati, da sembrare un unico ed interminabile tracciato. Ginevra si ritrovava sempre al centro del labirinto. Sembrava non esistesse via d’uscita. Non riusciva più a scorgere la luce del sole. Sembrava irraggiungibile, proprio come la felicità. È una ricerca ardua, perché spesso gli uomini non la riconoscono. In me la troverebbero. Per farlo dovrebbero essere completamente se stessi, ma temendo il giudizio altrui, preferiscono rinunciarvi. Vagabondando per quegli intricati sentieri, le sembrava di compiere un viaggio dentro se stessa. Il più arduo che si possa compiere. L’unico che permetta di raggiungere la felicità.

Sentì delle voci lontane. Le catene la stavano inseguendo. Affrettò il passo. Si voltò. Erano a pochi metri da lei. Fu nuovamente circondata. Si stringevano ad ogni suo passo. Ginevra scattò. Corse a perdifiato, nel tentativo di allontanare quella che sembrava ormai essere la sua persecuzione. Attraversò un fitto viale di alberi. Le parve ignoto. Si fermò dicolpo. Davanti a leisgorgava una cascata. Era di un’acqua tersa. Per un momento vi scorse un riflesso, il suo. Osservò attentamente. Non si trovava in quel labirinto, ma in un’immensa distesa erbosa. Pensò si trattasse di un’allucinazione. Del resto, forse era tutto un sogno. Ora non sentiva più alcun rumore. Restò in ascolto, immobile. Tutto era silente. Forse era quasi giunto il momento di svegliarsi. Chiuse gli occhi in attesa di riaprirli nella realtà. Sentì un leggero fracasso. Le catene l’avevano ritrovata.

La sfiorarono. Ginevra attraversò la cascata, senza voltarsi indietro. Fu come lasciare indietro il passato. Aveva ormai compreso di essere forte. Gli insulti non la scalfivano più. Era cosciente di possedere delle straordinarie qualità. Si trovava in una splendida verdeggiante pianura. Il sole splendeva alto nel limpido cielo. Era finalmente giunta da me. Aveva trovato, e si era presa, la tanta agognata libertà. Del resto, un grande uomo disse: “Nessuno vi può dare la libertà. Se siete uomini prendetevela”. Ginevra era finalmente libera da ogni pregiudizio e da qualsiasi pensiero altrui. Non le importava più. Ora, poteva vivere serenamente. Di certo ci saranno momenti bui, ma non perderà mai più la fiducia in se stessa. Affronterà la vita con la consapevolezza di doverne assaporare ogni istante, perché tutto passa ma niente resta per sempre. Non mi avrebbe mai più smarrita. Mi aveva trovata perché aveva avuto il coraggio di essere sé stessa, sempre. Con me avrebbe potuto finalmente essere felice. Perché solo gli uomini liberi sono autenticamente felici. Churchill affermò una verità indiscussa su di me: “Chi vive nella libertà ha un buon motivo per vivere, combattere e morire”. Non pensate che vi stia chiedendo di morire per me, ma non dovete smettere di cercarmi.

Ora conoscete la storia di Ginevra. Una ragazza che mi ha cercata davvero. Ricordatevi: vale la pena combattere per me. Cercatemi. Io vi aspetto.

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