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L'intervista

Prostata, all’ospedale di Alzano l’innovativo trattamento che incuriosisce il mondo

Due medici dell'ospedale di Alzano Lombardo operano pazienti malati di ipertrofia prostatica benigna con una tecnica innovativa in grado di produrre benefici sia per i malati che in termini di risparmio economico.

Anche gli ospedali più piccoli sono in grado di fare innovazione e di produrre risultati di assoluta rilevanza: a testimoniarlo è il caso del Fenaroli di Alzano Lombardo, struttura dell’Asst Bergamo Est dove dal 2013 l’ipertrofia prostatica benigna in determinati pazienti viene curata con un trattamento decisamente innovativo.

Innovativo non tanto per la procedura, già conosciuta in campo medico, quanto per l’applicazione in quella determinata zona del corpo per la cura della specifica patologia della prostata che consiste nell’ingrossamento della stessa fino allo schiacciamento e all’ostruzione dell’uretra.

All’origine della novità c’è una proficua collaborazione tra il direttore di Urologia dell’Asst Bergamo Est Antonio Ranieri e il primario di Radiologia diagnostica ed interventistica dell’ospedale di Alzano Lombardo Gianluigi Patelli: l’idea è nata letteralmente davanti a un caffè, commentando le applicazioni che, presso l’asst Bergamo Est, trova il laser interstiziale eseguito sotto guida ecografica; tra le altre, l’ormai consolidato trattamento dei noduli tiroidei benigni.

“L’idea – spiega il dottor Patelli – era di valutare l’applicazione di questa modalità di trattamento in patologie come l’ipertrofia prostatica benigna, essendo questo distretto anatomico più facilmente accessibile con le modalità mini invasive utilizzate per i noduli tiroidei benigni”.

“All’inizio ero molto scettico – ammette il dottor Ranieri – In passato, con altri strumenti, il trattamento aveva dato risultati scadenti. Siamo partiti riservando questa procedura a pazienti molto avanti con gli anni, che per varie malattie concomitanti avrebbero corso rischi elevati se fossero stati operati con una tradizionale resezione endoscopica della prostata. Poi, durante la visita di un paziente che era già stato trattato, con grandissima sorpresa ho notato che la prostata era praticamente scomparsa: avevo avuto la prova incontrovertibile che il trattamento in quel paziente aveva funzionato”.

Il trattamento, nel 2013, è stato effettuato solo dopo l’approvazione del protocollo da parte del Comitato Etico, e l’acquisizione del consenso da parte del paziente .

Determinante per la partenza del progetto è stata anche la consulenza scientifica del professor Claudio Pacella, già direttore della divisione di radiologia interventistica dell’ospedale di Albano Laziale ed uno degli attuali massimi esperti di laser interstiziale, che in passato aveva già pensato a questa originale applicazione.

Ma in cosa consiste l’intervento? In sala operatoria operano insieme il radiologo interventista e l’urologo: sotto guida ecografica si procede a un’anestesia locale e poi, attraverso il piano perineale, a lato dell’uretra, si posiziona un ago da 0,8 millimetri di diametro a destra e uno a sinistra. All’interno di entrambi viene inserita una fibra ottica da 0,3 millimetri. Si procede quindi ad “illuminare” la prostata erogando una bassa potenza. Al termine dell’erogazione la procedura è conclusa, vengono tolti gli aghi e il paziente può tornare in stanza: il giorno seguente, dopo adeguati controlli, lo stesso può tornare a casa dove dovrà tenere un catetere vescicale per 15 giorni.

“Un aspetto interessante è che non c’è un limite preciso che divide una branca clinica da un’altra – sottolinea Patelli – la collaborazione tra specialisti facilita la crescita reciproca e, come dico spesso, in questi casi uno più uno fa tre”.

Oltre a garantire un risparmio in termini economici all’ospedale (la degenza e di 24/48 ore), il trattamento garantisce benefici evidenti ai pazienti: anestesia locale, mini invasività data dal fatto che non si passa più dal canale urinario, i disturbi post intervento minimi grazie alla bassa potenza erogata.

“Con il passaparola tra pazienti sono arrivate tante richieste anche da fuori regione – spiega il dottor Ranieri – La casistica ora sta crescendo, siamo nell’ordine della quarantina di pazienti trattati, circa 1 caso su 10 scelto tra chi non ha alternative a un intervento di questo tipo, ma prima che venga validato deve passare al vaglio della società medica e scientifica”.

A nostra conoscenza siamo i primi ad avere proposto questa originale modalità mininvasiva per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna. Abbiamo comunque creato interesse in diverse realtà, sia italiane che internazionali. Tra le altre da citare – conclude Patelli – la presentazione ad aprile del 2016 al Sino-Italian Forum presso Shangai e, nel gennaio 2017, una conferenza presso il People Liberation Army Hospital di Pechino, uno dei più grandi ospedali della Cina dove, a breve, è prevista l’introduzione di questa modalità di trattamento”.

Doverosi, infine alcuni ringraziamenti: “Allo staff medico ed infermieristico del blocco operatorio, ai Tecnici di Radiologia dell’Ospedale di Alzano ed alle infermiere del reparto e dell’urodinamica, senza la cui collaborazione nulla sarebbe stato fatto – spiegano i medici – Un sentimento di gratitudine va al dottor Francesco Locati ed al dottor Amedeo Amadeo, entrambi medici oltre che Direttori Generali.

Il dottor Locati, attuale direttore generale dell’Asst Bergamo Est, ha permesso la realizzazione di questo progetto, indicandoci sempre e comunque il rispetto dell’etica e della rigorosa attuazione del metodo scientifico. Il dottor Amadeo, già direttore dell’Azienda Ospedaliera Bolognini, ha avuto l’intuizione e la lungimiranza di credere nelle nostre capacità ed in questa originale applicazione del laser, nonchè spronarci nel perseguirla”.

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