La scorsa estate ho avuto la fortuna di trascorrere due mesi ad Esperance, una piccola cittadina sulle coste dell’Australia Occidentale.
Inizialmente avevo deciso di partire per evadere dalla realtà in cui vivevo: non ho mai conosciuto mio padre e miei rapporti con il resto della famiglia non erano dei migliori, quindi, pensai che prendermi del tempo sarebbe stata la cosa migliore.
Sono stata ospitata da una coppia di genitori con tre figli: ciò che io definivo “una famiglia normale”, molto diversa rispetto alla mia.
La mia vita là mi piaceva: avevo un sacco di amici e ogni giorno era un pretesto per imparare cose nuove. Trovavo sempre qualcosa da fare e, se capitava che nessuno dei miei coetanei potesse uscire, preparavo il mio zainetto e la macchina fotografica e andavo alla ricerca di posti nuovi da esplorare.
In occasione proprio di quei momenti, ho avuto modo di riflettere tanto su me stessa: mi sedevo su uno scoglio ai margini della spiaggia e ci rimanevo minuti, ore e il tempo passava, ma io non me ne rendevo conto. Era come se, poco a poco, quel puzzle disordinato, che raffigurava la mia vita, si stesse ricomponendo.
Nei giorni successivi al mio rientro in Italia, per quanto mi mancasse l’Australia, c’era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti: la voglia di riscattarsi, di vivere una vita della quale essere fiera. E io quella voglia l’avevo trovata là e me la sono portata in valigia nel viaggio di ritorno, assieme a tutti i ricordi di due mesi meravigliosi.
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