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Video intervista

Il clown Slava: “Porto il circo a teatro perché è miracolo e felicità, le cose che tutti vogliono”

"Slava's Snowshow" è lo spettacolo che Slava Polunin porta al teatro Donizetti in una tournée internazionale. Il suo circo teatrale, tra enormi palloni colorati, bufere di neve, ragnatele che invadono la platea, approda a Bergamo riempiendo in un batter d'occhio tutte le sei repliche in programma.

Slava incanta. Slava fa ridere. Slava strappa una serie di ohhhh di meraviglia. Slava fa tornare bambini. E il suo “Slava’s Snowshow”, il suo circo teatrale, tra enormi palloni colorati, bufere di neve, ragnatele che invadono la platea, quello spettacolo che viaggia da decenni a spasso per i teatri più seriosi del mondo portando magia e allegria, approda al Donizetti di Bergamo riempiendo in un batter d’occhio tutte le sei repliche in programma.

Tanta attesa, tanta gente per la prima di mercoledì: una piccola coda di pochi minuti a segnare che Bergamo era lì, al teatro cittadino: una breve attesa che è un segnale positivo, per lo spettacolo del clown russo certo, ma anche per l’arte e la cultura tutta.

Poi, giovedì mattina, subito dopo la prima, Slava Polunin è arrivato a Bergamonews per un’intervista in diretta (che riproponiamo in video).

Perché porta in scena uno spettacolo che ha nel nome la neve?
“Perché l’immagine più grande di questo spettacolo è proprio la neve, ed è l’immagine che io amo di più. Per me la neve è una delle cose più belle che esistano, ma anche più terribili”.

Perché terribile?
“Perché è un segno di morte, dove c’è troppa neve è difficile vivere”.

La neve è anche poesia. E tutto il suo spettacolo è pervaso di poesia. Uno spettacolo che unisce tenerezza e divertimento. 
“Unire il circo e il teatro è la cosa che mi interessa di più. Il circo per certi versi è già superato e bisogna trovare nuove forme per proporlo. E il teatro ci offre una di queste possibilità. Nello spettacolo c’è la neve che è anche uno splendido gioco per i bambini.  Tra l’altro non è che gli adulti si differenzino molto dai bambini”.

Chi assiste al suo spettacolo riscopre in sé l’aspetto più tenero, più bambino e fanciullesco.
“Questa è la forza maggiore dello spettacolo, far tornare indietro gli adulti: farli tornare bambini”.

Slava’s Snowshow ha la particolarità di avere un linguaggio senza avere una lingua, non ha parole. Come riesce a comunicare con il pubblico?
“Ho studiato la commedia dell’arte che per metà si basa sulle espressioni, sui gesti. Ho studiato molto e ho almeno 20 volumi su Pulcinella”.

Quindi ha preso a piene mani dal teatro italiano?
“Sì, certo. Ho studiato anche da Dario Fo a Totò. Ho preso molto da loro. La cultura italiana è importante per la commedia”.

C’è un altro linguaggio nello spettacolo che è dato dalla musica. C’è anche un brano di John Surman. 
“Nel mio spettacolo metto insieme cose molto semplici ad altre più complesse e difficili. Ci sono delle avanguardie, dal minimalismo al realismo, abbinate a dei classici. Quindi anche alcune musiche unite a certe scene crea un insieme curioso”.

Lei lavora con musiche, gesti, parole ed espressioni diverse per creare questo spettacolo ironico e riflessivo allo stesso tempo. Se si vuole si può leggere anche un messaggio di pace. 
“Nessuna persona normale vuole la guerra. E quindi non si sa da dove nascono queste persone che vogliono la guerra. Ai bambini importa di essere felici. E anche agli adulti. Per questo cerco di far riscoprire agli adulti la loro fanciullezza”.

Lei ha diverse scuole di spettacolo: come nasce il desiderio di tramandare il suo  stile?
“In realtà io non ho mai avuto nessun desiderio di tramandare nulla. È che ci sono state delle persone che ci hanno detto che volevano far parte dello spettacolo, di questa allegria. Così ci siamo stretti un po’ in questa nave e abbiamo iniziato questo percorso. Ora sono una ventina delle persone che lavorano allo spettacolo, all’inizio eravamo in due in scena, poi abbiamo avuto altre idee per renderlo più allegro”.

Uno spettacolo che non è solo in scena, ma coinvolge anche il pubblico.
“I miei attori fanno la metà del lavoro e poi il pubblico prende parte allo spettacolo”.

È la prima volta che incontra Bergamo, che impressioni ha avuto, come si trova?
“Chi potrebbe non trovarsi bene in Italia? Il sole, l’architettura, l’arte… Sembra di stare sempre in vacanza. A noi non pare di venire a lavorare”.

Lei è stato per tre anni direttore del circo stabile di Sanpietroburgo: cosa le manca del mondo circense?
“Nulla. Mi hanno chiesto di aiutarli per ricostruirlo con nuovi apparati tecnici e l’ho fatto. Ma poi io mi sento uno zingaro e mi piace cambiare. E ogni anno cambiamo, lo spettacolo va in tournée da vent’anni e ogni anno tocchiamo almeno dieci Paesi”.

La poesia del circo ha affascinato anche un altro grande italiano, Federico Fellini che nel film “8 e mezzo” celebra questo mondo.  Perché incanta sempre il circo?
“Forse è la nostra tendenza al fantastico, al magico. Il circo è due cose: il miracolo e la felicità. Che tutti vogliono avere”.

Slava si liscia i baffi, racconta che li ha fatti crescere per essere più credibile come direttore di circo. Poi si mette in posa e risponde con ironia al nostro desiderio di scattare qualche foto con lui. Nessuna posa, solo molta comicità. Prima di lasciarci ci stringe la mano e confida: “Appena entrato in questa redazione ho sentito un’energia positiva, un’armonia che mi ha permesso di divertimi con voi. Grazie!”. Grazie a te, grande Slava che con la magia della sorpresa riesci ad infrangere ogni ombra nelle mente degli uomini per farli tornare bambini.

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