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La lettera

“Io gravemente malata, mio marito disoccupato: qualcuno ha un lavoro per lui?”

Il toccante racconto di una sfortunata famiglia bergamasca che non vuole denaro, ma chiede se qualcuno ha un lavoro da offrire all'uomo

Preferisce rimanere anonima, ma lancia un disperato appello attraverso il nostro giornale. Quella arrivata in redazione nei giorni scorsi è una di quelle lettere che fanno commuovere e che fanno capire il valore della vita: è la storia di una giovane donna bergamasca, gravemente malata e con un marito disoccupato. Una famiglia sfortunata che non vuole denaro, ma chiede se qualcuno ha un lavoro da offrire all’uomo:

“Scrivere questa lettera non è facile e sinceramente non so se mai verrà letta, ma si arriva ad un certo punto della vita che si ha il bisogno di parlare con qualcuno, di condividere il proprio dolore forse per alleggerirsi un po’. Ho scelto voi perché da una parte è sempre meglio parlare con qualcuno che non si conosce di persona e dall’altra so che forse il vostro aiuto può arrivare a quella stella che sembra tanto lontana.

“Sono una donna di quasi trent’anni, dovrei essere felice, vivere appieno la propria vita, eppure non so come ma il cielo ha voluto farmi male. Se ho fatto qualcosa nella vita precedente non so cosa, ma la sto pagando tutta. Ho una malattia rara che mi porta ad avere problemi fisici e paranoie che ne conseguono. Mi sento sola e fragile molto spesso, vivo nella paura che da un momento all’altro possa tornare una crisi fisica eppure vado avanti e stringo i pugni.

Dovrei sentirmi fortunata perché accanto ho un uomo che nonostante tutto mi ama per quello che sono, mi protegge, mi prepara l’antidolorifico, mi prepara le punture nel momento del bisogno e nonostante il mio corpo assomigli a una cartina geografica con le parti montuose per via delle varie operazioni, mi trova sempre e comunque bellissima.

Ma questa fortuna sta calando. Questo amore non sta bastando più. Da due anni ha perso il lavoro e ciò sta compromettendo quello che per noi era un amore meraviglioso. Sembra che il buio sia entrato nella nostra casa togliendoci ciò che avevamo, anche quel sorriso spensierato che si aveva nonostante tutto.

A Bergamo non c’e’ posto per noi. E’ un uomo di quasi trent’anni anche lui, grande e forte, con esperienze da operaio e magazziniere nella vita e nonostante le varie offerte di lavoro sembra che lui debba rimanere invisibile.

Questa voragine che si è aperta ha portato in lui il mostro della depressione. L’ho visto piangere, l’ho visto soffrire e chiudersi ancora più in se stesso. Solo grazie al medico di famiglia abbiamo trovato uno spiraglio nel momento in cui gli ha indicato uno psicologo. È difficile andare avanti, è difficile sentirsi vivi davvero. Fa male.

Dovremmo essere una di quelle coppie spensierate, provare ad avere un figlio e sorridere alla vita. Invece mi ritrovo a chiedere una mano ai miei genitori per far la spesa e ai suoi genitori l’aiuto per le bollette. Abbiamo dovuto lasciare quella che per noi era la nostra casetta perché non avevamo i soldi per pagare l’affitto e ora abitiamo in un paese sperduto nella casa della nonna, così che la spesa di un affitto non pesi come un macigno sulle nostre teste.

Ho bisogno di aiuto e io non so come andare avanti. Ho bisogno di vedere il mio compagno realizzato, ho bisogno di vedere di nuovo il suo sorriso. Ho bisogno che i ricordi diventino di nuovo felici ma sembra che Bergamo ci abbia lasciati soli.

Non chiedo un aiuto economico, non chiedo che qualcuno ci mantenga, chiedo soltanto la possibilità che il mio compagno trovi lavoro, chiedo soltanto che lui possa sentirsi uomo ancora e non qualcosa di invisibile.

Se qualcuno se lo sta chiedendo io cerco di sopravvivere con lavoretti saltuari e sostituzioni, come il mio compagno si prende cura di me anch’io cerco di prendermi cura di lui. Non so se ci sara’ mai qualcuno che ascolterà il mio desiderio, non so se ci sara’ mai la possibilità che quella stella la smetta di farci male ma comunque grazie. Grazie anche solo per avermi ascoltato e avermi dato la possibilità di respirare”.

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