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Nei luoghi del terremoto

Papa Francesco ad Amatrice, agli studenti: “Vi sono vicino e prego per voi” fotogallery

Papa Francesco lo aveva promesso. In punta di piedi “per non dare fastidio”, mantiene la promessa. Il 4 ottobre 2016 – festa di san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, e onomastico del Vescovo di Roma – visita i luoghi in Centro Italia colpiti dal sisma del 24 agosto 2016. All’Angelus di domenica 28 agosto dice: “Appena possibile anch’io spero di venire a trovarvi, per portarvi di persona il conforto della fede, l’abbraccio di padre e fratello e il sostegno della speranza cristiana”. Sull’aereo che lo riporta Roma da Georgia e Arzebaigian (30 settembre-2 ottobre 2016), rinnova la volontà di fare una visita privata “da solo, come sacerdote, come vescovo, come Papa”.

Martedì 4 ottobre, accompagnato da monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti raggiunge Amatrice, città simbolo del terremoto, a bordo di un’auto con i vetri oscurati, entra nella scuola provvisoria realizzata dalla Protezione civile del Trentino, incontra alunni e insegnanti. I ragazzi delle elementari e delle medie gli donano alcuni disegni: li abbraccia a uno a uno e ascolta i loro racconti.

Circondato dalla gente, con un piccolo microfono e con un altoparlante improvvisa un saluto: “Ho pensato bene nei primi giorni di questi tanti dolori che la mia visita, forse, era più un ingombro che un aiuto, che un saluto, e non volevo dare fastidio e per questo ho lasciato passare un pochettino di tempo affinché si sistemassero alcune cose, come la scuola. Ma dal primo momento ho sentito che dovevo venire da voi! Semplicemente per dire che vi sono vicino, che vi sono vicino, niente di più, e che prego, prego per voi! Vicinanza e preghiera, questa è la mia offerta a voi. Che il Signore benedica tutti voi, che la Madonna vi custodisca in questo momento di tristezza e dolore e di prova”.

Aggiunge: “Andiamo avanti, sempre c’è un futuro. Ci sono tanti cari che ci hanno lasciato, che sono caduti sotto le macerie. Preghiamo la Madonna per loro, lo facciamo tutti insieme. Ave Maria…. Guardare sempre avanti. Avanti, coraggio, e aiutarsi gli uni gli altri. Si cammina meglio insieme, da soli non si va. Avanti!”. Abbraccia e saluta il sindaco Sergio Pirozzi, le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, i sacerdoti. Accompagnato dai vigili del fuoco entra nella “zona rossa”. Si avvicina il più possibile agli edifici crollati da cui sporgono materassi e oggetti di vita quotidiana. In un grande silenzio prega da solo. Ai vigili del fuoco dice: “Prego perché voi non dobbiate lavorare, il vostro è un lavoro doloroso. Vi ringrazio per quello che fate”. Chiede di fare una foto anche con gli altri vigili perché “sono quelli che salvano la gente”.

Con la stessa auto va a Rieti alla Residenza sanitaria assistenziale “San Raffaele Borbona” che accoglie malati cronici e non autosufficienti. Saluta uno per uno i 60 ospiti, una trentina sfollati per il terremoto e pranza con loro. Alle 13 è ad Accumuli (Ascoli Piceno) accolto da Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile, dal commissario per la ricostruzione Vasco Errani e dal sindaco Stefano Petrucci. La visita alle popolazioni terremotate prosegue ad Arquata del Tronto dove lo attendono al campo di Borgo con monsignor Giovanni D’ Ercole, vescovo di Ascoli Piceno. Nella tendopoli di Arquata saluta e stringe le mani di molti che poi lo accompagnano lungo la strada.

In passato le visite papali sui luoghi terremotati, non calcolate valutando i tempi giusti e i modi più consoni, hanno creato disagi, distrazioni, ostacoli ai soccorsi e polemiche. Nella notte del 23 novembre 1980 un devastante sisma di magnitudo 6,5 colpisce la Campania e la Basilicata. Il “terremoto dell’Irpinia” causa 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati. Quarantotto ore dopo, martedì 25, Giovanni Paolo II, spinto dal buoncuore, sorvolò in elicottero Potenza, Balvano, Avellino quando ancora volontari e soccorsi stavano scavando per tirare fuori vivi e morti. Giungere in una zona terremotata appena due giorni dopo la devastazione fu un errore, soprattutto di chi organizzò in tempi così rapidi “costringendo” di fatto i soccorritori a occuparsi più del Papa che delle conseguenze del sisma.

Una dura lezione che indusse ad agire con molta prudenza. Il 26 settembre 1997 il terremoto colpì Umbria e Marche, ma solo il 3 gennaio 1998 Giovanni Paolo II fece una breve visita fra i terremotati per manifestare “affetto e solidarietà”. Per “non essere di disturbo” avrebbe visitato solo Annifo, paesino montano tra le due Regioni, e Assisi. Ma poi incluse le Marche per accontentare la popolazione che lo reclamava.

Grande prudenza usò Benedetto XVI: nel 2009 attese un mese prima di recarsi all’Aquila distrutta dal sisma il 6 aprile. Papa Ratzinger inviò all’Aquila gli oli santi, denaro, uova di Pasqua, il suo segretario monsignor Georg Gaenswein e il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Il 28 aprile, ventidue giorni dopo il sisma, visitò la tendopoli di Onna, sostò presso la Casa dello studente e visitò la basilica di Collemaggio all’Aquila. Molti studenti si dissero d’accordo con questa scelta: “È giusto che il Papa sia venuto tre settimane dopo il terremoto. Non è vero che la Chiesa si è avvicinata tardi. Se il Papa fosse arrivato prima non ci sarebbe stato lo spirito giusto e avrebbe intralciato le operazioni di soccorso”.

Quando il 20 maggio 2012 un altro terremoto colpì l’Emilia, Benedetto XVI espresse “grande dolore e partecipazione” e il 26 giugno, ben 36 giorni dopo il sisma, visitò l’Emilia accolto dal capo della Protezione civile Franco Gabrielli.

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