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Motivazioni della sentenza

“Avance a sfondo sessuale”: così è maturato l’omicidio di Yara

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, il carpentiere di Mapello, per l’omicidio della piccola Yara Gambirasio di Brembate di Sopra.

Secondo i giudici della Corte d’Assise di Bergamo l’omicidio della 13enne è “maturato in un contesto di avances a sfondo sessuale, verosimilmente respinte dalla ragazza, in grado di scatenare nell’imputato una reazione di violenza e sadismo di cui non aveva mai dato prova ad allora”. La Corte lo ha esplicitamente scritto nelle 158 pagine di motivazioni.

A tre mesi dal verdetto diventano quindi leggibili i perché della condanna inflitta dalla Corte guidata da Antonella Bertoja, al termine di un lungo processo sull’assassinio della tredicenne scomparsa il 26 novembre 2010 dal suo paese e ritrovata tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola.

I giudici spiegano attraverso gli atti che l’aggravante delle sevizie e della crudeltà “disvela l’animo malvagio” dell’imputato e parlano di “crudeltà” sia “in termini soggettivi e morali di appagamento dell’istinto di arrecare dolore” che “di assenza di sentimenti di compassione e pietà”. Questo si  evincerebbe anche dal modo in cui Bossetti agì in quel campo abbandonato. Non “in modo incontrollato, sferrando una pluralità di fendenti, ma ha operato sul corpo della vittima per un apprezzabile lasso temporale, girandolo, alzando i vestiti e tracciando, mentre Yara era ancora in vita, tagli lineari e in parte simmetrici, in alcuni casi superficiali, in altri casi in distretti non vitali e, dunque, idonea a causare sanguinamento e dolore ma non l’immediato decesso”. Dopodiché “ha lasciato la vittima ad agonizzare in un campo isolato e dove non è
stata trovata che mesi dopo”.

Il muratore di Mapello il 1° luglio è stato condannato in primo grado per il delitto, aggravato dalla crudeltà e dalla minore età della vittima. I giudici lo hanno invece assolto “perché il fatto non sussiste” dall’accusa di calunnia nei confronti di un ex collega su cui aveva puntato il dito.

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