“Sarò anche uno stupido, un ignorantone, un cretino ma non sono un assassino. Questo sia chiaro a tutti”. Massimo Bossetti ha parlato in aula oggi, venerdì 1 luglio, nell’ultima udienza del processo che lo vede imputato per il delitto della 13enne Yara Gambirasio e per il quale il pubblico ministero ha chiesto l’ergastolo.
Il carpentiere 45enne di Mapello indossa una polo azzurra, dei jeans, e ha parlato dal banco accanto ai suoi avvocati leggendo un foglio, “per non perdermi”, ha spiegato.
“Non vedevo l’ora di potervi guardare negli occhi per dirvi che persona sono, che non è quella che è stata descritta da tanti in quest’aula”, ha aggiunto Bossetti. “Non sono un assassino, sono innocente e condannarmi sarebbe il più grave errore giudiziario del secolo, ma accetterò il verdetto, qualunque sia. Sarei felice di incontrare i genitori di Yara perché conoscendomi capirebbero che l’assassino o gli assassini sono ancora in libertà”.
E sul Dna: “Sarei un pazzo a chiedervi di rifare il test se fossi colpevole. Anche perché se le analisi risultassero positive vi toglierebbero ogni dubbio sulle mie responsabilità. Quel Dna non è mio, non è mio, e vi supplico e vi imploro di fare questa verifica perché il risultato farebbe chiarezza su di me. Io sapevo che stavano cercando l’assassino di Yara con il Dna, anche i miei colleghi venivano chiamati per il test. E anche mia mamma è stata chiamata. Eppure io non sono mai stato preoccupato, che motivo avevo? In quattro anni non ho toccato nulla, gli attrezzi di lavoro, il furgone e neanche un giubbotto che ho comprato quel giorno”.
In aula è presente anche Marita Comi, la moglie di Bossetti.
I giudici si sono riuniti in camera di consiglio; la sentenza è attesa dopo le 20 di stasera. Tre i casi che potranno verificarsi: condanna all’ergastolo con isolamento diurno per 6 mesi (questa la richiesta del pm Ruggeri), oppure una condanna più lieve con l’applicazione delle attenuanti, o, ancora, la libertà immediata dopo due anni di carcere.
commenta