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La sentenza

Cividate, donna morta nella roggia: assolto l’ex sindaco e i tecnici comunali fotogallery

Il pm aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione per omicidio colposo dell’ex primo cittadino, dell’ex responsabile dell’ufficio Tecnico e del progettista

L’ex sindaco di Cividate Luciano Vescovi (in carica fino allo scorso maggio), l’ex responsabile dell’ufficio Tecnico Battista Longo e il progettista Renato Caldarelli, geologo che firmò il progetto per “generiche negligenza, imprudenza e imperizia”, non hanno alcuna responsabilità nel caso della morte di Daniela Belotti, la 57enne cividatese, ex infermiera e successivamente bidella fino alla pensione, che il 18 settembre 2013, mentre era in sella alla sua bicicletta dopo aver accompagnato la nipotina alla scuola materna, dopo un malore era caduta nella roggia Sale, in via Spaventa (a cento metri da casa).

Lo ha stabilito il giudice per l’udienza preliminare Tino Palestra, che ha assolto i tre dall’accusa di omicidio colposo. Il pubblico ministero Maria Esposito aveva chiesto la condanna a un anno di reclusione.

A quasi tre anni di distanza si chiued così il caso della donna che era stata ritrovata senza vita in un canale di Covo, dopo essere caduta in una roggia a Cividate al Piano a causa di un malore.

Un abitante della zona, Angelo Terzi, 75 anni, era accorso per aiutarla e le aveva lanciato anche una corda. Ma la donna, in preda al malore e trascinata dalla corrente, non era riuscita a mettersi in salvo. Pochi minuti e il suo corpo era stato inghiottito dalle acque.

Immediato era scattato l’allarme, con i vigili del fuoco che avevano chiuso le paratie dei canali per far scendere il livello dell’acqua e facilitare le ricerche.

Trascinato dalla corrente, il corpo della donna aveva poi percorso circa cinque chilometri.

Dopo due giorni di ricerche nella roggia e nei canali della zona, con cinquanta persone tra vigili del fuoco, volontari dei sommozzatori e della Protezione civile impegnate, la donna venne ritrovata senza vita in un piccolo canale nei pressi di una cascina di Covo.

Contro i tre imputati, oltre agli accertamenti della Procura di Bergamo, c’era anche la perizia effettuata dall’ingegnere Massimiliano Rizzi per conto del legale dei parenti della vittima. Il tecnico ha stabilito che l’altezza della barriera, installata nel 2008 dal Comune, sarebbe inferiore al dovuto: 70 centimetri quando ne sarebbero serviti 40 in più. Una tesi che non è stata accolta dal giudice.

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