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L'intervista

Domenghini, campione europeo nel ’68: “Se l’Italia supera il girone….”

Angelo Domenghini, bergamasco e azzurro campione europeo nel 1968, ripercorre l'unico successo italiano nella competizione e pronostica il cammino della Nazionale di Conte: "In questo calcio conta la quantità più che la qualità, possiamo mettere in difficoltà tante squadre".

Non era un centravanti ma ha segnato gol pesanti, che sono entrati nella storia.

Angelo Domenghini, bergamasco di Lallio, non ha messo solo la firma sulla Coppa Italia conquistata dall’Atalanta nel 1963: poteva portarsi via anche il pallone della finale, grazie alla tripletta contro il Torino di Enzo Bearzot. Pochi mesi dopo quella finale del 2 giugno 1963 esordì con la maglia nerazzurra dell’Inter e poi con la maglia azzurra della Nazionale, nelle qualificazioni per l’Europeo, il 10 novembre 1963 a Roma, quando fu eliminata dall’Unione Sovietica (1-1, ma aveva perso 2-0 all’andata). E cinque anni dopo Domingo contribuì alla conquista di quello che per ora resta l’unico titolo europeo: la prima finale con la Jugoslavia terminò infatti in parità, proprio grazie a un suo gol e fu quindi ripetuta. Poi l’Italia vinse 2-0.

Domenghini, si ricorda ancora quel gol?

“Come no. Mancavano dieci minuti alla fine, ho tirato quel calcio di punizione e non dico che ho chiuso gli occhi, ma ero convinto di fare gol. Così siamo riusciti a pareggiare e siamo andati alla finale-bis, anche se meritava di vincere la Jugoslavia. E tra l’altro…”.

Dica.

“Ci fosse stato Rivera non  avrei certo calciato io quella punizione: ho sempre avuto difficoltà a tirare le punizioni perché c’erano altri che evidentemente calciavano meglio di me”, dice non senza una punta di ironia. “Comunque bastava che mi toccassero corta la palla e io la indirizzavo nello specchio della porta, solitamente calciavo di potenza. Anche ai Mondiali del Messico avevo fatto gol alla Svezia e avevamo superato il turno eliminatorio. Però quella volta nella prima finale europea Rivera non c’era perchè si era infortunato, così toccò a me tirare da 20-25 metri”.

Un pareggio molto sofferto.

“Anche perché venivano dai supplementari con la Russia, quando avevamo vinto grazie alla monetina e anche con  la Jugoslavia era finita ai supplementari. Però nella seconda finale fummo superiori noi, grazie anche alle mosse del ct Valcareggi che rivoluzionò la formazione affiancando Anastasi a Riva e inserendo Mazzola al posto di Rivera. Quell’Italia aveva i numeri per vincere, poi giocava in casa e devo dire che a Napoli prima e poi a Roma il pubblico fu fondamentale, ci trascinò in finale e poi alla conquista del titolo europeo. Che è un po’ come vincere la Champions League, un terno al lotto: devi trovare il momento favorevole, fare gol e… e poi le energie si moltiplicano se sei in vantaggio, ce ne accorgemmo noi allora, 2-0 e grande soddisfazione. Speriamo che l’Italia riesca a riscrivere il proprio nome nell’albo d’oro, son passati già quasi 50 anni, sarebbe ora di tornare a vincere…”.

Ma questa Italia non ha poca qualità, secondo lei?

“Io dico che conta la quantità più ancora che la qualità. Cioè le gambe, la condizione. Questo è un calcio aggressivo, tutti giocano per difendersi e ripartire, non vedo calcio offensivo, quello lo puoi fare con i grandi giocatori. E l’Italia deve giocare così, è fortissima in difesa, poi può ripartire e colpire”.

Lei su quale giocatore punterebbe come protagonista? O sarà l’allenatore l’uomo in più dell’Italia?

“Conte non gioca, l’allenatore sceglie la formazione migliore, ma in campo vanno i giocatori. Dite che l’attacco azzurro non è all’altezza? Ma io non vedo tante squadre che giocano meglio: questo è un Europeo molto equilibrato, vedo favorita l’Inghilterra, nessuno ne parla ma ha tanti giovani e da centrocampo in su sono pericolosissimi. Poi naturalmente le solite Francia, Germania, Spagna, magari l’Italia se…”.

Quale potrebbe essere l’ostacolo principale per gli azzurri, che debuttano in questo Europeo lunedì 13 alle 21 contro il Belgio?

“Devono riuscire a superare il girone e non sarà facile: bisogna assolutamente non perdere col Belgio altrimenti diventa durissima già alla seconda partita con la Svezia e neanche Ibrahimovic ti regala nulla. Quindi dipende molto da come si affronta il girone eliminatorio, poi se si va avanti la condizione migliora e può succedere di tutto”.

Perciò lei, se non ottimista è fiducioso per l’Italia?

“Certo, noi possiamo mettere in difficoltà tante squadre. E comunque più che le individualità conta avere una buona squadra. Non vedo un altro Domenghini, inutile fare questi paragoni, però Bonaventura l’avrei convocato, uno come lui sarebbe stato molto prezioso, sa abbinare come pochi qualità e quantità. Scusate, ma se gioca Giaccherini… Comunque ormai Conte ha fatto le sue scelte e se andrà avanti avrà ragione, altrimenti cominceranno i processi. Ma adesso, forza azzurri!”.

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