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Dalla croisette

Le denunce di George Clooney e Ken Loach fanno decollare Cannes

La nostra Paola Suardi, inviata a Cannes, ci inchioda alla poltrona con quattro recensioni. La prima giornata del festival del cinema vede vincitori i film di denuncia di Jodie Foster e Ken Loach.

Parte un po’ fiacco il concorso al Festival di Cannes con due film – “Sieranevada” del rumeno Cristi Puiu e “Rester Vertical” del francese Alain Guiraudie – che sinceramente non ci sono piaciuti troppo perché molto lento il primo e assai erratico il secondo.

Nel primo una riunione di famiglia per commemorare un defunto si protrae in ambienti angusti, affollati da troppi individui e conflittualità. L’evento fa da contenitore a discorsi sul terrorismo (l’attentato a Charlie Hebdo è appena avvenuto) e sulla paura di ogni individuo a misurarsi col reale. Ci sono buoni spunti per uno spaccato anche della società rumena contemporanea (giovani e anziani, comunismo, religione, consumismo, Internet…), una soffusa ironia nei dialoghi e nelle situazioni, ma il tutto risulta così lento che in molti in sala sonnecchiano.

RESTER VERTICAL

Nel caso di “Rester vertical” – “restare in piedi e diritti” potremmo tradurre – si assiste invece a una curiosa evoluzione della materia narrata che da apparentemente realistica diviene nella seconda parte quasi surrealista. Leo, uno sceneggiatore in crisi d’ispirazione, vaga nel Sud della Francia alla ricerca di un incontro con il lupo; conosce una pastora – giovane donna fiera e indipendente – e inizia una relazione da cui nascerà un bimbo. Dalla nascita in poi, il film prende una piega sempre più improbabile rivelando un’aspirazione a esprimersi per metafore -forse…- dove tutti i personaggi maschili rivelano un coté omosessuale latente (!), il bebè diviene esca per lupi (!!), il protagonista diviene un barbone (!!!), fino al ritorno alla montagna del Sud della Francia e all’immancabile incontro finale con il branco. Per non soccombere l’importante è guardare il lupo dritto negli occhi e restare in piedi.

MONEY MONSTER DI JODIE FOSTER

Il morale si alza di molto dopo aver visto l’ottima pellicola fuori concorso diretta da Jodie Foster e interpretata da George Clooney e Julia Roberts: “Money Monster”. Il film affronta il tema spinoso della finanza e dell’informazione, anzi dell’infotainment, giacchè il programma condotto dall’istrionico Lee Gates (Clooney) fa dell’informazione finanziaria un momento di intrattenimento con balletti, siparietti e colpi di scena.

Un giornalismo finanziario cinicamente e superficialmente votato a innalzare l’indice di ascolto, che dispensa rating e consigli senza troppi scrupoli. Una macchina mediatica fredda e precisa, come dimostra l’altro artefice del progamma – la regista Patty Fenn (Roberts) – in grado di costruire ogni puntata in modo perfetto, sostenendo, anticipando e guidando la performance del conduttore.

Dopo le primissime scene il film si rivela un thriller che terrà inchiodati gli spettatori – quelli dentro e quelli fuori dal film – fino  all’inevitabile epilogo. Infatti uno spettatore che ha perso tutto seguendo i consigli di Lee s’introduce armato nello studio e prende in ostaggio i presenti.

Mentre si organizza l’intervento della polizia, per assecondare lo squilibrato e prendere tempo, si cercano le cause del rovescio finanziario del titolo che ha coinvolto lo spettatore.

Così, con la regia caparbia e impeccabile di Patty, si sviluppa un’inchiesta giornalistica (il vero giornalismo, anche se un po’ semplificato nel film, dovrebbe essere proprio questo) che nel giro di poche ore mette in luce una tipica frode finanziaria ai danni degli investitori. Intanto il sequestro di Lee-Clooney si svolge in diretta, anche quando i due escono dallo studio televisivo. Una tv –reality alla quale ormai il pubblico è abituato e stenta a credere, oppure segue per assuefazione senza rendersi conto di ciò che effettivamente vede, a casa come al bar, ricominciando a giocare una partita di calciobalilla quando la puntata finisce, anche se tragicamente.

Ben costruito e recitato da tutto il cast, il film ha il pregio di trattare l’argomento finanziario seguendo uno schema chiaro e di rendere esplicito che il mostro è uno solo , il Denaro, ma ha generato altri due mostri che gli ubbidiscono: Finanza e Media. Il terzo mostro, che già si aggira nelle coscienze di tutti, è l’Indifferenza.

“I, DANIEL BLAKE” DI KEN LOACH

Nel pomeriggio anche “I, Daniel Blake” merita calorosi applausi. E’ il Ken Loach migliore – anche se qui non riesce a farci sorridere come fece con “Il mio amico Eric”– quello che ci racconta senza livore, ma con intensa partecipazione, l’ingiustizia del burocratico e avvilente sistema di assistenza sociale in U.K. Katie, una giovanissima madre single di due bambini, e Dan, un uomo alla soglia della pensione colpito da infarto e impossibilitato a tornare al lavoro, vivono storie che dalla normalità li conducono alla povertà senza possibilità di ricevere in tempo aiuto concreto.

Si conoscono in uno dei tanti uffici di queste agenzie statali e si sostengono reciprocamente, per quel che è possibile. La vicenda si sviluppa per gradi tratteggiando bene i profili dei due personaggi – soprattutto quello di Dan, risoluto, generoso e orgoglioso -, le loro relazioni con vicini, colleghi e parenti, le diverse sensibilità dei figli di Katie, la stolidità o attenzione dei funzionari, l’assurdità del sistema.

La natura umana – ottusa o altruista – è rappresentata con situazioni eloquenti e dialoghi centrati, ed è riuscito l’esito di questa pellicola con la quale Loach accusa con forza chi dimentica il valore altissimo della dignità di essere “un cittadino, niente di più e niente di meno”.

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