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Atalanta, missione compiuta: e l’obiettivo decimo posto non è impossibile fotogallery

Missione compiuta. Sarà ancora serie A, per la 56^ volta nel campionato in cui l’Atalanta festeggerà il compleanno numero 110 della sua storia, per la sesta volta consecutiva in A (dal 2011-12) come recentemente aveva fatto negli anni europei: dal 1988, quello della semifinale di Coppa delle Coppe col Malines passando attraverso le esperienze e anche belle cavalcate in Coppa Uefa per chiudere con la sfortunata stagione del 1994, da Guidolin a Prandelli-Valdinoci.

E saranno ben 56 campionati di A, tanto per ribadire il ruolo della società nerazzurra nella graduatoria delle partecipazioni alla serie A in cui naturalmente è sempre più regina delle provinciali.

Vogliamo ricordare? Al primo posto resterà l’Inter con 85 campionati, poi Juve e Roma a 84, Milan con 83; Fiorentina 79, Lazio 74, Torino 73, Napoli 71, Bologna 70, Sampdoria 60 ed ecco l’Atalanta, 11a a 56. Dietro insegue il Genoa a 50.

La vittoria sul Chievo, che chiude il discorso salvezza? Forse bastava trovare prima una maglia da titolare a Borriello.

Al di là della battuta, l’effetto Borriello sembra più che evidente: nelle ultime tre partite, due vittorie e un pareggio e quattro gol del bomber napoletano. Che prima di tornare in campo dall’inizio il 17 aprile con la Roma, era stato titolare due volte: a Verona, ma era appena arrivato da pochi giorni in nerazzurro (Verona-Atalanta 2-1) e a Bergamo contro la Juve (0-2).

Crediamo che nella lista dei rimpianti che ieri Reja sottolineava ci sia posto anche per la mancanza di un centravanti vero, per troppe partite. Voi li vedreste, 7 punti di differenza con il Chievo (ed erano 10)?

Eppure è così. Squadra tignosa, tutt’altro che bella e però sempre molto concreta, difficile giocarci contro, da sempre. Ricordate qualche bella sfida a Bergamo con i veronesi? Che pure hanno un allenatore stimato come Maran e un team manager a cui i tifosi nerazzurri sono tuttora molto legati, Marco Pacione. Poi certo uno è bravo (onore al Chievo) anche perchè sa metterti in difficoltà, è accaduto in passato come in questa domenica 24 aprile per la 16a di ritorno.

Una partita nata male e per fortuna finita in un trionfo. Ma la difesa sembrava colpita da una sindrome strana: Paletta che inizia sbagliando, si fa ammonire (sarà squalificato) e poi si infortuna. Il suo sostituto, Stendardo, dopo quattro muinuti dall’ingresso in campo a sua volta ammonito e dopo tre minuti fuori per essersi lussato una spalla. Dentro Cherubin, quello che all’andata era stato espulso… e stavolta è stato invece correttissimo.

Partita bruttina, col Chievo anzi più pericoloso soprattutto grazie a qualche calcio piazzato e sbloccata quasi casualmente, per un’invenzione di Diamanti, tiro-cross respinto da portiere e traversa, ma il centravanti era lì, Marco Borriello, pronto a ribattere in rete.

Mancava ancora molto alla fine e, vuoi per la fisicità degli avversari e per il problema a impostare una partita in cui c’era più da fare battaglia (ma bravi Cigarini e de Roon), trovare il colpo del ko era dura.

Ci si è messo anche un arbitro irritante per la gestione della gara, a complicare il tutto. Con l’immancabile espulsione che ha tolto uno dei possibili uomini partita, cioè Gomez, per cui poco dopo Reja ha dovuto rinunciare a un altro po’ di fantasia (Diamanti) per inserire Conti.

Alla fine, tutto è bene quel che finisce bene e anche il rosso (l’espulsione) stavolta non incide.

E torna alla grande la legge del Comunale, del fortino: tre vittorie e un pareggio nelle ultime quattro partite, bisogna tornare all’inizio del campionato per ritrovarle quando i nerazzurri avevano fatto in casa quattro più uno (pari col Verona e vittorie su Frosinone, Sampdoria, Carpi e Lazio).

Ma ora guardiamo avanti. L’obiettivo decimo posto non è impossibile.

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