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Il ricordo

Il 18 aprile 1955 moriva Albert Einstein: rivoluzionò la fisica moderna

Nel 1921 ricevette il premio Nobel per la fisica per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell'effetto fotoelettrico; e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività.

“Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso”.

Il 18 aprile 1955 moriva Albert Einstein: uno dei più celebri fisici della storia della scienza.

Nel 1905, ricordato come annus mirabilis, pubblicò tre articoli a contenuto fortemente innovativo, riguardanti tre aree differenti della fisica:

  • dimostrò la validità del concetto di quanto di Planck nell’ambito della spiegazione dell’effetto fotoelettrico dei metalli;
  • fornì una valutazione quantitativa del moto browniano e l’ipotesi di aleatorietà dello stesso;
  • espose la teoria della relatività ristretta, che precedette di circa un decennio quella della relatività generale.

Nel 1921 ricevette il premio Nobel per la fisica per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico; e la sua fama dilagò in tutto il mondo soprattutto per la teoria della relatività.

Il 17 aprile del 1955 fu colpito da una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale, arteria che era stata già rinforzata precauzionalmente con un’operazione chirurgica nel 1948. Fu ricoverato all’ospedale di Princeton, dove morì nelle prime ore del mattino del giorno dopo (ore 1.15 del 18 aprile 1955).

Aveva espresso verbalmente il desiderio di mettere il proprio corpo a disposizione della scienza e Thomas Stoltz Harvey, il patologo che effettuò l’autopsia, di propria iniziativa rimosse il cervello e lo conservò a casa propria in un barattolo sottovuoto per circa 30 anni. Il resto del corpo fu cremato e le ceneri furono disperse in un luogo segreto. Quando i parenti di Einstein furono messi al corrente, acconsentirono a che il cervello fosse sezionato in 240 parti da consegnare ad altrettanti ricercatori; la parte più grossa è custodita nell’ospedale di Princeton.

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