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Domenica 17 aprile

Papa Francesco prega per le vocazioni: un tesoro nascosto

Domenica 17 aprile è la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. La sintesi del messaggio di Papa Francesco.

«La vocazione è come un tesoro nascosto in un campo» che va curato e accudito da tutta la comunità. Lo dice Papa Francesco nel messaggio per la 53ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni che si celebra domenica 17 aprile 2016: consacrerà i novelli sacerdoti della diocesi di Roma.

L’Annuario pontificio 2016 e l’Annuario statistico della Chiesa parlano chiaro: i sacerdoti erano 406mila nel 2005, sono 415mila nel 2014, grazie all’incremento dell’Africa e dell’Asia. In Europa e nell’America del Nord c’è un calo costante dei sacerdoti e c’è un crollo delle vocazioni femminili. Calano le vocazioni e le ordinazioni sacerdotali; il clero invecchia: la media italiana è di quasi 70 anni.

La crisi investe tutto l’Occidente. Il declino è costante, in alcuni casi drammatico. In Italia i sacerdoti diocesani sono scesi da 34.376 del 2002 a 32.619 nel 2012 (-1.757); i sacerdoti religiosi sono precipitati da 18.501l del 2002 a 15.672l nel 2012 (-2.829); le ordinazioni da 502 del 2002 a 376 del 2012 (-126); le Congregazioni hanno perso 21.744 suore: da 108.175 nel 2002 a 86.431 nel 2012.

Peggio la Spagna: sacerdoti diocesani da 18.094 nel 2002 a 16.335 del 2012 (-1.759); sacerdoti religiosi da 8.853 nel 2002 a 7.689 nel 2012 (-1.164); suore da 57.510 nel 2002 a 46.692 nel 2012 (-10.548). Ancora peggio la Francia: diocesani da 17.935 a 13.562 (-4.373); religiosi da 5.597 a 4.645 (-952); religiose da 44.767 a 32.040 (-12.727). Negli Stati Uniti non va meglio: diocesani da 31.115 a 28.679 (-2.436); religiosi da 16.476 a 12.876 (-3.600); religiose da 73.704 a 53.205 (-20.499).

Il cuore della crisi è in Occidente, quella parte di mondo che per venti secoli ha dato linfa vitale all’espansione del Cristianesimo e che e oggi vede diminuire il numero dei credenti, dei praticanti, dei matrimoni religiosi, dei battesimi, delle vocazioni, degli studenti che frequentano l’ora di religione. Numeri impietosi. L’emorragia dei preti diocesani rallenta di poco negli ultimi anni ma per la vita religiosa, maschile e femminile, è un vero e proprio crollo inarrestabile: Seminari e noviziati si svuotano e in Paesi tradizionalmente cattolici come l’Irlanda nel 2012 ci sono stati 12 nuovi preti. A Vienna, capitale dell’Austria, i cattolici sono calati dal 78 per cento della popolazione nel 1971 al 41 per cento nel 2011.

Le cause? L’avanzata galoppante della secolarizzazione; la caduta verticale della natalità in molti Paesi occidentali; gli scandali in Vaticano; i criminali abusi sessuali dei preti pedofili sui minori; il mutamento della società e dalla cultura; l’identità sbiadita e incerta del sacerdote, relegato dalla cultura e dai media in una funzione solo liturgica; la questione femminile che, al di là delle dichiarazioni d’intenti, è sostanzialmente inevasa nella Chiesa: la marginalità delle religiose è un fatto concreto e irrisolto. A ben guardare poi il Concilio Vaticano II (1962-1965) ha messo in grande risalto la figura del vescovo, lasciando in ombra il sacerdote e il/la religioso/a.

La presenza bimillenaria del Papa e del Soglio pontificio a Roma è certamente una risorsa. Ma gli italiani non vanno al di là di una generica e superficiale simpatia per Papa Francesco – che gode di ottima stampa – mentre i media continuano a confondere il Vaticano e la Chiesa italiana, la Santa Sede e la Cei. Ci sono differenze geografiche evidenti: le cose vanno male al Nord, più in Piemonte-Liguria che in Lombardia-Triveneto; vanno molto male nel Centro Italia; vanno così così al Sud. «L’allarme è reale e rispecchia una situazione che noi viviamo» spiega mons. Domenico Dal Molin, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale delle vocazioni: «Pesa soprattutto la fatica della scelta definitiva che rimane sempre un problema esistenziale e culturale». In sostanza spaventa molto i giovani il «per sempre» del sacerdozio, della vita religiosa, del matrimonio.

Papa Francesco ribadisce spesso: basta con i preti funzionari o clericali. «Ascoltare, accompagnare, vivere in mezzo ai fedeli, sentire il profumo del gregge» stanno diventando le parole d’ordine per la Chiesa italiana. La Cei pensa di ridimensionare i compiti amministrativi e manageriali che pesano sui sacerdoti. Si pensi solo al carico burocratico ed economico che comportano gli sterminati «beni artistici, architettonici e culturali» delle chiese e alle parrocchie, da conservare e restaurare. Sempre più se ne faranno carico ai laici. La «formazione permanente dei sacerdoti» è il tema centrale della 69ª assemblea della Cei (16-19 maggio 2016).

Sempre più numerose parrocchie saranno senza preti e le Conferenze episcopali regionali corrono ai ripari pubblicando documenti come quello promulgato il 30 novembre 2014 dalla Conferenza episcopale piemontese: «Liturgia festiva della Parola di Dio in assenza di celebrazione eucaristica».

Sembra di capire che, al di là delle dichiarazioni pubbliche, Francesco intenda individuare delle eccezioni all’obbligo al celibato. Si tratterebbe di ammettere il doppio canale di ingresso al sacerdozio: accanto a quello celibatario anche quello uxorato. Nel messaggio per la Giornata il Pontefice afferma: «Tutti i fedeli sono chiamati a rendersi consapevoli del dinamismo ecclesiale della vocazione. La maternità della Chiesa si esprime mediante la preghiera perseverante per le vocazioni e con l’azione educativa e di accompagnamento per quanti percepiscono la chiamata di Dio. Lo fa anche mediante un’accurata selezione dei candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata». Citando la «Misericordiae vulnus», la bolla di indizione del Giubileo straordinario della misericordia, il Pontefice ricorda: «Ogni vocazione nella Chiesa ha origine nello sguardo compassionevole di Gesù. La conversione e la vocazione sono come due facce della stessa medaglia».

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