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L'intervista

Chiara Gamberale: “Famiglia è dove famiglia si fa”

Chiara Gamberale presenta il suo nuovo libro, "Adesso" a Treviglio. Bergamonews l’ha intervistata per conoscere la storia e i temi del romanzo.

Chiara Gamberale arriva a Treviglio. L’autrice presenta il suo nuovo romanzo, intitolato “Adesso”, che racconta della possibilità di tornare a innamorarsi dopo aver sofferto. Appena uscito nelle librerie, ha subito raggiunto il vertice dei libri più venduti del momento. L’appuntamento è sabato 27 febbraio alle 18 al teatro Nuovo di Treviglio e rientra nel festival dei narratori italiani “Presente Prossimo”. Introduce e coordina Raul Montanari, scrittore bergamasco e direttore artistico della manifestazione.

Abbiamo intervistato Chiara Gamberale per conoscere i temi del suo nuovo lavoro.

Come è nata questa storia?

“Adesso” è un romanzo che racconta quel momento in cui ci innamoriamo, quando abbiamo la possibilità banalmente, meravigliosamente e terribilmente di cambiare. I protagonisti, Lidia e Pietro, sono già stati feriti dalla vita e dall’amore e, quando siamo già stati feriti, l’innamoramento ci sorprende ancora di più: da una parte lo attendiamo con stupore e dall’altra fa emergere le nostre paure. Ed è proprio quello che succede a Lidia e Pietro, tant’è che la prima parte del romanzo è dedicata all’incanto dell’adesso, dell’innamoramento, mentre la seconda è sulla paura che si prova.

E la paura di amare riguarda entrambi i sessi?

Certamente, perché riguarda l’essere umano ed è legata alle esperienze che abbiamo passato. Infatti i protagonisti hanno molto a che fare con il bambino e l’adolescente che siamo stati, con le ferite e le sorprese che abbiamo vissuto. Essere uomini o donne non fa differenza: ci sono lettori che mi dicono di rispecchiarsi in Lidia, che non teme le emozioni forti ma è spaventata da una nuova intimità, e viceversa lettrici che si rivedono in Pietro, che a causa del suo passato ha molta paura delle emozioni. Prima dell’incontro con Lidia ha costruito un castello per difendersi dai sentimenti ma alla fine si è rivelato una prigione.

È una storia di rinascita, quindi?

Si, però non edulcoro mai la realtà. Il messaggio è positivo, ma non manca la sofferenza. C’è una regola: per uscirne bisogna attraversarla. A un certo punto Pietro scoprirà che per accedere allo stupore deve necessariamente fare i conti con un dolore che fin da ragazzo aveva preferito evitare.

Tutto nasce da un incontro “di persona”. Lei crede negli amori virtuali?

Penso che la chat sia un modo per incontrarsi, l’importante è che, al di là del mezzo, prima o poi ci si conosca. “Incontro” è una parola magica, se ci pensiamo contiene la particella “con” e questo ci indica che il vero incontro prevede l’altro: se rimane virtuale il rischio è che si trasformi in una proiezione di sè. Nel libro i due personaggi si vedono e si confrontano ed è proprio il confronto, altro termine contenente “con”, a rendere possibile il nostro cambiamento.

Il fatto che siano un uomo e una donna è casuale?

Sostanzialmente sì. Lidia conduce un programma televisivo intitolato “Tutte le famiglie felici” e dichiara che “vuole mostrare a un Paese rimbambito, spaventato dal matrimonio tra persone omosessuali che queste realtà esistono nel soggetto Italia”. Il mio pensiero sulle unioni civili si evince da ogni riga che ho scritto nella mia vita: “famiglia è dove famiglia si fa” e sono contenta che la legge sulle unioni civili sia stata approvata al Senato.

E che cosa pensa della stepchild adoption?

Penso che chi è contrario non abbia letto il testo. In definitiva, il decreto approvato è una legge col freno a mano: festeggio il risultato, ma è solo l’inizio di un percorso necessario per essere al passo con gli altri Paesi europei e per riconoscere il minimo sindacale di livello sociale, civile, intellettuale e umano. Non è solo una battaglia politica o una questione burocratica: spesso ci si dimentica che tutto parte dalla voglia di stare insieme, da un fatto sentimentale e cioè da un adesso.

“Adesso” è un colpo di fulmine o un percorso?

Dipende, l’innamoramento può nascere in qualsivoglia maniera e nel romanzo scrivo che è una pallina che si sente “sotto le costole, all’altezza della pancia”. Il punto è che poi subentra lo stare insieme, una situazione diversa. Lidia si domanda cosa accadrà quando comincerà la nuova fase; i protagonisti però hanno già sofferto e mi piace pensare che siano più attenti nel proteggere quel passaggio così delicato. E ritengo che le coppie che durano siano quelle che vivono tanti adesso.

Ma secondo lei c’è un’età giusta per innamorarsi?

No, quando ci innamoriamo abbiamo tutti 12 anni. L’esperienza però può aiutare: aumenta le proprie paure ma anche la capacità di conoscenza dell’altro e di sè. Quando si ha sofferto i timori sono tanti, ma alla fine prevale la voglia di ricominciare, che è il senso profondo del nostro essere al mondo. Bisogna elaborare la fine di un rapporto per guardare avanti. Un percorso che non è semplice: attorno ai protagonisti ci sono diversi personaggi che non sono pronti a farlo.

Per concludere, nel romanzo ci sono riferimenti autobiografici?

Sì. Secondo me chiunque scrive fa riferimento al proprio vissuto. In un mio libro precedente, “Per dieci minuti”, ho raccontato la possibilità di sopravvivere a una rottura, mentre ora racconto di come si possa ricominciare a vivere.

E quali sono i suoi progetti per il futuro?

Sono una persona che brucia sempre le tappe e chiede troppo a se stessa. Il mio progetto è vivere il presente per provare a godermelo almeno una volta. Innanzitutto voglio incontrare i lettori e costruire il futuro adesso dopo adesso.

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