• Abbonati
L'analisi

Il nuovo Governo libico tra complessità e asimmetria tra le fazioni

Giancarlo Elia Valori descrive il nuovo esecutivo diretto da Al Serraj frutto di un processo politico estremamente complesso.

Il governo libico appena insediatosi è frutto di un processo politico estremamente complesso. E nemmeno il nuovo esecutivo diretto da Al Serraj mostra i segni di una semplificazione del quadro politico, nella Libia successiva all’assassinio irragionevole di Muammar Al Minyar El Gheddafi.

Certo, i cables raccolti da Wikileaks ci hanno dimostrato quello che sapevamo già, ovvero che l’arrivo della “democrazia” in Libia era il prodromo per il più fruttuoso ingresso di Total al posto del monopolista di fatto ENI per lavorare l’abbondante e pregiato petrolio libico. La richiesta di Sarkozy riguardava, peraltro, il 32% del greggio nazionale della Libia, molto meno del 43% che il nostro Ente energetico lavorava all’anno.

Ecco quindi l’implosione di un Paese dalle 140 reti tribali e delle 20 tribù maggiori, una delle più facili previsioni geopolitiche, senza contare i forti interessi dell‘Egitto, che manda forza-lavoro nei pozzi libici. Per non parlare della Tunisia, che è fortemente preoccupata dal gruppo jihadista Ansar al Sharia sul proprio territorio, sezione dell’omonimo gruppo terrorista in Libia e primo partner economico della Libia gheddafiana, che oggi ospita oltre un milione (su una popolazione libica di quasi sei) di profughi dalle guerre jihadiste e tribali post-gheddafiane.

L’Algeria è soprattutto preoccupata per l’utilizzo del Fezzan come base per Al Qaeda nel Maghreb Islamico, la punta di lancia di tutto l’islamismo radicale algerino.

Il premier Al Serraj è poi lo stesso che Bernardino Leon, rappresentante dell’ONU e capo UNSMIL, nominò il 9 Ottobre 2015, poco prima di essere estromesso a causa del grave conflitto di interessi che riguarda il diplomatico spagnolo. Leon avrebbe ricevuto, dopo il suo incarico UNSMIL, uno stipendio di 50.000 dollari al mese nell’Accademia per la formazione dei diplomatici organizzata dagli Emirati Arabi Uniti. E lo stava trattando nel momento in cui dirigeva l’Agenzia ONU per la Libia. Il diplomatico spagnolo all’ONU aveva subito lavorato, guarda caso, ad una soluzione che “escludesse il governo di Tripoli”, esecutivo che, infatti, è fortemente avversato dagli Emirati che, peraltro, durante la “mediazione” di Leon decisero di bombardare il governo tripolino.

Ma come è fatto il nuovo governo di Al Serraj, e cosa significano le 32 nomine con 4 vicepremier di quell’esecutivo? Vediamole con attenzione.

La squadra di governo è stata però votata da sette dei nove membri del consiglio presidenziale, e i voti contrari erano quelli di Ali Gatrani e Omar Al-Aswad. Gatrani è un uomo di Khalifa Haftar, il capo della “Operazione Dignità”, che non piace al governo di Tripoli e quindi è stato messo da parte.

Certo, 32 ministri per un paese di sei milioni di abitanti sembrano un po’ troppi, ma è ovvio che si dovevano accontentare troppi appetiti clanici, tribali, partitici, per non parlare dei ministri apertamente referenti di questo o quel Paese estero.

Non è quindi priva di fondamento l’osservazione di alcuni analisti francesi, che questo governo di unità produrrà di fatto ben tre governi distinti.

Intanto, il Daesh/Isis produce materiali di propaganda in cui si indica ai jihadisti tunisini, egiziani e algerini di migrare al più presto in Libia, con i siti petroliferi di Ras Lanuf e Sitra conquistati e poi persi dai terroristi islamici, con l’attacco successivo dell’Isis ad una base petrolifera turca a Maradah.

Omar Al-Aswad, l’altro membro del Consiglio Presidenziale libico, non ha votato il governo per diversi motivi. Per Aswad, il nuovo governo è basato non sulla competenza ma sul clientelismo; oltre al fatto che il numero previsto era prima di 10, poi di 24 membri, infine divenuti, ricorda Al Aswad, 32 dopo una concitata riunione notturna priva della presenza sia di Gatrani che dello stesso Aswad. Quest’ultimo ha criticato specificamente la nomina del ministro degli Esteri (che è cosa diversa dal dicastero della Cooperazione Internazionale e delle relazioni Arabe e Africane) di Marwan Ali Abu Sraiweil, già capo del dipartimento degli Affari Sociali presso quel ministero.

Al-Aref Al Khuja, ministro dell’Interno, potente ufficiale della polizia del governo di Tripoli, sarà probabilmente l’uomo forte di questo nuovo regime, se esso sopravviverà al calcolo millimetrico delle due fazioni di Tobruk e di Tripoli, voluto da UNSMIL e foriero o di un blocco istituzionale o di un governo che si occuperà solamente delle guerre di potere al proprio interno. Aref è stato, è bene ricordarlo, consulente del suo governo nel 2003 ed è già stato ministro dell’Interno nel breve governo di Ahmed Maiteegh.

Le leggi elaborate da Machiavelli nel suo “Principe” valgono quindi anche sul territorio nordafricano.

Mahdi Al Barghati, ministro della Difesa, è stato il capo della Brigata 204, una delle principali forze che hanno combattuto i jihadisti a Bengazi; e che ha subito un tentativo di assassinio nel novembre scorso.

Il ministro della Giustizia è Abdelsalam Al-Jnaidi, un avvocato di Sebha, quindi dell’area meridionale della Libia.

Le donne sono solo due: Fahdi Al-Shafei, ministro del Lavoro, proveniente da Uwainat nella Libia sudoccidentale; e la ministra della Cultura Asma al-Ustra, che proviene da Tripoli ed è una scrittrice, giornalista e docente universitaria.

Il ministro del petrolio è Khalifa Abdessadeq, un uomo, come il titolare della difesa, che proviene dal governo di Tobruk.

Quindi, asimmetria vera o presunta tra le due fazioni costitutive, eccessiva complessità organizzativa del nuovo esecutivo, dichiarazioni contrarie al governo di Serraj da parte di autorità dell’uno o dell’altro governo precedente, difficile risoluzione, se mai vi sarà, della divisione tra le fondazioni finanziarie che gestivano la liquidità gheddafiana e i suoi investimenti.

Ancora Machiavelli, che va bene anche in area islamica, secondo il quale le discordie “distruggono le ricchezze e la forza de’ Principati”.

Iscriviti al nostro canale Whatsapp e rimani aggiornato.
Vuoi leggere BergamoNews senza pubblicità?   Abbonati!
leggi anche
isis
L'intervento
L’Isis, la Libia e il ruolo dell’Italia per il futuro del Mediterraneo
russia siria
Mediterraneo
Perché Putin vuole diventare il player unico della crisi siriana
commenta

NEWSLETTER

Notizie e approfondimenti quotidiani sulla tua città.

ISCRIVITI