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Economia

Tiraboschi: per competere con la Germania, non bastano buona scuola e jobs act

Dall'Indagine sul confronto tra sistemi produttivi tedesco e italiano, condotta da Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro all'Università di Modena e Reggio Emilia e Direttore del Centro Studi Marco Biagi, emerge che le riforme in Italia, sulla scuola e il jobs act, sono positive, ma serve una nuova piattaforma di partecipazione tra industria e sindacati per crescere come la Germania.

Le riforme della Buona Scuola e del Jobs Act viste da Berlino paiono poche cose. Positive, ma non sufficienti. La conferma arriva anche dalle  aziende bergamasche che in Germania hanno altre filiali e si trovano a toccare con mano la differenza tra i due Paesi. Tra le 10 aziende plurilocalizzate ci sono anche colossi bergamaschi che hanno partecipato all’analisi realizzata dalla Scuola di relazioni internazionali di Confindustria Bergamo e Adapt-Università di Modena e Reggio Emilia, con il contributo di sei dottori di ricerca. Analisi coordinata da Michele Tiraboschi,  ordinario di diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia e Direttore del Centro Studi Marco Biagi, e da Maurizio Del Conte dell’Università Bocconi di Milano.

Non si tratta di una sfida calcistica, il terreno di gioco è la competitività tra due colossi europei del manifatturiero. L’analisi e il confronto dei due sistemi produttivi è stata presentata nel pomeriggio di giovedì 14 dicembre, nell’ambito del ciclo di seminari programmati per la “Serata per l’Imprenditore”, iniziativa organizzata da Servizi Confindustria Bergamo.

“Uno degli aspetti che si è concentrata la ricerca – afferma Guido Venturini, direttore di Confindustria Bergamo – è il tema dell’alternanza scuola-lavoro. Il quadro normativo vigente in Italia, nonostante le indicazioni della Buona Scuola, sia nella parte concernente l’alternanza, sia la parte dell’apprendistato, sembra ancora carente e sostanzialmente lontano dal modello tedesco. Sono quindi necessari nuovi interventi legislativi per agevolare un percorso italiano al sistema duale che possa risultare realmente efficace”.

Venturini rimarca come lo studio riveli una particolarità delle piccole e medie imprese tedesche: “Anche se condotte a livello familiare, c’è in Germania una maggior presenza di manager all’interno dell’impresa – sottolinea il direttore di Confindustria Bergamo – segno che la famiglia si comporta più da azionista e si affida a persone maggiormente esperte nei diversi settori”.

Federico Valtolina, responsabile delle relazioni industriali del colosso Abb Spa, nella sua testimonianza evidenzia come in Germania: “esista oltre ad un sistema duale collaudato, anche un cambiamento di rotta nelle relazioni tra industria e sindacati. Si è creata un’alleanza che esce dagli schemi abbastanza rigidi sui quali sono ferme ed ancorate al passato le sigle sindacali italiane. In Germania in sette anni di crisi l’economia è continuata a crescere perché si è saputo affrontare il tema della competitività, della rinnovo della governance, degli sviluppi della tecnica applicati alla produttività”.

Secondo Matteo Zanetti che segue le relazioni sindacali per Confindustria Bergamo “dall’analisi che emerge è necessario proiettarsi in avanti con nuovi schemi e alleanze tra industria e sindacati con l’obiettivo di uno sviluppo concreto”.

“In Italia si smette di studiare prima che in Germania, ma questo non significa necessariamente che si inizi prima a lavorare, né che si raggiunga un titolo di studio in anticipo – evidenzia Michele Tiraboschi -. In Germania i giovani restano in percorsi di istruzione fino a 22,4 anni, trovando lavoro dopo sei mesi. I giovani italiani abbandonano gli studi a 21 anni, ma impiegano, mediamente, quasi un anno per accedere al lavoro”.

Tiraboschi, oltre a suggerire l’attuazione della riforma della Buona Scuola e osservando i dati incoraggianti del Jobs Act, suggerisce una cambio di rotta anche per le relazioni sindacali.

“Non è che i sindacati debbano smettere di fare il loro lavoro – conclude il docente emiliano – ma è chiaro che di fronte ad una rivoluzione tecnologica come quella che stiamo affrontando, è necessario uscire da vecchi e paludati sistemi. Anche il presidente degli Stati Uniti d’America, Barak Obama, nel suo ultimo discorso alla nazione ha espresso preoccupazione per il mondo dell’occupazione. I nuovi sistemi tecnologici rischiano di sottrarre all’uomo il lavoro. E’ quindi necessario pensare al futuro testando nuovi percorsi di alleanze trasversali tra i soggetti produttivi”.

 

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