Oltre che un illustre musicista e compositore Dave Douglas si è rivelato anche un simpatico intrattenitore. Nel concerto di mercoledì 14 ottobre al Donizetti, organizzato da BergamoScienza, si è concesso diverse pause dialogando e divertendo il pubblico tra un elogio alla nostra città e alla sua cucina e un sincero tributo al teatro che lo ospita e che lo ha ospitato per ben altre quattro volte a partire dal 1997.
Soprattutto ha illustrato il senso del concerto eseguito col suo eccellente quintetto, che comprende il sassofonista Jon Irabagon, il pianista Matt Mitchell, la contrabbassista Linda Oh e il batterista Rudy Royston, tutti strumentisti di consolidata esperienza.
Douglas attinge i brani dai suoi più recenti album realizzati con lo stesso gruppo, a partire da “Be still”, seguito da “Time Travel” e dal recentissimo “Brazen Heart”. Sono lavori prodotti con una moderna libertà espressiva, a tratti impegnativi e spigolosi, pur fortemente ancorati alla tradizione perché affondano le loro radici nella Grande Mela.
La sua musica rivela anche una scrittura introspettiva, intima e personale, intrisa di misticismo, dove si toccano temi sentimentali e spirituali. Dave con gli anni appare molto legato agli affetti e alle perdite familiari. Mentre per Dave “Be Still” è stato un tributo speciale a sua madre che morì nel 2011 dopo una lunga battaglia con il cancro, “Time Travel” è la sua continuazione strumentale, un viaggio nel tempo e nella creatività in tutte le direzioni.
Ne esce un incanto, un’ondata di geometrie jazzistiche, effetto della sua profonda esperienza nell’arte dell’innovazione ma anche della saggezza dell’età. “Time Travel” è dedicato al fratello più anziano, Damon, anch’egli morto di cancro nel giugno 2015.
Lui dichiara che i suoi recenti lavori vogliono rappresentare un’affermazione di potere dell’amore di fronte alla tragedia. “Una chiamata alle armi – dice – ci vuole un sacco di coraggio per passare attraverso queste cose".
Anche un suo album di oltre dieci anni fa, “Mountain Passages”, registrato sulla cima di una montagna al festival dei Suoni delle Dolomiti, fu dedicato al padre defunto, che aveva trasmesso al figlio la passione per la corsa e l’escursionismo in bicicletta.
Ma la sua non è una musica triste, è una musica vivace ed eclettica, a volte inaspettata, che aggancia piacevolmente gli ascoltatori.
Il concerto al Donizetti decolla al secondo brano e il pubblico applaude convinto, raggiungendo l’apoteosi con la contemplativa ballad che esce dalla tromba solitaria di Douglas, mostrando legami di sangue con il lirismo di Miles Davis. In questa è accompagnato con garbata leggerezza dal colto pianoforte di Matt Mitchell, dal tocco carezzevole ai piatti di Rudy Royston e dal lirismo delle corde di Linda Oh.
Molto riuscite le improvvisazioni soliste e le interazione tra i membri della band.
Ora dovremo aspettare cinque mesi per rivedere Dave sul palcoscenico del Donizetti. Indosserà le vesti del manager con la responsabilità di un Festival che ci attendiamo pieno di novità e di sorprese.
Peccato non poter festeggiare con lui il suo 53esimo compleanno, che cadrà quattro giorni dopo la chiusura della manifestazione.
Dario Guerini
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