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Cultura

Invito a Palazzo: a Bergamo l’arte si cela anche nelle banche

A passeggio tra opere di Cifrondi, Previtali e Funi. Artisti unici ma bergamaschi come noi.

La XIV edizione di “Arte e Storia nelle Banche e nelle Fondazioni di origine bancaria”, ha permesso anche quest’anno la visita guidata e gratuita tra le stanze della Banca Popolare di Bergamo, per tutti i cittadini appassionati di arte.

Nelle giornate di sabato 3 e domenica 4 ottobre i corridoi della Popolare si sono affollati di visitatori di tutte le età, con macchine fotografiche alla mano, sguardi persi tra i dipinti e pensieri in viaggio tra le tappe della storia. Il Presidente di UBI Giorgio Frigeri ha aperto il suo ufficio a tutti noi, e con la stessa semplicità del buon padrone di casa ci ha invitato ad entrare, e ad ammirare insieme a lui le bellezze segrete di Bergamo e i gioielli artistici racchiusi nella sua banca.

“Una comunità non si costruisce soltanto con le attività produttive, […] una comunità si costruisce, si evolve e si completa anche attraverso la produzione di cultura […]”. è con questa grande convinzione che Frigeri motiva lo spirito dei suoi collaboratori. Invito a Palazzo rappresenta la manifestazione principale a livello nazionale per realizzare una straordinaria occasione di incontro tra le banche e i cittadini, tra i dipendenti e i clienti. Eretta sulle ceneri dell’antico monastero femminile domenicano, la Banca Popolare di Bergamo, ha il privilegio di trovarsi nella speciale vicinanza al Chiostro di S. Marta, restaurato nel 1991 dall’architetto Sandro Angelini. Il nome Marta deriva dall’aramaico, “dominatrice”, significato riconducibile alle avventure della Santa nella tradizione. Nei Vangeli viene ricordata come la sorella di Maria e di Lazzaro e la leggenda che la immortala nella storia risale al XII secolo.

Essa narra che, nei tempi in cui Santa evangelizzava la Provenza, un terribile dragone, la Tarasca, devastava le fertili pianure della valle del Rodano e impediva agli abitanti della zona di condurre una vita tranquilla e pacifica. Marta, venuta a conoscenza del fatto, inseguì la bestia nelle profondità dei boschi e la domò, cospargendola di acqua benedetta. Infine legò il drago, mansueto ed addomesticato, alla sua cintura e lo portò con sé per le strade della città di Tarascona.

È proprio a Santa Marta che è dedicato il Chiostro di Bergamo, risalente alla seconda metà del XV secolo, unico e ultimo resto del monastero domenicano femminile, fondato tra il 1335 e 1340. La magnificenza del Chiostro mozza il fiato anche all’animo del visitatore più distaccato, e la singolare bellezza dell’antica struttura è in grado di catapultare ognuno di noi in una dimensione unica, slegata dal tempo e dallo spazio. Tuttavia i veri gioielli si celano all’interno della Banca che ospita alcune delle opere dei più virtuosi pittori bergamaschi, quali Antonio Cifrondi, Pietro Ronzoni, Andrea Previtali e Achille Funi, che fondono la loro antica arte con quella un po’ più moderna e internazionale di artisti come il cinese Cui Xiuwen e Anish Kapoor.

Per quanto si debba essere riconoscenti alla Banca Popolare di Bergamo per aver concesso al pubblico di ammirare opere appartenenti alla banca stessa che mai avremmo potuto osservare se non in questa circostanza, ci risulta tuttavia complicato poter credere che beni culturali di questi livelli possano appartenere a enti privati. Fatichiamo a concepire l’idea secondo cui chi disponga di ampie finanze possa impossessarsi di gioielli artistici privandone la visione al resto della popolazione. Non ci accontentiamo di poter accedere alla visita di opere di artisti, per di più bergamaschi, solo in eccezionali occasioni, durante speciali “pellegrinaggi” che ci vengono raramente concessi. Un quadro, come un’opera d’arte, o come una scultura, o come l’unica copia di un libro di un famoso scrittore, non può essere volgarmente acquistato e rinchiuso in una stanzino con la porta chiusa, di cui solo una cerchia ristretta ne posseggono la chiave.

Acquistando un quadro, un’opera d’arte, una scultura o l’unica copia di un libro di un famoso scrittore e considerandolo di nostro possesso rubiamo all’umanità uno spicchio di storia, un frammento di civiltà. Disporlo alla conoscenza e alla visione di tutti invece, è un gesto molto più nobile; condividere le bellezze italiane, con i nostri concittadini (e non solo), è di gran lunga più lodevole, un progetto ambizioso rispetto, forse, alla limitata e individuale passione collezionista.

Giulia Orlandi 

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