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Il racconto

Camorra, rifiuti e impegno Ragazzi bergamaschi nella Terra dei fuochi

Una settimana in Campania, a toccare con mano come si vive nella terra dei fuochi, a conoscere personalmente persone come don Maurizio Patriciello che si è messo alla testa del Comitato per salvare quella che è soprattutto la terra dei veleni: Luca Vavassori racconta cosa ha "imparato" sul campo, lui e il gruppo di ragazzi di San Paolo d'Argon e Cenate Sotto che hanno vissuto questa speciale esperienza.

Una settimana in Campania, a toccare con mano come si vive nella terra dei fuochi, a conoscere personalmente persone come don Maurizio Patriciello che si è messo alla testa del Comitato per salvare quella che è soprattutto la terra dei veleni: Luca Vavassori racconta cosa ha "imparato" sul campo, lui e il gruppo di ragazzi di San Paolo d’Argon e Cenate Sotto che hanno vissuto questa speciale esperienza.

di Luca Vavassori

La Terra dei fuochi, il clan dei casalesi, i preti anticamorra, le vittime innocenti della criminalità, lo smaltimento illegale dei rifiuti tossici, la maledizione del cancro… “Anche se in internet c’è tutto, stando fermi non si capisce nulla della vita”.

Partendo da questo aforisma, alcuni giovani e adolescenti di San Paolo d’Argon e Cenate Sotto, accompagnati dai sacerdoti don Enrico, don Matteo e da alcuni adulti, hanno trascorso, tra luglio ed agosto, dieci giorni nella Terra dei fuochi.

L’esperienza si è svolta con la finalità di incontrare, ascoltare, vedere, cercare di capire, dare un piccolo contributo operativo lavorando nelle strutture confiscate alla camorra e gestite da Libera.

Molti sono stati gli incontri con personalità in prima linea contro la criminalità organizzata.

Dovrebbe chiamarsi Terra dei veleni.

Quando allarga le braccia sembra voglia proteggerti dai tanti pericoli che ci sono fuori dal recinto della sua chiesa, padre Maurizio Patriciello ci accoglie nella sua parrocchia di San Paolo Apostolo nel rione ‘Parco Verde’ di Caivano, in provincia di Napoli, costruito dopo il terremoto in Irpinia del 1980, e che di verde ha quasi solo il colore smunto degli edifici.

Dopo la messa si siede sui gradini dell’altare per raccontarci i problemi della sua terra e, come durante l’omelia, non usa giri di parole: “Il camorrista è un parassita, un vigliacco, una zecca, uno che non lavora e succhia il sangue della brava gente. Ma talvolta la brava gente aiuta i parassiti. Contro la criminalità siamo in tanti, ma dobbiamo essere tutti”.

Padre Maurizio è diventato in poco tempo il leader del movimento che chiede urgenti interventi di bonifica della Terra dei fuochi, quel lembo di Campania a nord di Napoli e a sud di Caserta, il mare a ovest e Acerra a est.

Il suo impegno diretto per l’ambiente ha origine l’8 giugno 2012, quando si svegliò di colpo assalito da una puzza insopportabile; dentro e fuori non c’era differenza, respirare era quasi impossibile, quella notte fu per lui come una seconda chiamata del Signore. “Si può vivere così? Basta!” fu il suo appello su Facebook che invitò alla ribellione.

Quella notte gli insonni erano molti e in poco tempo si costituì il Coordinamento Comitati Fuochi, cui aderirono un centinaio di associazioni. In queste zone c’è un tasso di mortalità per cancro tra i più alti d’Italia, soprattutto tra i bambini.

“Non mi piace il termine “Terra dei fuochi” perché noi abbiamo visto solo i fumi e respirato i veleni. Ma la cosa peggiore è quello che hanno messo sotto le nostre terre.”

La situazione drammatica dell’Agro aversano era stata denunciata da Roberto Saviano in “Gomorra” (2006), dal film documentario “Biùtiful cauntri” (2007), ma era nota anche per oltre ottanta inchieste giudiziarie, la prima delle quali fu “Adelphi” del 1991, quando un camionista perse la vista mentre stava scaricando illegalmente 500 fusti provenienti da un’azienda di Cuneo.

Le tre grandi problematiche dei rifiuti

Continuando il colloquio con padre Maurizio, apprendiamo che il problema dei rifiuti presenta tre aspetti di grande criticità: i veleni che provengono dai roghi, il percolato e i miasmi dovuti alla presenza delle ecoballe, i nefasti effetti dell’interramento di rifiuti tossici.

Di roghi se ne sono contati anche 6000 all’anno, sono gli scarti di lavorazione di aziende illegali che vengono affidati a gente disperata che, per pochi soldi, li brucia in luoghi poco accessibili.

Le ecoballe sono un ammasso di rifiuto secco triturato e pretrattato, sarebbero dovute essere le cartucce energetiche per l’inceneritore di Acerra, ma in molti casi non è stata effettuata un’adeguata separazione tra rifiuto secco combustibile e rifiuto umido. In Campania sono stoccate, in 30 siti diversi, oltre 5 milioni di ecoballe, ciascuna del peso di oltre una tonnellata.

Il clan dei casalesi, una delle organizzazioni criminali più sanguinarie e potenti, che ebbe origine a Casal di Principe, ha gestito per anni il traffico illecito di rifiuti tossici e industriali, anche quando l’opinione pubblica era distratta dalle vicende dei rifiuti urbani per le strade di Napoli. “Il mio amico oncologo Antonio Marfella definisce tutto questo ‘il grande abbaglio’”.

Negli ultimi venti anni quattrocentomila camion hanno scaricato dieci milioni di tonnellate di veleni, prima riempiendo le discariche aperte, poi quelle sotto sequestro violandone i sigilli, infine cave dismesse, e poi interrandoli nelle campagne e sotto il manto d’asfalto delle strade in costruzione. Di notte c’erano le code di camion che dal nord portavano rifiuti chimici, ospedalieri, fanghi delle concerie, scorie industriali, amianto, liquami reflui contaminati da metalli pesanti. Per anni è stato più facile trasferire e smaltire a prezzi stracciati un carico di inquinanti da nord a sud che portare da sud a nord un carico di ecoballe impacchettate.

Come è stato possibile tutto ciò? “La camorra, da sola, sarebbe stata il ramo di un albero, che si sarebbe potuto tagliare; questo ramo è cresciuto a dismisura alimentato dalla connivenza tra camorristi senza scrupoli, industriali criminali, politici corrotti e cittadini ignavi e compiacenti. Per ora non ho ancora visto un industriale pentito”.

Quella che, da Plinio a Goethe, era la Campania felix, terra gentile e fertile, è stata avvelenata in pochi anni, in molti luoghi al posto di filari di alberi di pesche ci sono montagne di ecoballe puzzolenti e sotto il terreno sono presenti rifiuti tossici che hanno già contaminato le falde acquifere intermedie.

Nel 2005, al termine di un funerale, don Maurizio venne avvicinato da un ragazzo dall’aria pensosa, che gli pose domande sul rione “Parco verde”, sulla condizione giovanile, sulla compromessa realtà sociale e ambientale. Era Roberto Saviano. “Io sono riconoscente a Roberto perché è riuscito a portare la nostra realtà all’attenzione del mondo intero”.

Il colloquio con il camorrista pentito

Padre Maurizio chiese di incontrare Carmine Schiavone, uno dei capi del clan dei casalesi, pluriomicida che venne più volte arrestato e divenne collaboratore di giustizia nel 1993 e, “perché nonostante l’abisso in cui è precipitato, può contribuire a portare fuori dall’inferno il popolo della mia terra”.

Accompagnato da tre persone, si recò a Roma e ascoltò, per oltre 4 ore, i racconti del camorrista, che ha parlato anche di cassette di piombo contenenti scorie radioattive provenienti dalla Germania interrate a 18 metri di profondità, presenza di rifiuti tossici dove ora ci sono campi da calcio e interi quartieri.

“E’ un mondo capovolto”. I criminali, forti di uno stato debole, irridevano, intimavano, minacciavano, e così hanno avvelenato il territorio, sapevano di non correre alcun rischio, al massimo incorrevano in una multa. Il 31 ottobre 2013 le sue dichiarazioni sui rifiuti tossici, secretate per 16 anni, vennero rese note.

Perché lo Stato non ha tutelato i suoi cittadini? Perché le sue dichiarazioni sono state tenute segrete e si è agito come se non esistessero?

Il decreto legge 136/2013 e la legge di conversione 6/2014 hanno introdotto il reato di combustione, chi provoca roghi di rifiuti tossici rischia fino a 5 anni di reclusione e il sequestro del terreno; inoltre lo stato si impegna a individuare i terreni contaminati in modo da non consentire la coltivazione di beni commestibili.

Don Maurizio ci dice che la legge è un punto di partenza, che la politica non poteva ignorare l’urlo di chi vive tra le discariche.

In internet si possono trovare notizie, filmati, testimonianze, ma ascoltando le storie e respirando il carisma di padre Maurizio, guardando i tristi edifici con l’intonaco scrostato, la gente che ti osserva perplessa dai balconi, si intuiscono le grandi contraddizioni di questa terra, una storia recente fatta di avidità, violenza, disprezzo per le persone e per la natura, ma anche coscienza civile, impegno, speranza di riscatto, e che rivendica il diritto a partecipare alla bellezza del mondo.

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